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ARCHIVIO

STORICO ITALIANO

FONDATO DA G. P. VIEUSSEUX

E CONTINUATO A CURA

DELLA R. DEPUTAZIONE TOSCANA DI STORIA PATRIA

QUINTA SERIE

Tomo XLIX Anno 1912

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FIRENZE E. DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA

1912

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3-1912 FiEENZB, TlPOGEAFiA GALILEIANA, Via S. Zanobi, 64

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Contributo alla letteratura degli Alberi genealogici

(STEMMATA)

Nella mia memoria, pubblicata sotto il titolo di « Arbor iuris » delValto Medio Evo con un computo spe- ciale (in Anhang zu den Abhandlungen der Kónigl. Preuss. Akademie der Wissenschaften dell' anno 1909), presi ad esaminare uno Stemma cognationum in forma di albero, inserito già nel ms. (probabilmente il più an- tico) delle Etimologie d' Isidoro (God. 64 Weiss. 2 [4148]) del secolo VITI, usato come Arhor iuris legis Romanae nel secondo Concilio di Doucy dell'anno 874, e poi molto diffuso in tutto il Medio Evo (1).

Il grado di parentela con una persona, della quale però nello Stemma non si trova il nome {Ego), viene indicato coli' includere le varie classi di parenti in qua- drati che portano il numero del rispettivo grado (2). I parenti della linea retta formano il tronco dell' albero, salendo ognuno di essi in una linea ascendente di speciali quadrati, come Pater, Avus ecc., a sinistra; e a destra Mater, Ama ecc. ; e nella stessa guisa, rica-

(1) Gfr. la memoria indicata nel testo, pp. 9, 6 e 7.

(2) Una riproduzione dello Stemma si trova nella mem. cit., a p. 9; si trova inoltre, per es., in alcune edizioni delle Etiìnologie (come nel Mi- ONE, Patrol. lat., LXXXII, 361-362) e in Haenel, Lex. Bom. Visig., p. 456 retro, Forma IL

i MAX CONHAT (COHN)

(Iciido ili una linea discendente di quadrati, Filius^ Xe2)os e Filla, Neptis, e così di seguito fino al settimo <^i'ado. Partono poi dagli ascendenti, formando i rami dell'albero, le file dei quadrati coi parenti collaterali; questi quadrati non contengono però, come avviene generalmente negli Arbores iuris (1), le classi dei suc- cessivi discendenti del relativo ascendente, ma il fra- tello e la sorella di questi ultimi colla successiva discen- denza. Così le file allacciate a Pater e a Mater non si compongono dei quadrati Frater (cioè fratello di Ego\ Fratris fllius, filia ecc. e Soror (cioè sorella di Ego), So- ì'oris fllius, filia ecc., ma cominciano invece col fratello e rispettivamente colla sorella del padre {Patruus, Amita\ e col fratello e rispettivamente colla sorella della madre (AvunculuSy Matertera), seguiti poi ciascuno dalla sua discendenza. E poiché questa serie si è sostituita a quella degli altri alberi formata di fratelli e sorelle (di Ego) con la loro relativa discendenza (la quale manca nello Stemma); così ciò che giusta il vero computo romano è terzo grado, diventa secondo e ogni grado della paren- tela collaterale scema di un'unità : insomma, questa pa- rentela enumerata apparentemente fino al settimo grado, va invece in realtà fmo all'ottavo.

Un interessante confronto col nostro Stemma, che io, seguendo il Concilio di Doucy, voglio chiamare Ar- bor iuris legis Romanae, offre V Arbor iuris traman- datoci dal ms. torinese delle istituzioni, D. III. 13. (del secolo IX o X), sul quale posso ora dare, a comple- mento di una precedente comunicazione (2), nuove no- tizie suha base di una fotografìa che ho a mia dispo-

(1) Così, p. es., negli alberi genealogici pubblicati nella GescMchte der Oiiellen u. Literat. des Romisclien liechts im frUheren Mittelalter, I, 638, 639, 640 e 641, e anche in Haenièl, op. cit.. Forma IV.

(2) Nella mia op. cit., 1, 318, nota 5.

CONTRIBUTO ALLA LETTERATURA DEGLI ALBERI GENEALOCICI .)

sizione. Quest' albero si trova in margine del testo che corrisponde all' incirca al § 5 I. 3, 5, sotto la GÌ. 288 (fol. 67^), e non nel luogo dove le Istituzioni stesse contenevano uno Stemma (3, 6, 9), che però nei mss. a noi pervenuti di guest' opera è omesso. Esso è scritto da una mano antica, che può benissimo essere anteriore al secolo XI, se anche non sarà quella che ci ha tramandato 1' apparato delle glosse dell' età giusti- nianea (la così detta Glossa delle Istituzioni) (1), della quale per altro, come si può ritenere per fermo, 1' al- bero stesso non fece mai parte. Per la forma esterna esso si distingue dalVArhor iuris legis Romanae e da molti altri alberi genealogici in questo : che le deno- minazioni delle singole classi di parenti (2), invece che in quadrati, sono rinchiuse in circoli doppi, assu- mendo così la forma di frutti di un albero. In quanto al contenuto poi bisogna considerare che il testo è in parte svanito, e in parte inservibile per le gravissime lacune, da attribuirsi o a negligenza del copista, o a corruzione dell'esemplare, fatti questi che negli Stem- mata non devono sorprendere ; sicché bisogna rinun- ziare a dirittura a riprodurre il testo ed a voler rav- vivare la descrizione con un 'disegno : magis veritas oculata fide quam per aures animis hominum infigitur (I. 3, 6, 9). Intanto, si può dire con certezza che il no- stro Arbor rappresenta qualche cosa che bensì si disco- sta in certi particolari daìV Arhor iuris legis Romanae, ma che nei punti essenziali concorda con esso. In quanto poi alla linea recta, questa giunge, nella linea discendente, soltanto al sesto grado (cioè al circolo Trinepos-tis\ ma nella linea superior raggiunge il settimo grado, con

(1) Cfr., riguardo alle epoche a cui appartengono le varie scritture del codice, la mia op. cit., I, 108, 117, 118 nota 5, 340 e segg.

(2) Numeri non ci sono.

MAX CONRAT (COHN)

la differenza soltanto che qui quel circolo, invece del nome di un parente, contiene quello del progenitore dell' Umanità, Adamo. La linea dei collaterali è pure condotta fino al settimo grado, e anche qui essa è di- sposta, parte a sinistra, parte a destra, secondo che essa discende o dall' ascendenza maschile o da quella femminile (1). Perciò possiamo anche non tener conto della menzionata eccezione riguardante la linea recta Inferior, e chiamare, senz' altro, il nostro Stemma uno Stemma di settimo grado ; tanto più che il fatto -j- a cui avremo ancora da accennare che esso è stato accolto dal glossatore al posto suindicato, rivela l'intenzione del medesimo di accompagnare il testo delle Istituzioni con una figura di sette gradi. Ma per la linea collaterale i sette gradi non si devono intendere in modo diverso da quello in cui sono intesi nell' Arbor iuris legis Ro- manae, sebbene i due Stemmata non concordino nei nomi delle classi di parentela. Poiché, mentre neM' Ar- bor iuris legis Romanae e anche negli altri alberi, que- sti nomi nelle varie serie differiscono secondo l'uso, linguistico delle fonti, qui invece essi sono gli stessi in ^ tutte le serie; p. es., la classe collaterale posta accanto all'ascendente è sempre designata, a sinistra col nome di frater, e a destra con soror, la classe seguente con fratris fllius, e rispettivamente con sororis fllia, e le altre seguenti coi nomi corrispondenti. Queste parole, limi- tandosi a avus avia e ai più lontani ascendenti, non possono intendersi che di fratelli e sorelle dell' ascen- dente e della discendenza di questo ; ma potrebbe allora

(1) È vero che la prima serie, a destra (la sinistra è svanita), non è formata che di cinque circoli e non di sei, come richiederebbe il set- timo grado. Ma la ragione è evidentemente questa, che non c'era più po- sto sul margine del ms. ; e d'altronde le altre serie ci recano un numero di circoli corrispondente alla parentela di settimo grado.

CONTRIBUTO ALLA LETTERATURA DEGLI ALBERI GENEALOGICI 7

darsi il caso che quelle che si riferiscono a pater mater, significassero qualcos'altro, cioè fratelli e sorelle di Ego, ossia figli di pater e mater, con la loro rispettiva discen- denza? Non è certamente molto verosimile questo scam- bio:, in primo luogo perchè sarebbe pretender troppo dal lettore il voler attribuire alla stessa parola relazioni di- verse e quindi significati diversi, e poi perchè non si può ammettere che nelle varie serie non debba sussistere lo stesso rapporto verso il relativo ascendente. Si potrà quindi ritenere piuttosto che lo Stemma concordi in questo punto completamente coli' JLròor iuris legis Ro- manae, che delle linee collaterali manchi la serie rela- tiva ai fratelli e sorelle, e che sia sostituita invece dalla serie principiante con fratello di padre e sorella di madre, e che la parentela collaterale soltanto appa- rentemente sia condotta fino al settimo, ma, in realtà fino all'ottavo grado.

Dal summenzionato lavoj:o suìVArhor iuris legis Romanae rìsnìisi con probabilità che questo è fondato sulla esposizione dei rapporti di parentela data nelle Sentenze di Paolo al titolo De gradibus (4, 11), esposi- zione passata anche nel Breviario Alariciano (4, 10) e nella Codificazione Visigotica ; il che fa pensare ad una origine non italiana, forse spaglinola (1). Burcardo di Worms, nel Decreto, considera lo Stemma ed il titolo delle Sentenze addirittura come la stessa opera, fatta da Isidoro (!2), e dice che lo Stemma non è che una rappresentazione grafica delle considerazioni descrittive del titolo Degradihus (3), e lo stesso modo di vedere deve

(1) Gfr. a questo proposito la mem. cit., pp. 35 e segg.

(2) L'essere stati attribuiti tutti e due i documenti a Isidoro si deve alla circostanza che essi si trovano inseriti nelle Etimologie (cfr. mem. cit., pp. 5, 6, 25).

(3) Questa notizia si trova al principio del testo (VII, 28) che riproduce. il titolo delle Sentente. Ecco il suo tenore secondo antichi mss. del Decreto

MAX CONRAT (COHN)

certamente rappresentare una esposizione contenuta nel Codice ms. Vaticano (Lat. 1352, secolo XI) che commenta VArhor iuris legis Romanae (o piuttosto la sua Pars me- dia), perchè essa ricollega con Isidoro da una parte la compilazione dell'albero genealogico in sette gradi e dal- l'altra una descrizione delle Stirpes hereditariae (1). Per- tanto, VArhor del ms. torinese non ci rivela nessun altro rapporto con una determinata codificazione del Diritto Romano, fuor che quello d'aver servito come glossa alle Istituzioni e in ciò si differenzia non solo daìVArhor iuris legis Romanae, ma anche dagli alberi più antichi basati sul Diritto Giustinianeo (2). Poiché non si può negare

(Cod. Novar. XXVIII e God. Ambros. E 144 Supra, tutti e due dei se- colo XI), coi quali concorda in sostanza la stampa Migne, Patrol. Lat. CXL [M.] : hec cajnttila de VII gradihus consanguinitatis sanctus hysidorus diligenti inquisitione descripserat, et in figtira inferius deplcta apertius ordinaverat. La figura qui menzionata e apposta al titolo delle Sentenze è VArbor iuris legis lìomanae.

(1) Quest'esposizione, stampata nella mem cit., pp. 15 e 16, e seguita da un minuto commento (pp. 16esegg.), vuole che VArhor sia opera di un certo Augustus. ma poi riguardo alle classi di parentela, che essa pre- tende siano state aggiunte più tardi e colorate in minio (sono appunto le classi di settimo grado), dice quanto segue: igltur nota gradidos, ka- rissime frater, arbori adiectos minio comptitatos Ysidorurit dictante Gregorio, ut iam relatum est, adauxisse. qui dum stirpes hereditarias describeret, nec illos qui in sexto, nec eos qui usque ad decimum here- ditari decreverunt, emtdatus est. sed qaodamniodo quasi mediam viam eligens in septimo successionis grada cum Justiniano pausavit. Io ho già sostenuto (mem. cit., pp. 24 e sgg.) che l'autore, facendo arrivare Isidoro nella descrizione delle Stirpes hereditariae fino al settimo grado, aveva sott'occhio quel titolo delle Sentenze attribuito a Isidoro: ora, siccome in questo punto la nostra esposizione concorda con Burcardo, io sarei in- cline ad ammettere che anche . quel completamento delV Arbor Ano al settimo grado, attribuito nel principio del passo su citato a Isidoro, sia: da intendersi in questo modo, che Isidoro avesse dato aìV Arbor la sua defi- nitiva forma a sette gradi, o in altre parole, avesse cosi creato VArbor iuris legis Jioìuanae. (Una. spiegazione diversa ho data in op. cit., p. 26).

(2) Gfr. gli alberi genealogici riprodotti in Geschichte der Quellen (cfr. sopra, nota 1 a p. 4).

CONTRIBUTO ALLA LETTERATURA DEGLI ALBERI GENEALOGICI \i

che il ins. torinese sia stato compilato e sempre con- servato in Italia, si può congetturare, che anche lo stemma sia di origine italiana. Merita poi d' esser ri- levato il fatto che si tratta di uno Stemma che vuole essere di sette gradi, perchè altri mss. antichi delle Istituzioni non danno che un albero di sei gradi. Così pure di sei gradi è stato presumibilmente anche lo Stemma delle Istituzioni, poiché al posto dove era as- sunto, nel titolo De gradihus cognationis (3, 6), la co- gnazione non è sviluppata in tutt'i particolari che fino al sesto grado (§§ 6 e 7). Certamente anche nelle Isti- tuzioni può succedere il caso di trovare menzionato uno Stemma di sette gradi : così l'esposizione aggiunta 'àWArhor iuris legis Romanae, pur lasciando di sei gradi lo Stemma delle Istituzioni, giunge poi, in base al testo di queste (3, 5, 5) (1), alla conclusione che Giustiniano concordava con Isidoro nel computo fino al settimo grado (2).

Ma degna di nota è anche la concordanza già rile- vata del nostro Stemma coWArhor iuris legis Romanae nel computo tutto speciale. Come si spiega questo fatto ? Sarebbe veramente una coincidenza curiosissima, se an- che qui, come è probabile per VArbor iuris legis Roma- nae, la sua ultima ragione fosse da ricercarsi nella man- canza fortuita della serie dei fratelli e delle sorelle (3). Si

(1) Ecco il testo: proximitatis vero nomine Jiis solis praetor pro- mittlt bonorum possessloneyn, qui tisqiie ad sexUifn gradum cognatio- nis sunf. et ex septiìno a sobrino sobrinaque nato nataeve.

(2) Nella continuazione del testo citato alla nota 1 della p. 8, che, alla fine, a proposito del settimo grado, fa concordare Giustiniano con Isidoro {Ysidoruìn.... qui.... in septimo success ionis gradu cum Iiisti- niano paitsavit), è detto quanto segue : qtii (scil. lustinianus) licei in sexto videatur gradu arboris qitievisse, septimum tamen servavit in successionmn definitione, sicut in tercio elementorum, libro apparet.

(3) Gfr. mem. cit., pp. 37 e segg.

10 MAX CONRAT (COHN), CONTRIBUTO ALLA LETTERATURA, ECC.

potrebbe piuttosto pensare che lo Stemma abbia preso per modello il computo ^eWArhor iuris legis Bomanae : e se è vero che quest' ultimo, come per me è probabi- lissimo, benché non si possa dimostrare (1), è stato as- sunto in un esemplare delle Istituzioni, esso, coi suoi sette gradi, avrà trovato posto senza dubbio in quel punto (3, 5, 5), sul quale si fonda quel commento del ms. Vaticano quando parla di una dichiarazione di Giu- stiniano in favore del settimo grado; il glossatore, ag- giungendo alla sua volta, come dicemmo, il suo Stemma a questo testo, non avrà forse voluto far altro, in que- sto punto, che imitare a suo modo una glossa trovata da lui nel suo esemplare, e che non era altro che VAr- hor iuris legis Romanae. Una grande importanza non mi pare del resto che abbia la quistione che abbiamo qui sollevata, onde io mi guarderò bene dal far un gran caso di quello che dice il ms. torinese, specialmente sul punto del computo. Si sapeva già che il Medio Evo conosceva quel tipo di Stemma con quel modo di computare tutto speciale, e che particolarmente in Italia, dove probabilmente fu scritto quel commento di cui par- lammo (2), ne fu fatto uso. La forma particolare poi che ci fu tramandata dal ms. di Torino, e forse sol- tanto da questo, può esser considerata semplicemente come una variante poco importante d' un fatto in pienamente conosciuto.

Heidelberg. f Max Gonrat (Gohn)

(1) Si trova nel ms. lombardo delle Novelle di Giustiniano {luliani Kpit.), Cod. Vercell. CXXII, del secolo X.

(2) Cfr. mem. cit., pp. 34, 26 nota 1.

CKSyO NKCISOLOGICO 11

MAX CONRAT (COHN).

Un altro grave lutto per V Archivio! Il professore Max Con rat, la cui preziosa collaborazione s'iniziava appunto con l'articolo qui pubblicato, ha cessato improvvisamente di vivere in Heidelberg il 12 del decorso dicembre. Povero amico ! Sugli ultimi di novembre, nel rinviarci le prove di stampa degli Stevimata. ci parlava, tutto sereno e fiducioso, de' lavori ai quali ora attendeva e degli articoli che desti- nava al nostro periodico; vagheggiava altresì un nuovo viaggio scientifico in Italia, con un lungo soggiorno a Firenze, la città che sopra tutte prediligeva: poche settimane dopo, una sin- cope lo toglieva subitaneaniente all'affetto della famiglia, al- l'estimazione di quanti lo conoscevano.

La sua morte costituisce una perdita gravissima per la scienza. Profondo giurista, esemplare perfetto di maestro e di dotto, egli aveva prescelto a campo speciale della sua operosa attività intellettuale la storia delle fonti del diritto romano nel Medio Evo ; e la sua Gescliichte der Quellen und Litera- tur des ròmischen Rechts im fruheren Mittelalter (1889-91), sebbene rimasta pur troppo incompiuta (ne preparava ora la continuazione), è un' opera di capitale importanza.

Lo scritto che per la prima volta fece noto, e subito ap- prezzato, fra noi il nome del Oonrat fu il Florentinische Reehtsbuch, comparso nel 1882. È questo un trattato siste- matico di diritto romano privato, eh' egli rinvenne in un ma- noscritto della Laurenziana, e a cui diede il titolo di Liber juris florentinus. Con un esame accurato, premesso all' edi- zione del testo, il Conrat dimostrava all'evidenza (checché altri ne pensi) che l'opera appartiene ai primi anni del se- colo XIII e che fu scritta di certo da un insegnante laico in Italia, ma probabilmente non a Bologna.

Seguirono altri numerosi lavori, tutti pregevoli, tutti di merito positivo, sia per l' intendimento sia per il metodo, quali,

12 CENNO NECROLOGICO

per ricordarne soltanto alcuni, V Epitome exactis regihus (1884); La Glossa di Colonia alle Istituzioni (1885) ; il Pandekten- Hìid Institutionenauszug der Britischen BeJcretalensummlun- gen (1887); la Lex Romana canonice compta (1904).

Negli ultimi anni aveva rivolto le sue investigazioni eru- dite al Breviario Alariciano e n'erano venute fuori tre opere notevolissime: Breviarum Alaricianum. Ròmisches Ttecìit im frdnkischen Reich in systematischer Darstellung (1903) ; Ent- sfeJiimg des westgothischen Gaius (1905) ; Der westgothiscJie Paulus (1907).

Max Conrat era nato a Breslavia il 16 settembre del 1848. Conseguita la libera docenza in diritto romano all' Università di Heidelberg nel 1873, fu nominato subito Professore straor- dinario e nel 1875, a soli ventisette anni, promosso ordinario presso l'Università di Zurigo, Di qui passò, tre anni dopo, al- l'Università di Amsterdam, occupandovi lungamente la cat- tedra di Diritto Romano^ e coprendo anche talvolta la ca- rica di Rettore. Gli anni trascorsi in Amsterdam, consacrati all' insegnamento e allo studio, furono d' intensa e fruttuosa operosità scientifica. Nel 1903 fu solennemente festeggiato il venticinquesimo anno della sua carriera didattica.

Nel 1907 il Conrat volle ritirarsi dall'insegnamento, per dedicarsi esclusivamente ai prediletti studi e per riprendere i viaggi scientifici in Italia.

Fu appunto nell'ultimo suo soggiorno a Firenze, in quel- l'anno, che avemmo la fortuna di conoscerlo personalmente e di stringere con lui relazioni, divenute in breve amiche- voli e cordiali. Alla vigoria dell' ingegno e al vasto sapere, accoppiava una grande semplicità di modi, festività e pia- cevolezza di carattere nei familiari colloqui.

A noi, modesti cultori degli studi ne' quali egli fu Maestro, sia consentito di esprimere, anche in nome deW ArcJiivio sto- rico, il comune rimpianto per la perdita irreparabile del ve- nerato collega e caro amico.

Alla sua fida compagna e ai figliuoli mandiamo, commossi, le nostre condoglianze vivissime. A. D. V.

L' eretico fra Paolo Antonio fiorentino e Cosimo de' Medici

(1548h'49)

Fra Paolo Antonio di Figline, dell'ordine conventuale di Saa Francesco e guardiano nel monastero di Santa Croce in Firenze, aveva predicato la quaresima del 1547 nella chiesa dell'Ospitale dell'Annunziata in Napoli con tanta dottrina e religione, che il viceré e molti altri signori, desiderosi di riudirlo, procurarono ed ottennero con la mediazione del Duca Cosimo de' Medici che egli dovesse tornare per la quaresima successiva (1). Ma durante il viaggio fu ritenuto in Roma nel febbraio 1548 per accusa di eresia e chiuso in Torre di Nona (2). Così era venuto a trovarsi nelle mani dell'inquisizione lui che, deponendo il 20 aprile 1542 davanti ai giudici di Venezia, aveva portato il. suo contributo per far condannare l'eretico fra Giulio da Milano, al secolo Giuseppe della Rovere (3).

(1) Appendice, doc. 1 .

(2) Il 27 aprile fra Paolo scrive : trovandomi in secreta già sono 80 giorni (Appendice, doc. 4), e il 19 giugno : hormai sono cinque mesi che io sono in queste carcere (Appendice, doc. 6) : donde si cava che l'arresto avvenne tra il 19 gennaio e il 6 febbraio 1548. Ma, ove si pensi che la lettera, con la quale Don Garzia, viceré di Napoli, pregava Co- simo di adoperarsi perchè il frate andasse a Napoli, è del 21 gennaio (Ap- pendice, doc. i), non parrà arrischiato il mettere l'arresto ai primissimi di febbraio.

(3) Aveva deposto che fra Giulio era discepolo di maestro Agostino pie- montese, qual ha fama di esser luterano ; che era stato processato pre-

14 LUIGI CARCEHEHI

E al processo di fra Paolo si liferiscono appunto i documenti che qui pubblichiamo. La cui importanza sta non tanto nell'aggiunta di un nome sia pure di qualche lettera e di buona eloquenza (1), amico di Pietro Aretino e dell'eretico frate Andrea Volterra (2) alla serie già lunga di coloro che, dopo aver comunque errato, finirono per abiurare, quanto nella notizia di un tenta- tivo di far credere ad un complotto contro la famiglia Medici e nella conferma del carattere di Cosimo, remis- sivo sempre verso gli inquisitori in materia di eresia, e delle beghe e gelosie esistenti tra i vari ordini religiosi e perfino tra le persone di un medesimo ordine.

Sorpresa pertanto la confidenza di macchinazioni contro i Medici, fra Paolo, che, ristretto nelle segrete dell'inquisizione, si trovava a disagio in quel durissimo carcere, pensò subito di metterla a profitto per assicu- rarsi l'appoggio del padrone presso gli inquisitori, quando

cedentemente a Bologna ; e che nell'ultima quaresima avevalo sentito egli stesso affermare dal pergamo che il venerdì santo non facevalo piangere il pianto di Maria, perchè erano pazzie, che tutte le opere sono peccati il precetto serva mandata non vuol dire operare, ma credere, non esservi libero arbitrio ed esistere invece la predestinazione e la reproba- zione (Venezia, Archivio dei Frari, Santo Uffìzio, busta I, fol. 3 e 4, oltre ad un foglietto volante). Dei due processi contro fra Giulio da Milano, conservati nella citata busta I del Santo Uffizio in Venezia, si occuparono Giuseppe De Leva, Giulio da Milano, in Archivio Veneto, tomo VII, parte II, a. 1874 ; Karl Benrath, Geschichte der Reformation in Venedig, Halle, 1886, pp. 19 e segg. e 88; Peetro Tacchi Venturi, Storia della Compagnia di Gesti in Italia. Voi. I : La vita religiosa in Italia durante la prima età dell'ordine, Roma-Milano, 1910, pp. 507 e segg. 514; Gaetano Capasso, Fra Giulio da Milano, in Archivio Storico Lombardo, serie IV, tomo XXXVI, 22 (a. 1909), pp. 387-402 ; Gottfried Buschbell, Reformation und Inquisition in Italien tim die Mitte des XVI Jahrhunderts, Paderborn, 1910, pp. 48 e 266 n.3; Antonio Battistella, Il Sant'Officio e la Riforma religiosa in Bologna, Bologna, 1905, p. 132.

(1) Appendice, doc. 1.

(2) Il quarto libro delle Lettere di Pietro Aretino, Parigi, 1609, n. 476: P. Aretino a frate Pavolo Antonio, di aprile in Venezia 1548.

15

a ciò non fosse bastato il ricordo che solo per aver obbedito al Duca ed essersi avviato verso Napoli per la predicazione eragli capitato quell'infortunio.

Esposto quindi a Cosimo il suo stato tristissimo, il recluso racconta con molta aria di mistero di una falsa lettera scritta al papa contro se stesso e contro il Duca da un ribelle che si trovava nel carcere ; te- nerne egli copia di sua propria mano ed esserne ve- nuto in possesso con bel modo, ma non poterlo dire per brevità di tempo ; contener essa molti particolari importantissimi alla vita del Duca, ma non potere ne riferirli ne mandar copia della lettera, che egli teneva ad istanza del Duca, senza essere prima sicuro che gli scritti arriverebbero a destinazione. Era insomma un racconto studiosamente velato per persuadere Cosimo della necessità di aiutarlo, procurando col mezzo del potentissimo cardinale di Burgos che egli fosse o ri- lasciato con sicurtà di non partire da Roma o almeno posto nella prigione pubblica, donde potesse libera- mente scrivere (1). Pochi giorni dopo torna a parlare di alcune cose importantissime alla vita del Duca e de' suoi figliuoli, venutegli agli orecchi in prigione a caso, per via di uno che molti giorni vi era stato. Es- sere cose di grandissima importanza, ma non ardire di scriverle per timore che gli scritti non capitassero male; e intanto ogni tardanza portare pericolo. Ecco di nuovo il racconto velato per concludere nuovamente che il Duca si adoperasse a farlo liberare con sicurtà di non partire da Roma (2).

L'incolumità sua e della sua famiglia era troppo grave preoccupazione per Cosimo, perchè vi fosse bi- sogno di questa seconda lettera. I timori di cospira-

(1) Appendice, doc. 2.

(2) Appendice, doc. 4.

10 LUIGI CARCÈRERl

razioni erano frequenti a quel tempo (1); viveva ancora fresco nella memoria il ricordo della congiura del Fiesco e (Iella morte di Pier Luigi Farnese (2); e pur pochi mesi innanzi erasi parlato di quattro capitani fatti ar- restare da Cosimo per sospetto di macchinazioni contro la sua vita (3).

Infatti, appena ricevuta la prima lettera, il Duca dette conto del caso al cardinale di Burgos, pregandolo di mandare al frate un suo fidato, il quale, con dargli speranza di protezione e di aiuto per parte del cardi- nale, cercasse di intendere come passava la cosa e di avere in mano la copia della lettera per poi mandarla a Firenze. Usasse in ciò quella destrezza e secretezza che si richiedeva (4).

A che cosa approdassero le diligenze usate dal car- dinale non ci è dato sapere, non conoscendo noi la

(1) Di simili cospirazioni si trova spesso menzione nei documenti, li Galluzzi, Storia del Gran Ducato di Toscana, tomo I (Firenze, 1822), pp. 180 e segg., all'anno 1549 ne ricorda alcune : « Don Ferrante Gonzaga •« avea scoperto una congiura ordita dal Duca Ottavio per ammazzarlo,

* e il Duca Ottavio avea scoperto in Parma dei trattati di Don Ferrante

* per sorprendere quella città. In Genova era stato arrestato il Doge Gio-

* vanni Battista Fornari e un frate zoccolante, che macchinavano di ri-

* volgere quella repubblica alla devozione di Francia, e in Siena dodici

* cittadini aveano disegnato di trafiggere in Chiesa Don Diego ». Cfr. pure A. Bartoletti, La congiura contro Ottavio Farnese, Napoli, 1911.

(2) Cfr. il nostro studio : Il Concilio di Trento dalla traslazione a Bologna alla sospensione {marzo-settembre 1547), Bologna, 1910, pp. 35, nota 3, 520-527, 565-578.

(3) « Qui è venuto aviso che V. E. ha fatte mettere le mani adosso

* a quattro capitani che machinavano contro la vita sua, et in Palazzo

* lo tengono vero dicendo che vien di coleste bande, ma non s'è possuto < intendere da chi. Io ho mostro di non haver lettere, crederlo ». Ave- rardo Serristori, ambasciatore a Roma, al Duca di Firenze, Roma 20 feb- braio 1548 (S. F. 1547). Firenze, Archivio Mediceo, filza 3465 (registro), fol. 69.

(4) Appendice, doc. 3.

FRA PAOLO ANTONIO FIORENTINO E COSIMO I)E' MEDICI

17

relazione del dottor Martinez, al quale era stato affidato quel compito. Solo sappiamo che il frate narrò larga- mente quanto era passato fino allora e che il cardinale ricuperò certi pezzi di lettera, che mandò poi al Duca, e dette ordine che il frate fosse posto in luogo donde potesse intendere quanto più era possibile su tal caso (1). E così intese con indizi manifesti che un famigliare del Duca o tardi o presto farebbe la morte di lui e di tutti i suoi figliuoli; da costui doversi il Duca guar- dare più che dal fuoco e dalla peste. Ma poi nelFinfor- marne il padrone ecco di nuovo il recluso trincerarsi dietro l'impossibilità di rivelarne il nome, se non fosse prima in luogo dove potesse con sicurtà parlare. Ve- deva egli che il cielo anziché rasserenarsi si intorbidava ogni giorno più; onde scongiurava il Duca con le la- grime agli occhi a procurare la »ua liberazione (2).

La commissione di far parlare il frate fu data questa volta all'ambasciatore Averardo Serristori (3). Il quale, avendo inteso dal cardinale di Burgos che fra Paolo non sapeva più oltre di quanto s'era fatto inten- dere al Duca, procurò che egli si abboccasse nuova- mente col Nocentino, che era stato il confidente di tutto

(1) Appendice, doc. 5.

(2) Appendice, doc. 6.

(3) Appendice, doc. 7. « Metterò ogni diligentia di far parlare a « fra Paul'Antonio da Figghine, et di fargli intendere la commissione « ch'io tengo da V. E. di procurare con ogni caldezza la liberatione sua, «come sono per adoperarmivi, benché per essere tenuto publico heretico,

* me ne dia poco che sperare el Rmo di Burgos. si lasserà di far a « detto frate ogni instantia, perché in una lettera sua nomini a V. E. la « persona ch'egli ha promesso notificarle, assicurandolo che la non anderà

* in altre mani che in quelle di V. E. et lo farò con qualche buona oc- « casione ch'io andrò buscando, poi che é necessario procedere in questo «con infinita destrezza». Serristori a Cosimo, Roma 2 luglio 1548. Abch. Mediceo, filza 3466, fol. 3.

18 LUIGI CAUCEHEHI

e che allora trovavasi da lui appartato nel carcere (1), somministrandogli frattanto ogni cosa necessaria per scrivere. Ma già cominciavasi a comprendere trattarsi di cose da farvi sopra poco o nessun fondamento (2). E dal séguito delle indagini (3) risultò infatti che tutto era invenzione e gabella del Nocentino (4).

Quanto all'eretico, fu condannato ad abiurare e poi rimesso in libertà; ma non per merito di Cosimo. Il quale, fedele alla sua politica di favorire sempre il pa- pato e l'inquisizione per poi sfruttarne la potenza ai suoi fini reconditi, intesane la cattura, scrisse subito

(1) « El Rmo di Burgos m'afferma che fra Paul'Antonio non sa più

* oltre di quel che sino a qui s'è fatto intendere a V. E. Et perchè el No-

* centino, che è quel che gli disse ciò che V. E. ha saputo, è appartato « da lui in Torre di Nona, s'userà alcuna destrezza perchè si vegghino

* insieme, et si farà advertito detto fra Paulantonio perchè procuri di ca- « varne tutto quel che potrà. A tutto bisogna un poco di tempo, et si « farà opera perchè sia più breve che sarà possibile ». Serristori a Cosimo, Roma 5 luglio 1548. Arce. Mediceo, filza 3466, fol. 4'-, inserto.

(2) « A fra Paul'antonio si portò hieri ogni cosa necessaria a scri-

* vere, et fu pregato a volere dir quanto haveva promesso a V. E. et se « gli accrebbero speranze per la liberazione sua, per le raccomandationi « che s'eron fatte a nome di V. E. Rispose ch'era ver quanto haveva scritto « et promesso a V. E. non di meno che pensò in quel tempo ch'egli le

* scrisse di potere abboccarsi un'altra volta col Nocentino avanti che da

* lei venisse risposta, et di cavarne quel che quando sterono insieme non

* haveva finito di dirli. Et benché al Rmo di Burgos et a me paino cose

* da farci sopra poco o nessun fondamento, non di meno perchè in sirail casi tutto è ben intender come ho detto a S. S. Rma si terrà alcun modo, « perchè tornino a congiongersi insieme » . Detto al detto, Roma 18 luglio 1548. Ibidem, fol. 11^.

(3) Nella filza 3466 dell'ARCH. Mediceo trovo notato a fol. 24'- : * II

* XXII per messer nofri \Camaiani, segretario] sopra la cosa di fra

* Paul'Antonio ». Ma la lettera non mi capitò sotto mano.

(4) « El Nocentino fu libero su questa creazione [fatta stamattina], et

* se ne passeggia per Roma non altrimenti che s'ei venisse da impresa, •« dove havesse fatto alcun rilevato servitio alla sede apostolica. Forse ha

* in animo di farlo con qualche inventione simile alla gabella dei con- « tratti ». Serristori a Cosimo, Roma 13 ottobre 154S. Ibidem.

FRA PAOLO ANTONIO FIORENTINO E COSIMO DE' MEDICI 19

all'ambasciatore di Roma che egli non voleva impac- ciarsi per conto alcuno del caso di lui per lasciar libero il corso alla giustizia. Eppure da molte persone eragli stato affermato che il suddito fosse uomo dabbene e innocente della fattagli imputazione (1). Che se poi s'in- dusse comunque a raccomandarlo fu solo per opportune ragioni di stato e per il caso che, come a lui veniva riferito, l'infortunio del frate risultasse dovuto non ad altro che alle persecuzioni dei malevoli (2). E come fu debole la raccomandazione! Leggasi in Appendice la lettera al cardinale di Burgos. Quel consiglio di dargli speranza d'aiutarlo e quel rimettersi poi quanto alVaiu- tarlo al cardinale inquisitore sono assai significativi (3). Quando poi, libero da ogni preoccupazione di complotto, ebbe inteso che il reo per esser tenuto pubblico ere- tico (4) sarebbe condannato all'abiura, rispose non di- spiacergli che egli facesse l'ammenda conveniente ai suoi falli (ò). Non era una dedizione; ma era pur sempre quella deferenza che di gradino in gradino doveva por-

(1) * Di quel fra Pavol Antonio che andava predicare a Napoli, ri « diciamo che noi non vogliamo in modo alcuno impacciarci del caso suo « ancor che da molte persone ci sia stato affermato che sia homo da bene

* et innocente della imputatione che così gli è data, perchè se sarà tale ■« desideriamo sia castigato, se sarà altrimenti sarà cognosciuta al fine

* l'innocentia sua *. Cosimo al Serristori, 11 marzo 1548 (s. f. 1547). Arch. Mediceo, filza 9 (Registro), fol. 502.

(2) Appendice, doc. 3 e doc. 7. Gfr. pure più sopra, p. 17, n. 3 e p. 18, n. 2.

(3) Appendice, doc. 3.

(4) Cfr. più sopra, p. 17, n. 3. /

(5) < Al resto che contengono le sopradette vostre occorre dire, che « se le male opinioni che ha haute fra Favolo Antonio frate fiorentino « circa la intelligentia della sacra scrittura nelle sue predicationi meritano « che faccia la abiuration publica come quei Rmi Cardinali che hanno

* fatto il processo suo affermano exeguiscasi che a noi non dispiacerà « che faccia la emenda conveniente a' suoi falli ». Cosimo al Serristori, 21 gennaio 1549 (S. F. 1548). Arch. Mediceo, filza 12 (Registro), fol. 191.

-d LUIGI CAUCKHEIU

tarlo al tradimento del Garnesecchi (1). Eppure il frate non era a lui discaro; e anche dopo la sentenza face-

(1) Cfr. Galluzzi, op. cit., II (Firenze, 1841), 299-304; L. Bruni, Co- simo de' Medie/' e il iirocesso d'eresia del Carnesecehi, Torino, 1891; A. Agostini, Pietro Carnesecehi ed il moto Valdesiano, Firenze, 1899; Ve- NOCCHio Maffei, Dal titolo di Duca di Firenze e Siena a Granduca di Toscana, Firenze, 1905, p. 62 n. 1, e le opere del Bertolotti, dell'AMABiLE, deirORANO, del Galateri di Genola, quivi citate. Cfr. pure le nostre os- servazioni : Cosimo 1 de' Medici e il Gran Ducato di Toscana (a propo- sito di una recente pubblicazione). Estratto dall'ateneo Veneto, tomo XXIX, 1, 3, anno 1906, p. 7 ; Antonio Anzilotti, La Costituzione interna dello Stato fiorentino sotto Cosimo I de'Medici, Firenze, 1910, pp. 191-193 ; Paolo PiccoLOMiNi, Documenti fiorentini sull'eresia in Siena durante il se- colo XVI (15o9'lò70), in Bollettino Senese di Storia Patria, tomo XVII, anno 1910, p. 159. Ai molti documenti citati dal Bruni, pp. 10 e segg., e dal- I'Agostini, pp. 178-187, aggiungeremo qui una lettera del card, di Burgos ; il quale a Cosimo, che intercedeva per il Carnesecehi, risponde il 20 marzo 1547 di Roma essere conveniente che l'eretico si presenti fra 20 giorni a giu- stificarsi, altrimenti potrebbe essere tenuto per contumace e privato di quanto possedeva (Argh. Mediceo, filza 3876 orig.). Della deferenza di Cosimo verso gli inquisitori abbiamo esempio anche nel caso di fra Celio da Torino, al quale si riferiscono le seguenti due lettere tratte dall' Ar- chivio DI Stato in Parma, Documenti per servire alla storia della lìi- t'orma in Italia : « Io non ho risposto alla lettera di V, S. Rma et lllma

* de 26 del passato con la quale per ordine di N. Sre me ricercava facessi

* mettere le mani adosso a quel frate Celio da Turino, che di Iucca in- « tendeva essere rifuggito in Pisa, dove sotto professione di maestro

* di squola insegnava cose d'heresia. Havendo io vossuto in un mede-

* Simo tempo, come lo per questa, donargli aA^vìso di tutto quello che

* conforme alla mente di S. fine et di V. S. Rma et lllma si fusse eseguito.

* Però per sua maggiore informatìone et satisfattione mia gli mando qui

* inclusa copia della lettera che mi scrive sopra ciò il Commissario mio di « Pisa, mediante la quale la resterà capace di tutto, et potrà ordinare quel

* più che ne occorrerà a S. Sta. Et se et in questo et in altro io posso fare « cosa grata a S. Bne et a V. Rma et Ill.ma S. non mancherò mai di quanto « ricerca la devotione mia inverso di quella ». Il Duca di Firenze a Mons. Vicecancelliere (card. A. Farnese), Firenze 11 settembre 1542 orig. « lo ho ricevuto la di V. Ecca de 31 del passato, per la quale veggo il « desiderio che quella tiene, se possibile è, di bavere nelle mani quel « frate Celio da Turino bandito di Lucca. Per il che m'occorre dire alla « Ecca V. che non obstante lo scritto mio alli 30 del passato ho ricerco

* con dextrezza et diligentia di esso. Et trovo che molte settimane sono

-21

vagli grazia dei venti scudi imprestatigli, prima ancor dell'arresto, per il viaggio di Napoli (1).

Nelle sue lettere al Duca fra Paolo ripete che egli era vittima delle persecuzioni dei frati domenicani di San Marco (2). Ma dopo il processo, in certe sue lettere a fra Giovanni Bulletta (3) e a fra Ventura Masi, guar- diano nel monastero di Santa Croce, inveisce contro alcuni frati di quel convento e particolarmente contro fra Raffaello Sannino, il quale insieme coi suoi seguaci e satelliti sarebbe stato causa dell'ultimo suo infortunio « mettendolo in voce di tutti i banchi » e mandandogli dietro la spia; talché per lui non era mancato di farlo o morire o finire in galera (4). Se ciò sia vero noi non diremo; ma è certo che altre volte il Sannino aveva ricordato al Duca di far castigare simili eretici, avver-

* lui non frate ma secolare che ha donna et figli in Lucca, venne in que- « sta città in compagnia di un maestro Lionardo da Empoli medico in « Lucca, et stette in questa città una sera, et la mattina seguente si « partì, et per quanto ritraggo se n'andò alla volta di Ferrara. Non man- « cherò stare con l'occhio aperto, et se sarà in questo paese l'Excellentia V.

* ne riceverà suo desiderio ». Copia di una lettera del Commissario di Pisa al Duca di Firenze, Pisa 7 settembre 1542.

(1) * Quel fra PavoI Antonio fiorentino che fu preso in Roma an- « dando a predicare a Napoli ha scritto al Duca che da V. S. gli eran

* domandati 20 scudi ch'ella gli imprestò quando partì, et ne ha chiesto

* et supplicato gratta. Sua Eccellentia s' è contentata donarglieli et a « me ha comandato che scriva a V. Signoria che non glieli chiegga altri- « menti >. Cristiano Pagni al Maggiordomo di Cosimo, Pisa 3 novembre 1549. Arch. Mediceo, filza 1175.

(2) Appendice, docc. 2, 3, 6.

(3) In Firenze, Archivio di . Stato, Monasteri 92 {Santa Croce), filza 297, fase. 32, all'anno 1507 trovo notato Giovanni Bulletta, figlio di Nanna e del defunto Raimondo; e poco più avanti lo si dice professo nel monastero di Santa Croce. Nella filza 298, n. 25, è ricordato fra Giovanni di Lionardo del Bulletta, fatto nel 1565 procuratore del con- vento di Santa Croce in una lunga contesa per certi beni contrastati al convento.

(4) Appendice, doc. 10.

^5 LUIGI CARCERERl

tendolo anche di molti (1). Se poi in effetto fra Paolo si fosse già vendicato di lui accusandolo di eresia presso gli inquisitori è pure difficile stabilire tra l'affermativa dell'uno e la negativa dell'altro (2). Ma anche qui ab- biamo di certo che per tale accusa il Sannino andò verso il maggio 1549 a giustificarsi a Roma (3), dove fu interamente prosciolto (4) ; e che a favore di lui scrisse caldamente il Duca, il quale, prendendo le di- fese del frate, difendeva se stesso, avendolo egli nella recente elezione proposto e favorito, benché invano, alla carica di generale delFordine. E si noti anche qui, sempre per la solita politica di Cosimo, la frase rivolta al cardinale di Carpi, protettore dell'ordine: V. S. R.wa se è tale lo faccia castigare e da mia parte ne preghi il papa (5). Mentre il Sannino trovavasi a Roma, un garzone di fra Paolo, rimproverato dal padrone, se n'era improvvisamente partito. Pensò allora fra Paolo che fossero stati fra Raffaello e fra Luca a sviarlo per poi farlo cantare (6), come pare cantasse

(1) Appendice, doc. 8.

(2) Appendice, doc. 10.

(3) Appendice, doc. 8.

(4) Appendice, docc. 9 e 10. Di lui e della sua liberazione parla il Ser- ristori nelle sue lettere al Duca (Argh. Mediceo, filza 3464, fol. 124 e altrove).

(5) Appendice, doc. 8. Ciò spiega la frase : generalato del doc. 11. E le parole di Cosimo nel doc. 8 che forse anche lui era stato nomi- nato come poco cristiano spiegano la voce che, tornando fra Paolo a Firenze, il Duca l'avrebbe fatto impiccare, come si legge nel doc. 10.

(6) < Stamani a bonissima bora me nesciente il mio garzone s' è « andato con dio et credo sia venuto a Firenze sviato da maestro Raf- •« faello et da fra Luca per dispetto mio o per cavargli qual cosa di corpo. « Però vi prego quanto posso che se lui capita costi che lo carezziate et « facciate ogni forza che lui non s'accosti a nimici miei, et se potete

* farlo ritornare et voi lo fate ; quando che no, operate col ministro che

* gli dia una stanza, o voi lo tenete costì et ve ne prego et datemene

* subito aviso. lui disse messa, et da me s'è partito perchè volevo che

^23

di fatto (1); cercò di coinvolgere con tra i calunniati un maestro Alessandro, il guardiano, il Bulletta, il Tuc- cio, il vicario; e ruppe in una serie di escandescenze e di contumelie, delle quali sarebbe fortuna per lui non

« vevisse come s'usa in stato apostolico et non come a Firenze ». Fra Paulantonio fiorentino a mro Ventura Masi, guardiano di Santa Croce in Firenze, Roma 18 giugno 1549. Arch. Mediceo, filza 1858, fol. 90 copia.

* Il mio garzone stamani insalutato hospite all'alba s'è partito, et credo

* sia venuto a Firenze o andato a Prato sviato da maestro Raffaello et da

* fra Luca per farlo cantare. Ancora che di questo poco mi curi, pure mi

* duole assai che si sia partito, et questo è stato perchè più volte ho seco

* gridato et minacciato di cacciarlo via, se non viveva come qua s'usa

* et bisogna et non alla larga come si fa costà, lui dice messa. Vi prego

* dunque che venendo costì, o sapendone cosa alcuna me ne diate avviso « et operiate che non s'accosti a nemici miei et fatelo con ogni industria

* et arte et non mancate *. Fra Paolantonio a fra Giovanni del Bulletta, Roma 18 giugno 1548. Ibidem, copia.

(1) « Rispondendo alla vostra de 28 del passato dico che poco o nulla

* mi curo di quanto hanno fatto dire al mio garzone, perchè ' le loro « promesse lusinghe et minacie gli han fatto dire quel che non è an- te cora perchè sono in luogo dove poco temo di loro trafoUerie et qui a

* tutto è remedio. Ma ben vi dico che veggendomi tirare per i capelli da « loro son forzato a gridare et presto presto metterò un grido che a loro « et molti altri intronerà l'orecchie. Mi duole che non sarà senza danno

* grande et vergogna del convento, ma chi così vuole così habbia, son

* forzato a risentirmi di tanti assassinamenti et me ne scuso appresso a

* Dio et al mondo. La settimana che viene sentirete lo scoppio et vedrete

* la copia del tutto et basta. El traditore andò a rivelare a Theofilo « quello che già vi scrissi, pure ho saputo ciaramellare tanto che l'ho « cavato di tale opinione, chi spicca (sic) l'impiccato etc. salutate il Vie*' et il

* Tuccio et mi vi raccomando ». Fra Paolo al Bulletta, Roma 7 luglio 1549. Arch. Mediceo, filza 1858, fol. 94 copia. « Tengo la vostra de 7 a me « gratissima et respondendo dico che la m'ha tutto turbato et dicovi

* quod non solum nati sumus, et in oltre al dire tante cose et troppe n'è

* credute meno, pure perchè dite non volere consigli la rimetto in voi,

* ma se facessi a mio modo vi absterresti etc. panca sapienti.

* Il Generale è in Siena et verrà alla volta vostra. Andrò mercoledì

* a far la ricolta, però dirizzerete le lettere al guardiano che così ho ordi- « nato. Altro non ho da dire se non che stiamo tutti sul noce. Nec plura ». Bulletta a Fra Paolo, 13 luglio 1549. Ibidem, fol. 95 copia.

24 LUIGI CARCERERI

fosse rimasto nemmeno il ricordo, giacche esse fanno pensare ad un animo vendicativo, ad un uomo di poco sano giudizio, ad un pessimo frate (1).

Verona. Luigi Gargereri.

APPENDICE.

l. Napoli, "^l gennaio 1548.

Don Grarsia de Toledo, viceré di Napoli, a Cosimo de' Medici, Buca di Toscana.

[Firenze, Archivio Mediceo, filza 4073].

El ano passado predico la qiiaresma en està civdad de Na- poles en la yglesia del hospital de la nunciada fray Paulo Antonio de la orden conventual de sancto Francesco. El qual soy informado que està al presente ay. y porque se quanto es persona religiosa y de letras y desseo yo y otros muchos senores que le conogen de oyrle este ano, he quesydo procurar que venga aca. y no sa- biendo medio ninguno mejor para elio que el de V. Ex.tia deter- mine de screvir està y supplicar con ella a V. Ex» que me haga Cmd. [comedimiento] de mandar que hablen al dicho fray paulo antonio y le hagan venir a predicar està quaresma aqui en chaya y vezino a mi casa donde gertiffìco a V. Ex» que assy por lo que el mere^e por su doctrina y religion comò por ser vassallo de V. Ex» se le hara el devido tratamiento y se usara con el de todos los cumplimientos que es razon. y en esto regibire yo muy crescida meryed. y n. s. la ili. ma persona de V. Ex» gaarde y prospere y estado acresciente.

(1) Appendice, docc. 9, 10, 11, 12, e più sopra, pp. 22 e 23.

FRA PAOLO ANTONIO FIORENTINO E COSIMO DE' MEDICI i25

2. Dalla prigione di Torre di Nona in Roma, 9 aprile 1548.

Fra Paolo Antonio, frate guardiano eli Santa Croce, a Cosimo de' Medici.

[Argh. Mediceo, filza 387, t'ol. 59 orig.].

Perchè non m'è concesso tempo, comodità di scrivere a lungo alla Ecc» V. et raccontargli la miseria et calamità in ch'io mi triiovo in questa crudele prigione di torre di Nona, per havere voluto ubidirla di andare a Napoli a predicare, il che non mi sa- rebbe avvenuto se questo non era, però non so per bora posso se non con ogni riverentia et humilità chiedergli aiuto et soccorso, et pregarla per amor di Jesu Christo che col favore suo poten- tissimo apresso il R^o card. Burgos, mi soccorra, perchè sono ritenuto et trattato di sorte, che peggio stare non potrei, et tanto più quanto ad ognora i frati di S. Marco esclamano contro di me. Et di piìi questo mi avviene per una falsa lettera eh' è stata scritta a sua S^à contro all'Ecca V. et contro di me da un suo ribello ch'è qui in Prigione, della quale io tengo la copia di sua propria mano, et m'é capitata alle mani con bel modo, che per brevità di tempo dire non posso, con molti particulari importantissimi alla vita di quella i quali li avviserei se fussi certo che questa gl'havessi a venire alle mani, et lo farò se punto sarò allargato, ma mi tengano nelle scerete strettamente, et questa ho scritto per un poco di commodità datami da un'altro prigione napoletano, et gli replico che sono cose importantissime, et Dio sia quello che l'aiuti et lievi ogni forza a chi gl'é contro, et la lettera tengo ad instantia sua. Hora di nuovo la prego che essendo io in questa miseria non manchi d'aiutarmi, et faccia almeno col Ri^o Burgos per hora, o ch'io sia relassato con sicurtà di non partire di Roma o allargato et posto nella prigione publica^ dove io potrò poi più sicuramente scrivere a quella, et dargli avvisi che gli saranno utili et cari. Et per quella sua solita cortesia et bontà non man- chi aiutare un suo servitore fidelissimo, che si truova con per- petuo scorno et danno incarcerato per non manchare d'ubedire a lei. Et con questo gli bacio la mano et mi raccomando.

20 LUIGI CARCERERI

3. %] aprile 1548.

Cosimo de' Medici al card, di Burgos.

[Arch. Mediceo, lilza 188 (Registro), tbl. 5r e segg.].

Fra Paulantonio fiorentino, quel che andava a Napoli a pre- dicare, et fu ritenuto costì, ritrovandosi in carcere a Torre di nona, ha havuto modo di scrivermi, et farmi noto, come ha in mano una lettera scritta al Papa da un ribelle dello Stato mio, che si trova nelle medesime carcere, la quale pare di cose importanti alla vita mia et dice non potermele far note mandarmi la detta lettera per dubbio che ha non vada in altre mani. Et perchè mi fa grande instantia ch'io lo raccomandi alla S. V. Rma per esser perseguitato (come dice) da alcuni frati di San Domenico, ho pen- sato essere bene con questa occasione di pregar V. S. R'^^a a tro- vare modo di mandar un fidato suo a parlargli, il quale col darli speranza che V, S. R«ia non sia per mancare d'aiutarlo, procuri di sapere da lui questi andamenti et bavere la copia di quella lettera che ha per potermela mandare, usandoci quella destrezza et secretezza che si richiede. V. S. R"ia adunque si contenti far questo per salute mia, et d'aiutarlo sia rimesso in lei a chi debbe essere noto, come il detto frate senta bene della fede, et quando fusseno le sue persecutioni (come dice) harei in tal caso caro che fusse aiutato, come mio vassallo, et perchè a requisitione mia si mosse di Fiorenza per andare a Napoli per compiacere il signor Don Garzia.

4. Torre di Nona, 27 aprile 1548.

Fra Paolo Antonio al Duca di Firenze.

[Arch. Mediceo, filza 386, ibi. 394 orig.].

Per un' altra mia ho avisato all'Eccellenza vostra lo stato mio che io mi truovo per voler ubidire a quella, et similmente che dovevo avisare quella d'alchune cose importantissime alla vita sua et de' suoi Illmi figliuoli, venutemi agli orecchi qui in prigione a caso per via d'uno che molti giorni è stato qui, et trovandomi in secreta già sono 80 giorni non ardisco scriverle per timore che le

27

lettere non capitino male et sono cose di grandissima importanza et pertanto V. Ecc. faccia col Rm» Cardinale Bargos che io sia li- bero dalla prigione con sicurtà di non partir di Roma, et alhora io liberamente gii scriverrò il tutto, et son certo che quella inten- dendo l'aviso mio, benedirà mille volte il giorno che io gne n'abbi dato, et il tardar porta pericolo, et so quello mi dico, altro per questa non m'occorre. Gli scrivo questa per Agostino procaccio ch'a sorte è stato posto in questa prigione ove sono io ; et a lei mi raccomando.

5. Roma, 30 aprile 1548.

Il cardinale di Burgos al Duca Cosimo. [Arch. Mediceo, filza 3719 (Lettere di Cardinali), fol. 55 orig.].

Luego que vi la tetra de V. Ex. a hige la diligentia que con- venia y mande examinar a quel fraile que tenemos aqui en pri- sion el qual mostro gran voluntad a las cosas de V. Ex. y dixo aver avisado a quello poco que pudo quando tuvo ocasion, y de lo pasado basta agora dio luenga relation al Doctor martinez del qual fie este negocio y le hige escrevir todo lo que aquel padre avia dicho y lo embio con està a V. Ex. y en este dir depues de aver cobrado ciertos pedagos de tetra que aqui van he mandado que el dicho fraile se ponga en una prision donde pueda entender todo lo pos- sible en este caso, y con mostrar que se examina sobre cosas de inquisition nos darà aviso de todo lo que pasare y dello sera avisado a su tiempo V. Ex. caia 111™» y muy Exte persona y estado nostro S.r conserve en aquella prosperidad que todos deseamos.

6. Torre di Nona, 19 giugno 1548.

Fra Paolo Antonio al Duca.

[Arch. Mediceo, filza 387, fol. 687 orig.].

Per un'altra mia de 16 del presente per via di francesco ban- dini direttiva al sor maiordomo di V. Ecca gl'ho avisato che dalla bocca di quello della lettera, ho ritratto con bel modo con inditij manifesti, che uno familiar di quella o tardi o per tempo sarà la morte sua et di tutti i suoi illuni lagliuoli, il nome del quale io qui taccio per ogni rispetto, non sapendo io come s'habbia £t venir questa lettera, et da quello bisogna ben che lei si guardi più che

58 LUIGI CARCIÌREUI

dal fuoco et dalla peste. Lo nominerò all'Ecc» V. quando sarò in luogo ove con più sicurtà possa parlare, perchè troppo mi pese- rebbe ogni sinistro caso che gl'avvenisse, per salute sua, come per quella di tanto nobile stato, et non si facci beffe di questo mio parlare, perchè non parlo a caso, et questo sopra ciò basti, lo non sento anchora per me rasserenarsi il cielo, anzi più torbido mostrarsi, perchè la rabbia de'nemici miei frati di S. Marco prevale alla iustitia, et può assai appresso i ìndici miei. Però con le lagrime agli occhi per amor di Jesu Ghristo, io scongiuro V. Ecc» per la sua bontà et cortesia che voglia quanto può procurare la mia liberatione, che so può farlo non solo col mezzo del R'»o burgos, ma con altri mezzi non minori, et ricordisi ch'hormai sono cinque mesi che io sono in queste carcere per haver voluto essergli obe- d lente. Et con questo gli bacio la mano etc.

7. 27 giugno 1548.

Cosimo de' Medici al Serristori. [Arch. Mediceo, filza 11, fol. 305 minuta].

.... Si trova in torre di nona costà prigione quel fra Favolo Antonio fiorentino, che andava a predicare a Napoli, imputato di heresie, et è hormai tanto tempo che vi è che se fussi stato colpevole, saria stato giudicato. Et perchè habiamo hauta informa- tione che le persequtioni d'alcuni altri frati, più presto che l'he- resie ce lo ritengono non habiamo volsuto manchare di com- mettervi che retrovando che così sia facciate ogni opera con, Mons. nostro R^o di Burgos et con altri dove giudichiate es- sere a proposito per farlo liberare, a fin che sendo innocente, non venga a patire contra il dovere più longamente. Fate ogni opera et opportuna diligentia far parlare al detto frate con farli intendere che havete commissione procurare la liberation sua, et che intanto non manchi di scriverci et nominarci quella persona che ei sa per conto di quelle cose importanti, che ci ha promesso, et che voi manderete la lettera sicura in mani nostre....

8. U maggio 1549.

Cosimo de' Medici al cardinale di Carpi.

[AuGH. Mediceo, filza 323 (Registro), fol. 31].

Sei diavolo mi confessassi mai sarò altro che bon cristiano, che V. S. R. advertendomi del Sannino la ringratio infinitamente,

FRA PAOLO ANTONIO FIORENTINO E COSIMO I)E' MEDICI ^9

come ancora per quello io ho trovato in lui non solo sospitione ma opinione simili ombra di tal nequitia, che homo da bene fa come ha fatto hora lui che per questa sola cosa se n'è venuto a roma. V. S. R. se è tale lo facci gastigare e da mia parte ne preghi il papa, ma non sendo non lasci patir li inocenti che troppo dispiace a dio mai lui mi ha ricordato altro che facessi gastigar simili eretici e advertitomi di molti, io mi mossi a raccomandarlo a V. S. R. se non perchè pensavo con il suo mezzo poter reprimer le insolentie lussurie soddomie et sacrilegii che in questa religione sono, della quale V. S. R. ne è protettore e il papa pastore et gran conto debbon render a dio che con mal esemplo de' cristiani simil religiosi così vivino, lui ci era volto a esser generale se io per questo sol respetto non ce lo havvessi spinto con che se lo havvessi cognosciuto frate ambitioso non mi haria confessato sapendo molto ben quello che voglia si- gnificar l'ambitione ne' frati, e di questo non ne voglio più par- lare, ma si ben poteva V. S. R. advisarmi del commandamento havuto dal Papa di operar etiam che fussi homo da bene che non fussi generale ^lo perch'io ne havvevo parlato, e forse ancor io v'ero stato nominato come lui per poco cristiano e non sono il primo che cerca di far bene che ne riceve male, questo mi im- porta tanto poco che fatto il debito mio come principe cristiano ne lasserò render conto a dio a chi ne tocca la administrazione che spesso si suol saper far cognoscere e delle opere mie le lasserò indicar al mondo ringratiando V. S. R. della sua amorevolezza dicendoli che maggior cosa che questa di questo ordine havuto dal papa mi poteva conferire perché so li motivi di tal materia e da chi e sotto che spetie di carità ma per dir meglio malignità, li quali non son conforme alle mie actioni di qua ma al modo che di si debbe usare, il che non sendo presente non lo posso così ben indicare.

9. <M giugno 1549.

Copia di due capitoli di una lettera di fra Giovanni del Bulletta a fra Paolo Antonio.

[Arch. Mbbiceo, filza 1858, fol. 91].

Ringratio il sommo iddio della liberatione del nostro P. R. maestro Raffaello, la quale non credevo, se non che S. P. R. è tornato et tornò giovedì insieme con il padre fra Luca, sani et di

30 LUIGI carckiif:ki

buona voglia dei altissimi gratia. Duolmi della mala opinione che dite che S. P. R. tiene inverso di voi et etiam del mal vostro che S. R. P. ha fatto et al Tuccio et al vicario. Farallo forse an- cora a me, patientia. Se S. R. P. ha mala opinione io non glene posso levare, solum posso pregare Iddio che l'illumini et cavilo di tale opinione etc. Salutandolo dicendoli hiermattina voi siate il ben tornato, mi rispose, una risposta d'Iddio, io^pno chi sono ; et a maestro Alessandro disse peggio che gli voleva essere inimico alla scoperta, perchè lui haveva ordinatogli tale acciacco, lui gli rispose che non era il vero, si che voi vedete in che grado siamo. Iddio ponga la man sua che n'habbiamo bisogno. Penso da me che se l'arrechi etiam dal generale, al quale se potrà etiam se ne vendicherà, levandogli se potrà l'obbedientia di qua. Il quale ad- vertirete. Tutto avviso per amore.

10. Roma, m giugno 1549(1).

Fra Paolo Antonio al guardiano di Santa Croce. [Arch. Mediceo, filza 1858, fol. 92 copia del tempo].

Quanto al caso di maestro Raffaello vi dico che io non l'ho accusato et dica che dir vuole. Lui horamai è costì et si lamenta forse di me, et qua m'ha messo in boce [voce] di tutti banchi, ma qua mi posso et so defendere et hormai ho sgannato la maggior parte et un giorno spero farlo ancora costì, se ben lui et fra Luca qua hanno detto et dato publico grido che l'Eccellenza del Duca mi farà impiccare o mettere in galea, se io vi torno. A questo non dico altro, se non che essendo il signor Duca principe insto et buono si lascerà vincere dal giusto et non dalla rabbia fratesca.

(1) * La vostra mi è stata gratissima et a quella darò breve risposta,

* perchè al padre guardiano ho risposto alla lunga, et detto l'animo mio,

* et sarò comune ancora a voi, et tenete per fermo che farò quanto a « lui scrivo, et son forzato a ballare secondo il suono, et poi che ingiu-

* stamente io sono da mro Raffaello, et dal fratello ingiuriato, si come da « molti non già da voi ho aviso, giustamente mi difenderò faccendo co- « noscere loro a tutto il mondo quelli che sono, et s'io non vi [farò]

* presto stupire chiamatemi un tristo, io ho la ragione et il vero dal mio

* et lo so dire et sono a Roma et so et posso ». Fra Paolo Antonio al Bulletta, Roma 22 giugno 1549. Arch. Mediceo, tìlza 1858, fol. 92 copia.

FKA PAOLO ANTONIO FlOllENTlNO E COSIMO DE' MEDICI M

et basti, io sono a Roma dove ogni oro et metallo si purga, lo non l'ho accusato, ma dato et non concesso che io lo havessi fatto haveregli fatto il dovere, prima perchè da lui non hebbi mai altro che male et questo ultimo mio infortunio m'è avvenuto per i suoi tradimenti et inganni, et bora lo vi dico alla scoperta ac- ciò lo diciate per tutto Firenze che detto maestro Raffaello et da' suoi traditori seguaci et satelliti sono stato assassinato et tradito et daìoro mi fu mandato dietro la spia et più dite libe- ramente che da lui non è mancato di farmi o morire o andare in galea. Traditore tiranno di quanti conventi ha Toscana, sacrilego superbo, Dio è stato quello che ha scoperto la malitia del suo cuore, Dio ha voluto aprire la sua superbia. Dio mosso a pietà et della sua religione et di molti buoni che lui ha in odio non ha voluto che sia Generale, vaso d'iniquità formato in contu- melia, lo non voglio più di lui tacere quello che ho taciuto per honore del publico più tempo, a stampa voglio mettere le sue ri- balderie sacrilegii inganni frode latrocinii ruberie rapine et tradi- menti, meglio era che non mi mordesse perchè la voglio fare adesso alla scoperta, et quello che non ho fatto per il passato lo farò per l'avvenire. Presto presto voglio che tutta Europa Asia et Affrica insino alli antipodi et al Perù vada la fama della sua scellerata vita et natura, et al Duca voglio prima scrivere una lettera che canterà in canto trasfigurato di quel seme di Canhaam et non Juda. Io so tutte a mente le sue ribalderie. Io toccherò tasti che faranno rimbombare l'Abisso. Hor basta, cito videbis et mirabitur cor tuum. Oltre a molti altri tradimenti che lui mi ha fatti el traditore nato di mille albumi, al suo partire da Roma andò a trovare maestro Theofìlo dicendoli che io lo feci avvisato della carcere et che se io non ero lui era preso di modo che mi haveva messo in disgrafia del Rmo Santa Croce et Teatino, ma mi sono valorosamente difeso et giustificato, et di più mi ha sviato il mio garzone pensando cavargli di bocca i segreti del Prete Janni, et non sa che io sono a Roma et basta. Io vi ho scritto di questo mio garzone et se potete fare che non vadi a stare con cotesto trafurello ve ne resterò obligato, quando che no lasciatelo andare alla mal'hora meco non tornerà più.

H^ 1-UlGl CAHCERERl

U. Roma, 29 giugno 1549.

Fra Paolo Antonio al Bulletta.

[Arch. Mediceo, filza 1858, fol. 93 copia].

La vostra m'è stata gratissima. Io non mandai credo paternostro, et se costì non sono molti credi, maggiore sarà l'af- fanno di chi gli canterà che di chi gli ha composti. Duolmi senza fine che il nostro carissimo maestro Alessandro el guardiano voi el luccio con il vicario siate improperati di quello che siate in- nocentissimi, et benché ancora io senza ragione sia calunniato, pure poco me ne curo, perchè adesso che voglio farla alla scoperta seco senza pace et tregua, et forse forse gli darò un giorno tanto da fare che gli farò venire il canchero, et prima lo voglio fare cono- scere a tutto Firenze per quello che é, aspetti presto uno mio ser- mone apologietico che canterà d'Aiolfo et non dirò se non Van- geli et basta. Se quando voi l'andasti a vedere gli portavi un poco d'acuto rosato d'acqua rosa, lui non vi diceva villania perchè Faresti risucitato che era ansiato afflitto et angustiato generalato, che canchero che vi pare! forse che ha perduto uno lui? buona notte ! habbiate compassione di lui. Duolmi che siate venuto anco in litigio con caca razij, guardatevi dall'ira sua et basta.

Ho caro che le mie sieno andate a Bologna et Cesena. Sta- mani s'è partito di qua el Padre R^o generale et viene alla volta vostra, avvisatemi quello seguirà....

12. Firenze, 19 luglio 1549.

Fra Ventura Masi, guardiano del convento di Santa Croce, a fra Paolo Antonio.

[Arch. Mbdiceo, filza 1^58, fol. 96 copia del tempo].

Questo di 18 tengo un mazo di lettere molto arrabbiate et parmi che habbiate fatto un grande errore et sarete causa di tal mina che non fu mai più sentita, non posso mai pensare come vi sia bastato l'animo a fare simil cosa et procurare al publico et al privato tanta ruina, hoimè che diavolo havete voi fatto! l'ira di Dio et di S. Francesco verrà sopra di voi, hoimè io tremo dal

FRA PAOLO ANTONIO FIORENTINO E COSIMO DK MEDICI

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capo alle piante, et dicovi havete fatto un grande errore et Idio non ve lo perdonerà mai, non havete fatto questo convento voi, ma vi troverete bene a minarlo nella vostra mal'hora, o che dia- volo havete fatto ! hoimè che io sono mezzo fuor di me et più non mi rallegrerò, perchè procurate una tal mina non mai più udita, et con diffìcultà credo che lo habbiate fatto, perchè non vi conosco però si pazzo pretendiate a tale mina, non lo havendo fatto non lo fate perchè queste mura non le havete fatte voi, non le havete a torre a questi poveri fratini che vengono su, et vi prego quanto più so et posso non le mandiate et che vi recchiate alla mente la religione di San Francesco et che tenete l'habito del povero Francesco rimettete ogni ingiuria et attendete a vivere et lassate fare a Dio. Et non havete fatto bene a nominare et M. et Taddea nella lettera perchè non fu mea et volete mettere in ruina, basta che l'area lo portò lui si che non è vero della lettera che dite essere stata loro scritta per haver detto una gran falsità che non ve le mentionate che non è vero, dite tante et tante bugie che se voi le havessi a provare non potresti et però molto meglio v'era excusarvi che dire quello dite perchè non sono poi credute. Mi pare habbiate havuto mal consiglio et non havete fatto bene presso perchè ogn'uno crederà a suo modo, per questo ne sarà più meno, et ve lo replico se non l'havete fatto non lo fate che ne sarete poi mal contento. Altro non so che dirvi.

Circa al Pera non so chi fussi quello rivelassi tal cosa perchè fu detto al Francioso in confessione, et lui lo disse al Bulletta, a me non l'ha volsuto dire si che non lo so. Altro non ho che dire se non che il guardianato mi farà mal prò.

Il Padre R^o demattina a desinare sarà qui in Santa Croce, el Bulletta è in villa et li manderò el mazzo (1).

(1) « Dalla vostra de 20 havuta et letta intendo voi esser sano et « intendo di quanto mi date avviso ; duolmi grandemente, patientia, iddio « provegga a tutto.... State in cervello et non siate tanto ardito a scri- « vere che havete mille spie et fiaccheresti el collo ». Ventura Masi a fra Paolo Antonio, 27 luglio 1549. Arch. Mediceo, filza 1858, fol. 97 copia.

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CORRISPONDENZA

TRA LA CORTE DI ROMA E L'INQUISITORE DI MALTA

durante la guerra di Candia (1645-'69) (*;

PARTE III ED ULTIMA (**)

(Anni 1664-69 ; inquisitori Galeazzo Marescotti, Angelo Ranuzzi, Carlo Bichi).

Quando mons. Galeazzo Marescotti (1) assumeva nell'estate del 1663(2) l'ufficio d'inquisitore a Malta, la preoccupazione piìi grave del pontefice Alessandro VII e de' suoi ministri non erano i Turchi, nemici giurati del Cristianesimo, che da quasi venti anni contendevano Candia alla Croce, ma il re di Francia, figlio primoge- nito della Chiesa. Tra i servi del duca di Créqui, amba- sciatore di Luigi XIV a Roma, ed i soldati córsi agli stipendi papali era scoppiata una zuffa il 20 agosto 1662; alcuni Francesi rimasero feriti, altri uccisi; la vita stessa

(*) Nel dare in luce, come promettemmo (cfr. Archivio Storico Italiano, disp. 4* del 1910, p. 451), quest'ultima parte, postuma, del lavoro che il com- pianto prof. Paolo Piccolomini ci lasciò manoscritta, sentiamo il dovere di rendere pubbliche grazie all'egregio sig. dr. Don Enrico Carusi, compagno di studi e amico carissimo del Piccolomini, il quale si compiacque di rive- derne e correggerne con somma cura le prove di stampa. {La Direzione).

(**) Vedi Ardi. Stor. Ital., disp. 1* del 1908, pp. 45 e segg. ; disp. 2* e 3* del 1910, pp. 303 e segg. e 3 e segg.

(1) Su questo prelato vedi ibidem, disp. 2*, p. 333.

(2) Malta, voi. 18, disp. del 17 agosto 1663.

CORRISPONDENZA TRA ROMA E l/ INQUISITORE DI MALTA 135

dell'ambasciatore e di sua moglie fu minacciata; il palazzo Farnese, loro abitazione, cinto d'assedio o poco meno.

Dieci giorni dopo, il Gréqui partiva spiacente del- l'affronto patito, re Luigi licenziava il nunzio, mons. Celio Piccolomini, e lo faceva condurre alla frontiera manu militari, dando anche peggio da temer per il futuro alla Corte di Roma (1).

Sin dal 20 gennaio 1663 il predecessore del Mare- scotti, mons. Casanate, era stato avvertito che « veden- « dosi anche in Parigi svanire sempre più le speranze « d'aggiustamento^e crescendo colà le minacele di guerra, « Sua Santità pensava, benché con sommo suo dispia- « cere, d' andarsi preparando alla difesa per pura neces- « sita e per debito di provvedere all' indennità dello « stato ecclesiastico » (2).

Alessandro VII aveva ragione a diffidare, ma non poteva tenere in rispetto l'antagonista. Quando i Fran- cesi ebbero occupato, senza colpo ferire, Avignone ed il suo territorio, che il Parlamento di Provenza dichiarò spettare alla monarchia (3), il papa fu costretto a racco- mandarsi agli stati cattolici perchè assumessero le difese della Santa Sede e de' suoi diritti calpestati. Anche sul- l'Ordine gerosolimitano faceva assegnamento; mons. Ma- rescotti invitò in suo nome il Gran Maestro Raffaele Cotoner a soccorrer la Chiesa, non solamente col con- siglio, ma con le armi ancora. Il prelato disimpegnò l'incombenza meglio che seppe; adoperò tutto il suo acume per convincere l' eminentissimo che la Religione poteva e doveva aiutare il pontefice ; giunse fino a spe- culare suir umor bellicoso dei Cavalieri francesi, per

(1) Intorno a questa crisi nelle relazioni tra la Francia ed il Pa- pato, vedi DE MoUy, Louis XIV et le Saint-Siège. - L'ambassade du due de Créqtii, 1662-1665, Paris, 1893.

(2) l^Icdta, voi. 84, disp. del 20 gennaio 1663.

(3) Luglio 1663.

30 PAOLO PICCOLOMINI

confortarsi e confortarlo a sperare che questi avrebbero sacrificato alla Corte di Roma i loro doveri verso la patria ed il re. Ma il Gotoner non si lasciò persuadere ed «ai motivi addotti dall'inquisitore» rispose con buone ragioni, fondate sulla forza delle circostanze e su precedenti storici. Parve abbastanza, e ce n'era d' avanzo, perchè l'Ordine non si cimentasse a provo- care « un prencipe.... tanto bizzarro nelle sue risolu- tioni » come Luigi XIV, ed il papa avesse a contentarsi « del dolore e delle lacrime con che » i Cavalieri « nel- l'interno dell'animo accompagnavano la sua afflitione»(l). Alessandro VII, così efficacemente soccorso, finì per dar partita vinta al re di Francia, subendo l'umiliazione del trattato di Pisa (12 febbraio 1664); l'annunzio di questo aggiustamento fu « universalmente » ricevuto a Malta « con applauso indicibile ». « E come in esso », scriveva il Marescotti al card. Flavio Chigi, « spicca mirabilmente la somma pietà di Nostro Si- « gnore e la prudenza et applicatione indefessa di Vo- « stra Eminenza, così le vengono inviate infinite bene- « ditti oni per il vantaggio che è per risultarne alla « rehgione cattohca nella presente invasione del Turco « in Alemagna, non meno che per la quiete restituita « all' Italia e per il sollievo de' poveri sudditi» (2). Così l'esperto cortigiano cercava di dorar la pillola ai su- periori. Intanto il re solo poteva vantarsi di esser lo stesso per tutti, nec plurihus impar, anche per il papa^ e continuar la sua strada, inviso a grandi e piccoli, ma temuto dagli uni e dagli altri (3).

Un passo del dispaccio teste citato dell' inquisitore ne apprende che il Turco aveva assalito non solo Ve-

(1) Appendice, I.

(2) Malta, voi. 19, disp. del 15 marzo 1664.

(3) Pubblico in Appendice (II) un documento non ispregevole sul- l'atteggiarsi dell'opinione pubblica francese verso l'altiero monarca negli anni più felici del suo governo.

CORRISPONDENZA TRA ROMA E L INQUISITORE DI MALTA fU

nezia, ma anche Casa d'Austria; le faceva difatti aspra guerra in Ungheria, e nel 1663 Esztergom (Strigonia), la metropoh ecclesiastica dei Magiari, era caduta nelle sue mani (1). I difensori di Gandia respiravano adesso che gli assalitori, pur senza abbandonar l'impresa (2), non potevano concentrarvi tutte le proprie forze. Per conseguenza, il pericolo che sovrastava ai Maltesi dalla parte dell'Egeo, non era più grave ne immediato. Quindi non v' è da meravigliarsi che ascoltassero i tra- dizionali rancori contro la Serenissima (3) e mandassero nel 1664 la squadra, non già a Gandia, bensì ad aiutar la flotta francese nelle fazioni di Barberia (4), Ne l'anno successivo passò senza onorate gesta guerresche e ma- rinare da parte dei Gavalieri (5); pure il Marescotti, nella sua corrispondenza, preferisce intrattenersi sui loro spassi di carnevale (6). Nel 1665 avvenne ancora la ven-

(1) De Hammer, Histoire de l'empire ottoman, dejniis son origine jusqa'à nos jours, traduite de l'allemand sur la 2e édition, III (Pa- ris, 1884), pp. 80 e segg. ; Romanin, Storia documentata di Venezia. tomo VII, p. 446.

(2) Malta, voi. 19, avvisi del 7 febbraio 1664: * .... Tutti li vascelli « che si trovavano nel porto di Alessandria, venivano indistintamente « forzati a trasportare viveri e soldatesca in rinforzo della piazza della

* Canea *.

(3) Disp. I.

(4) Disp. II ; cfr. Dal Pozzo, Historia della sacra lìeligione mili- tare di S. Giovanni gerosolimitano, detta di Malta, Venezia, MDCCXV, pp. 312 e segg.

(5) Op. cit., pp. 327-30.

(6) Malta, voi. 20, avv. del 15 febbraio 1665: « Fu rappresentata

* martedì alla presenza di Sua Eminenza, di monsignor inquisitore, delli « signori del Gonseglio e di tutti li Cavalieri et infinità grande di popolo « una famosissima commedia da' signori Cavalieri aragonesi e castigliani «nella sala dell'Albergo di Castiglia, intitolata Amore, honore e *poder, con intermedii ridicoli (cioè comici) di Cavalieri italiani*; avv. del 24 febbraio: « Chiusero li ultimi giorni di carnevale due masche- rate » , ad una delle quali « intervennero tredeci Cavalieri di tutte le na-

* tioni, rappresentando Orfeo seguito da molti animali, guidati dal dra- « gone..., li quali poi corsero legiadrissimamente molte lancie al sta fermo

3N PAOLO PfCCOLOMINI

dita alla Compagnia francese delle Indie dell'arcipelago di S. Cristoforo, nelle Antille (1), che la Religione aveva acquistato oltre un decennio innanzi (2), ma il cui pos- sesso era apparso in breve assai poco sicuro (3).

Da ormai due anni la squadra gerosolimitana si asteneva dal comparire nelle acque cretesi; non perciò tuttavia il pontefice ed i Veneziani avevano rinunziato a farvi assegnamento (4). Cessata la diversione della

*e l'anello...; l'altra il seguente fu la comparsa d'alcuni nani con « capi deformissimi, con habiti e barbe alla spagnola, havendo indi essi «fatta pompa della loro legiadria col correre molte lancie ; et in Pa-

* lazzo fu rappresentata una commedia in francese da' paggi di Sua Emi- « nenza..., e l'ultimo giorno finì con quantità infinita di camiscielle curio-

* sissime »,

(1) 10 agosto.

(2) Dal Pozzo, pp. 322-26.

(8) Malta, yq\. 15, disp. del 28 dicembre 1660 : Fra Carlo de Sales informava da S. Cristoforo che i nipoti dell'estinto governatore, fra Fi- lippo de Lavillier Poinsy (Dal Pozzo, pp. 194 e segg.), tramavano « con

* fine non occulto d' impadronirsi dell' isola. E perchè si trovano qui « molte difficultà per sostenere et amministrare questi beni, si è posto

* in determinatìone se convenga ritenerli o vero venderli, et in qualsi- « voglia caso, come si dovrà governar la prattica. Il Commendator fra

* Raffaello Spinai ha offerto trentamila scudi ; ma, considerandosi che

* il baly morto lasciò una commenda di ottomila scudi di rendita in « Francia, e se li è trovato poi un spoglio di eira {sic) 200 m. non par < che deba la Religione lasciarsi uscir di mano a vii prezzo una cosa

* tanto opulenta ; benché per altra parte, se non inviano colà quattro o

* sei Cavalieri che guidino quelli affari, tiensi per certo che, o adesso « o in breve, restarà ogni cosa preda d'Olandesi o d'Inglesi».

(4) Malta, voi. 84, disp. del 24 maggio 1664 : « Ha la Santità di « Nostro Signore riconosciuto per molto prudente il pensiero di Vostra .* Signoria Illustrissima di farne opportunamente al signor Gran Maestro

* semplice motivo, a fine solamente tener viva tal pratica per l'avve-

* nire » ; voi. 19, disp. del 10 maggio 1664 : « Benché si siano tenute oc- « eulte e si proceda con gran segretezza, ho però penetrato che siano

* venute a questo signor Gran Maestro due lettere del re di Francia ;

* una humanissima, nella quale dichiara di chiedere la squadra di que-

* ste galere per la stagione prossima contro corsari barbareschi, ogi^i

* volta però che la Religione non habbia impegno con la repubblica di « V^enetia, e che non habbia ricevuto le dovute sodisfattioni per l' inova-

CORRISPONDENZA TRA ROMA E l' INQUISITORE DI MALTA 39

guerra contro l' imperatore per la pace conclusa a Va- svar il 10 agosto 1664 (1), furon reiterate nel 1666 le istanze perchè l'Ordine mandasse le sue navi in Levante. Furon mandate, ma con l'istruzione di tornare indietro, se non si rispettavano i diritti della bandiera di S. Gio- vanni (2), ne furon parole, giacche la squadra, salpata da Malta il 10 maggio, rientrò in porto il 24 giugno, falliti che furono i tentativi d'intendersi con i coman- danti veneziani (3).

Ancor prima che si recitasse questa commedia non saprei dir se più ridicola o piti vergognosa, giacché favoriva un potente nemico a mons. Marescotti era stato notificato il suo richiamo (4). Lasciata Malta, fu eletto arcivescovo di Corinto, andò nunzio in Polonia, poi a Madrid, e ricevè il cappello cardinalizio nel 1675; morì quasi centenario il 3 luglio 1726 (5). Il suo suc- cessore, mons. Angelo Ranuzzi dei conti della Porretta, era un patrizio bolognese su' quarant'anni, entrato in prelatura dopo essersi laureato a Padova ed aver fatto lunghi viaggi nell'Europa settentrionale. Gol grado di referendario di Segnatura, aveva governato Urbino e Rimini, Ancona e Camerino e provveduto alla tutela

« tione del posto in armata fatta a questa Capitana l'anno passato ; per

* il qual aggiustamento dice haver ordinato al suo ambasciatore in Ve- « netia di promovere ogni piìi applicato negotiato ; e questo motivo lo « stimano questi signori fatto in Francia da' medesimi Venetiani per « uscire con loro reputatione d' impegno e mostrare di restituire il solito

* posto a questa Capitana per intercessione del re di Francia, al quale « per parte di questa Religione non era sin hora stata fatta parola in-

* torno a tal particolare » .

(1) De Hammer, p. 93 ; Romanin, pp. 446-47.

(2) Disp. III.

(3) Dal Pozzo, pp. 332-33.

(4) Malfa, voi. 21, disp. del 12 aprile 1666.

(5) LiTTA, Famiglie celebri italiane {Famiglia Marescotti), tav. Ili ; GuARXACGi-CiACCONio, Vitac et res gestae Pontiflcum roìnanornm, Ro- mae, MDCCLI, l, ce. 73-76.

iO PAOLO PICCOLOMINI

dello Stato ecclesiastico in occasione della contesa con Luigi XJV (1). Arrivò a Malta il 12 febbraio 1667 (2), latore di un breve pontifìcio e di una lettera del cardi- nal nipote a Nicolò Co toner (3), successo nel gran ma- gistero al proprio fratello Raffaele, il 23 ottobre 1663 (4). Alessandro VII aveva promesso per il 1667 ai Veneziani le sue navi, che dal '62 non avevano più dato loro alcun soccorso (5) ed esortava i Maltesi ad imitarlo. Ve- ramente il bisogno era urgente, la guerra di Gandia poteva dirsi entrata nel periodo critico. I Turchi mo- stravano di volersi impadronire ad ogni costo dell' isola di Minosse; raccoglievano il nerbo delle loro forze (6)

(1) GuARNAGCi-CiACCONio, I, cc. 205-8; Palazio, Fasti cardinnlnim omnium S. lì. E., Venetiìs, MDCGIII, IV, pp. 440-41.

(2) Malta, voi. 22, disp. del 12 febbraio 1667. * La moltitudine « de' banditi eh' infestat'a/^o per terra tutto il tratto di questa spiaggia

* {deir Italia meridionale) sino in Calabria > lo costrinse a viaggiar per mare {Malta, voi. 21, disp. del 24 dicembre 1666, da Sorrento).

(3) Malta, voi. 22, disp. del 5 febbraio 1667.

(4) Dal Pozzo, pp. 307-9.

(5) Guglielmotti, Storia della marina pontificia. Vili : La squa- dra ausiliaria della ìnarina romana a Candia ed alla Morea. Storia dal 1044 al 1090. Roma, 1893, pp. 273-75.

(6) Malta, voi. 22, avvisi del 26 marzo 1667 : * Tartana giunta

* d'Alessandria, che passa a Marsiglia, ha dato avviso che da quel porto

* si fossero sciolte sopra venti vele piene di monitioni da bocca e da

* guerra, con due mila huomini da sbarcarsi in Gandia, confermandosi

* sempre più i sforzi eh' è per far colà nella prossima campagna il Gran

* Turco » ; ib., avv. del 9 aprile : « .... Le navi partite di detta città {Ales-

* sandria).... per portar monitioni e gente in Candia erano state incon- « frate e combattute a Capo Spada dall'armata veneta, che s' impadronì

* di cinque, alcune affondò et il rimanente perseguitò sino a Napoli di « Romania, dove le teneva sequestrate e rinchiuse, essendosi giuntate

* coi Veneti alcuni vascelli corsari di quest'isola. Del sudetto convoglio

* era passato nella Canea solo u'n pelacchio (vedi in proposito Ardi. Star. *ltal., disp. 1* del 1909, pp. 69-70, n. 5) et una tartana»; ib., avv. del 30 aprile : nave francese proveniente dal Cerigo recava * che il primo

* visir si trovasse indisposto, il che non ostante, si proseguivano in « Candia i preparamenti per l'assedio di quella metropoli, essendo pronti «a tal effetto da 50 m. soldati, et altri in buon numero n'attendev'egli

CORIUSPONDENZA TRA ROMA E l'iNQUISITORE DI MAI/l'A il

ed il gran visir Ahmed Koeprili si recava in persona a dirigere le operazioni militari che avevano per obiettivo l'espugnazione di Gandia, città capitale (1). Illustrava la difesa il marchese Francesco Villa, spedito dal duca di Savoia alla testa di due reggimenti e preposto dai Veneziani al comando delle fanterie (2) ; venivano a quando a quando anche a Malta notizie di sue gesta (3). Mons. Ranuzzi fu sollecito a presentare al Cotone r le missive del papa e del card. Chigi ed a corroborar le loro domande con stringenti raccomandazioni. « Non « bastava il dire che ogn'anno si manda fuori a danno « de' Turchi, perchè il pighar mercantie e vascelli di « particolari non era di molto danno alla monarchia « ottomanna, la quale per questo non diventava niente « più debole apprendeva (4) maggiormente le forze « Christiane, e non ne veniva alcun bene alla Christia- ne nità...; anzi, alla Religione ne risultava piti tosto danno, « irritandosi in tal modo così potente nemico senza «fargli male»; si adduceva l'esempio di Sua Santità,

I

« da Costantinopoli, usciti di già dalle bocche de' Dardanelli ; onde i * Veneti erano andati in traccia dei legni che gli portavano, con disegno « d'attaccarli » ; Malta, voi. 22, avv. del 2 luglio : nave proveniente da Tri- « poli recava che colà era arrivato un chiaus {usciere del divano : cfr. Ardi . « Stor. ItaL, disp. 1* del 1909, p. 116, n. 1) inviato dalla Porta per soUeci- « tare l'uscita de' vascelli da quel porto alla volta di Candia, e che altri « chiaus pure erano passati a Tunesi e ad Algieri per il medesimo effetto », disp. IV. Cfr. DE Hammer, pp. 104-5, 121-22, 125, sui preparativi e sulla missione ai Barbareschi di Mohammed-agà.

(1) RoMANiN, pp. 448-49 ; de Hammer, loc. cit.

(2) RoMANTN, pp. 447-48; de Hammer, p. 125; Bernardy, Venezia e il Turco nella seconda metà del secolo XVII, Firenze, MCMII, p. 43.

(3) Disp. IV; Malta, voi. 22, avv. citt. del 9 aprile 1667: la nave francese annunziava « che il marchese Villa havesse respinto una grossa « truppa di Turchi avvicinatisi a Candia e fattone con una mina volar « in aria buon numero » ; avv. del 28 maggio : Era ■« risoluto di difender la città sin all'ultimo spirito»; avv. dell' 11 giugno: Aveva « messo in buon stato di difesa la piazza ».

(4) Appréhendaìt (! !).

4:2 PAOLO PICCOLOMINI

che « con studio e premura particolare procurava di « soleva re la reverenda Camera da' debiti, per accrescere « i soccorsi ordinari! che somministrava alla repu- « blica » (1). La Religione acconsentì a mandar la squa- dra, poiché r intervento di quella romana dirimeva la questione di precedenza fra Malta e Venezia (2); il Gran Maestro si toglieva agli spassi della caccia e del car- nevale (3) per spiegar « vigilanza grande.... nella diret- tione del buon governo » delle navi che, agli ordini di fra Gilberto del Bene, dovevano « seguir sempre » quelle « di santa Chiesa ne mai separarsi » da esse « se non dopo .il loro ritorno a Messina » (4).

Mentre i fuochi sudavano a preparar metalli, per dirla in stile seicentesco, il Cavaliere Preti continuava a decorar col suo pennello la chiesa di S. Giovanni (5).

Le cose parevan dunque bene avviate. Ma non

(1) Malta, voi. 22, disp. del 16 febbraio 1667.

(2) Ib.

(3) Malta, voi. 22, avv. del 15 febbraio 1667 : « Trasferitosi ne' giorni

* passati il signor Gran Maestro a godere la serenità del tempo e la pia. « cida stagione che corre, alla sua villa di S. Antonio, si è divertito ivi

* con caccie lepri e col tratteniinento di molti Cavalieri, stati del con-

* tiniio a riverirlo ; e domenica {13 febbraio ; cfr. Mas Latrie, Trósor de

* rhronologie, dliistolre et de géographie, Paris, 1889, e. 400) fu da al-

* cuni signori spagnuoli rappresentata in detta villa una burletta nella

* lor lingua.... Avvicinandosi il tempo di carnevale, che qui si fa per tre «giorni soli, si è preparato un balletto nell'Albergo dell'Italia*. Tra le feste carnevalesche in uso a Malta, notevole la « comparsa delle galee ben ornate fuori del porto, con salve, lumi....» {Malta, voi. 17, avv. del l.ó febbraio 1662).

(4) Malta, voi. 22, avv. del 19 febbraio 1667.

(.5) Ib. : * Il Cavaliere calabrese fra Mattia Preti.... ha terminata « l'opera della vita di san Giovanni Battista, riuscita di grand' ornamento

* per l'inventione e per la vaghezza della pittura; e sopra il cornicione « della porta maggiore, nella parte di dentro, ha rappresentato al naturale

* il presente signor Gran Maestro et il defonto, questo in atto di comandare « la squadra delle galere e quello somministrando il vitto ai poveri infermi « dell' Hospidale ». Cfr. Dal Pozzo, p. 302.

COHRISPONDENZA TUA IlOMA K l/lNOriSlTOIlK DI MALTA 4'^

c'era da fidar troppo nei Maltesi; l'astio contro Venezia era in essi più vivo e più pazzesco che mai (1); la no- tizia che il pontefice era malato, la voce che le sue navi non verrebbero altrimenti, bastavano a sollevar di nuovo la questione di precedenza, a rallentare i preparativi prima, a trattener poi la squadra in porto (2). Di fronte ad una ostinazione così ingenerosa, così miope nei vecchi pregiudizi, come non associarsi al Gran Maestro, che, parlando con l'inquisitore de' suoi GavaUeri, usciva a dire (3): « Se bene sono tutti cavaglieri, sono poi final- mente fratacci »? (4).

Salpavano, come Dio volle, il 1 " maggio le galere « tutte proviste abbondantemente di quel che occorreva, « ed erano montati in esse da 40 Gavaglieri più del « solito. Fra gl'altri v'era il signor Gavaglier d'Hancourt « (Harcourt) in qualità di venturiero, havendo seco la « sua famiglia e bagaglio, e qualche somma di contante, ^< per mantenersi fuor di galera, secondo il disegno fatto « da lui di sbarcare in Gandia e di mettersi alla difesa « di quella piazza » (5). Unitesi in Augusta alle navi pon- tifìcie comandate da Giovanni Bichi (6), arrivavano in- nanzi a Gandia il 4 luglio, ed il 20 ebbero un rinforzo di otto galere napoletane e sicule (7), rinforzo atteso non

(1) Disp. V.

(2) Disp. VI ; Malta, voi. 22, disp. del 30 aprile 1667 : « Fu sparsa ne giorni passati per tutto questo con vento una voce che il signor prior Bichi non fosse per condur più la squadra pontifìcia in Levante, e su questa credenza s'andava prolungando la mossa di queste.... Io non mancai di strepitare sopra di ciò e di dolermi che fosse prestata fede a una voce senza alcun fondamento.... ».

(.3) Malta, voi. 22, disp. del 16 febbraio 1667.

(4) Con che non s' intende che tutti i frati, o la maggior parte di ssi, sieno fratacci. Absit !

(ó) Malta, voi. 22, avv. del 30 aprile 1667.

(6) Arch. Stor. Bah, disp. 2^ del 1910, p. 315.

(7) Dal Pozzo, pp. 339-40 ; Guglielmotti, pp. 277-78.

PAOLO PICCOLOMINI

senza qualche trepidazione (1). Frattanto Candia era stretta di assedio. La diplomazia aveva tentato ancora una volta di compor l'ostinata querela; ma invano (2). Francesco Morosini venne, comandante supremo, a tener testa agli assalti, ai bombardamenti, alle esplosioni delle mine (3); l'Ordine di S. Giovanni era rappresentato onò-

(1) Malta, voi. 22, disp. del 25 giugno 1667 : * Le galere di Napoli « si trattengono tuttavia in Messina e quelle di Sicilia non si sono an- « cor mosse, per unirsi con esse e l'una e l'altra squadra mancano

* biscotto e d'altre provisioni, in modo che qui s'è fatto giuditio che

* non siano, più per far il destinato viaggio, essendosi anco inteso che

* il viceré di Sicilia havesse mandato ordine per tutto quel regno acciò

* fossero munite le miglior piazze, ingelosito forsi dalla mossa del re di

* Francia e dalle forze ch'egli tiene pronte nel Mediterraneo ».

(2) Malta, voi. 22, avv. dell' 11 giugno 1667 : Tartana proveniente da Milo recava * che il visir con l'esercito havesse attorniato Candia, ma

* non ancora alzato terreno ; che havesse 40 m. soldati in circa, ma che

* giornalmente crescesse il numero di essi per i soccorsi che gli venivano

* da tutte le parti dell' imperio ottomano ; che havendo intrapresa la fa- ■K brica d'un forte nel Lazaretto della città per batter il porto, gli fosse

* stato impedito da quei di dentro ; che havesse fatto dar alcuni assalti « e ne fosse stato respinto con perdita ; e che fosse seguita una sospension

* d'armi, di due mesi, per dar avviso al Senato veneto della propositione

* della pace fatta dal visir, cioè di dividere il regno di Candia, et una

* parte restasse al Turco, 1' altra alla republica, quale però dovesse de-^

* molire la fortezza della Suda...; e che tutti gì' offitiali e soldati del « presidio fossero disposti a una vigorosa difesa di essa ». La notizia

* della tregua non fu confermata (ib., avv. del 25 giugno). Cfr. Romanin, p. 449 ; Bernardy, pp. 49-50.

(3) Malta, voi. 22, avv. del 28 maggio : Vascello francese, partito da Candia sedici giorni prima, « dava per certo l' incominciato assedio di

* ((uella metropoli, attorno la quale fosse stata fatta di già la linea di

* circonvallatione e piantata una batteria di 16 pezzi di canone...; e che

* 15 vascelli di Barbarla fossero passati fra capo S. Angelo e Cerigo per « andar in Constantinopoli a unirsi con altri 40 legni preparati per portar « i soccorsi all'armata del visir, fra' quali vi fossero, tutti quelli del con-

* voglio di Genova, che condusse alla Porta il ministro mandatovi da

* quella republica; e che all'incontro i Veneti, per impedirlo, hayevano « messo insieme il maggior numero possibile di legni e richiesti tutti i cor-

* sari di quest' isola a unirsi seco ; e che, per difesa del porto della città

* assediata, si facesse fare una forte muraglia dal signor marchese Villa » ;

c()riusp()M)i:nza i ha homa e l inquisitore di malta

Malta, voi. 23, avv. del 25 giugno: Tartana francese proveniente da Milo recava •« che il primo visir havesse piantato quattro batterie, ciascuna di « 20 pezzi di canoni grossi attorno Gandia.... In oltre, ha portato che i Tur-

* chi ha vesserò depredato et abbrusciato il luogo di Paris e fatto schiavi « sopra 200 quei Greci, l'orsi per levare a' Veneti la comodità di sver-

* nare in quel porto, come solevano fare »; Disp. VII ; avv. del 23 luglio : notizia « che il Turco andava sempre piìi stringendo la città di Gandia •« con 9 battarie, una delle quali era piantata al Lazzaretto e batteva

* il porto di detta città, in maniera che veniva molto difficultato 1" in- « gresso, e che l' inimico s'era accostato alquanto alle mura della città * ; avv. del 6 agosto: Per mezzo di nave proveniente da Spinalonga «s"è « inteso che il generalissimo veneto haveva mandato alla Stantia una « galera per levar il Gavaglier conte d'Arcourt..., e che, essendo ivi < arrivato, il signor marchese Villa l' haveva trattato con ogni maggior « dimostratione d' honore e stima.... Essendosi l' inimico impadronito « d' una fortifìcatione esteriore, n' era poi stato scacciato con una vigo- « rosa sortita fatta da quei di dentro, tra' quali il predetto Gavaglier conte

* d'Arcourt, essendosi portato valorosamente, era restato lievamente tocco

* d'archibugiata in una guancia; e il colonnello la S.... nza, provenzale,

* era restato un poco ferito anch' esso da un colpo di frezza in fronte.

* S'aggiunge che la piazza fosse abbondantemente provista di monitioni « da bocca e da guerra e che, con la direttìone e valore del signor mar- « chese Villa, l' inimico non poteva conseguir vantaggi » ; avv. del 27 ago- sto : « Tartana maltese giunta qua in 18 giorni da Spinalonga ha dato « avviso che i Turchi sotto Gandia havessero fatto una mina che pene-

* trava sotto la città, ma era stata scoperta da quei di dentro ; che i ne- « mici stringessero grandemente la piazza e che in vigoroso attacco fatto « da essi fosse restata morta gran gente della loro, non senza mortalità

* de' nostri ancora, fra' quali due camerate del conte d'Arcourt sono re- « state estinte, quasi tutti gì' altri feriti e lui stesso colpito d'una frezza

* nel viso, e che il signor marchese Villa havesse richiesto soccorso di

* gente al generalissimo per resistere a così gran forze dell' inimico » ; avv. del 3 settembre : « Non s' è mai vissuto con tanta impatienza delle nove Gandia come al presente » ; si confermano gli avvisi del 27, rettiticando che il d' Harcourt fu ferito « di moschettata sotto un occhio ; « che degli nove Gavaglìerì che si trovavano seco per venturieri, ne fos- « sero morti due, cioè il Gavaglier Langeron, alvergnasco, et un altro...; « che i Gavaglieri Mascarani, Garboneau e Mauronsìer fossero feriti e che

* tutte le squadre di galere ponentine fossero per sbarcare qualcHfe ìnfan- « tarìa per il bisogno della piazza »■ ; avv. del 17 settembre : « Da un « huomo.... partito Gandia quìndecì giorni prima s'intese come in quel « tempo l'inimico haveva dato alle fortificatìoni esteriori di quella piazza « tre flerìssìmi assalti e che n' era stato vigorosamente ributtato dai di -

* fensori con perdita di cinque in seimila Turchi e di settecento in circa

* de' nostri ; e che 1' armata sottile trovava nell'Arcipelago all' isola «dell'Argentiera all'agnato qualche squadra galere baìliere che

46 PAOLO PICCOLOMINl

revolmente nella bella difesa dal ricordato Cavaliere Alfonso d'Harcourt e dai suoi seguaci (1). Anche la squadra fece il suo dovere; quantunque i puntigli non tacessero (*2), quantunque a cimento navale importante non si venisse mai (3), pure essa e le altre collegate alleggeriron di molto il peso che gravava sulle spalle dei Veneziani (4). Ritornava a Malta il 19 settembre (5).

* tenevano avviso dovessero passar per quei mari *; Malta, voi. 22, avv. del 15 ottobre : Vascello proveniente dall'Argentiera, dove aveva preso lingua con i Veneziani, reca «che la piazza di Candia tuttavia si difendeva valo-

* rosamente, senza pericolo alcuno di caduta, e che nell'armata nemica vi

* era gran mortalità d' huomini, per maligne intluenze come anco per

* la penuria de' viveri..., dove all'incontro nella città di Candia si stava

* con buona salute e con abbondanza tanto di viveri come di munitioni « da guerra » ; avv. del 22 ottobre : « Il Gavaglier d'Harcourt che si tro-

* vava in Candia alla difesa di quella piazza, ha fatto ritorno con queste

* galere {di Malta) sino a Messina, dove s' è imbarcato sopra la capitana

* di Nostro Signore per far ritorno a Roma e quindi in Francia. Porta

* in faccia il segno d'una ferita ricevuta in quell'assedio. IJieri sera « giunse una tartana francese che mancava pochi giorni da Candia, diede « avviso haver i Turchi levato la batteria e sloggiati dal posto del Laz- ■« zaretto, che bersagliava l'ingresso nella darsena ». Si annunziò da varie parti « che il primo visir, dopo haver perduta molta gente in un attacco fatto indarno, nel quale, datosi dai nostri il fuoco ad alcune mine,

* erano volati molti Turchi in aria, havesse slogiato di sotto Candia * (avv. del 12 novembre) ; ma il 19 novembre si scriveva « non esser poi

* vero che il Gran visir havesse sloggiato di sotto Candia, anzi che persi-

* stesse più che mai, ma però senza profìtto, onde si spera che, soprave-

* nendo le pioggie maggiori, debbo esser costretto ad abbandonar l' im- « presa.... È giunto qua un Greco dal Zante, spedito dall' agente eh' ivi

* risiede per questa Religione, per anco s' è penetrato per qual effetto ;

* solo si discorre possa essere per qualche impresa proposta per la ven- « tura campagna, già che nella passata fu discorso d' intraprendere quella « di Santa Maura, che non fu poi eseguita ». Cfr. Dal Pozzo, pp. 339-41 ; ROMANIN, pp. 448-52; de Hammer, pp. 122-24; Bernardy, pp. 48-49; Ter- LiNDEN, Le pape Clément IX et la guerre de Candie (1667-69) d'aprés les Archives secrètes du Saint-Siège, Louvain-Paris, 1904, pp. 116-20.

(1) Vedi nota precedente ; Cfr. Dal Pozzo, p. 395.

(2) Disp. VII.

(3) Id. ; cfr. Dal Pozzo, pp. 339-42 ; Guglielmotti, pp. 277-86.

(4) Dispp. VIII-IX.

(5) Dal Pozzo, p. 342.

COHRISPONCENZA tua roma K l'iNQI ISITOHK DI MAI.TA Ì7

Sin dal 22 maggio era morto papa Alessandro VII, di cui tanto si chiamavano scontenti i Veneziani (1); vicino ad uscir di vita, si era ricordato affettuosamente dell' isoletta lontana (2), ove tanti anni prima aveva eser- citato l'ufficio d' inquisitore (3). Il 20 giugno il Sacro Collegio innalzava al papato Giulio Rospigliosi, segre- tario di stato dell'estinto pontefice, il quale si chiamò Clemente IX. Segretario divenne il cardinale Decio Az- zolino (4), che il 25 cominciò a tener la corrispondenza con mons. Ranuzzi (5), presto sostituito (6) da Giacomo Rospigliosi, nipote del papa, al quale fu data la por- pora il 12 dicembre 1667 (7).

Salvar Candia dai Turchi era stata preoccupazione costante di Clemente IX ancor prima di salire al trono (8). Raccolta appena la successione di Alessandro VII, si die' a tutt'uomo per unir l'Europa cristiana contro la Mezzaluna, per somministrare aiuti di uomini e denaro a Venezia quanto più poteva (9). Prima sua cura fu

(1) Ardi. Stor. Ital., disp. 2^ del 1910, pp. 308 e segg.

(2) Vedi in proposito il mio Carteggio inedito di Fabio Chigi, lìoi papa Alessandro VII, in Bullettino senese di storia patria, XV, pp. 99 e segg., 105, 106-9.

(3) Vedi Malta, voi. 85, disp. 3 maggio 1667, con cui si annunzia al Ranuzzi il dono di paramenti sacri fatto alle chiese maltesi dal papa, « che hsiveva riguardato sempre cotesta città, dove hsiveva dimorato, con « occhio di paterno affetto » e si era * risoluto di "farvi qualche pia dimo- stratione di memoria».

(4) Terlinden, pp. 47-50, 53.

(5) Malta, voi. 85, intitolazione del secondo fascicolo : Primo re- gistro di lettere scritte dal signor cardinal Assolino.,..

(6) Il 10 marzo 1668 ; Malta, voi. 85, annotazione dopo il disp. del 3 marzo : * Qui comincia a sottoscrivere il signor cardinal Rospigliosi *.

(7) Giagconio-Oldoini, Vitae et res gestae Poiitifìciim Bomanornm et S. R. E. Cardinalium, Roma, MDGLXXVll, IV, e. 785.

(8) Terlinden, pp. 26, 50.

(9) RoMANiN, p. 452 ; Guglielmotti, pp. 291-92 ; Terlinden, pp. 50-76. Vedi anche Malta, voi. 85, disp. 9 luglio 1667, che partecipa a mons. Ra- nuzzi la spedizione di un foglio circolare «intorno all'applicazione di

48 1»A0L0 PICCOLOMINI

('oiifermar Tordi ae impartito il i23 maggio dai cardinali al Bichi (1) di protrarre la permanenza in Levante. I Maltesi fnron subito informati delle generose intenzioni del papa (^) e si mostravano disposti a secondarle (3). Allorché dunque la Santa Sede fece informare il Gran Maestro che le navi romane sarebbero venute nel 1668 a soccorrere i Veneziani, comandate dal bali Vincenzo Rospigliosi, nipote di Sua Santità, ed invitò la Reli-

* Sua Santità a soccorrere la republica veneta ne' bisogni di Candia con-

* tro '1 Turco». In questa circolare, reperibile, com'è avvertito, n^ re- ^'istro della corrispondenza col nunzio di Vienna, sotto la data del 9 lu- glio (Arch. Segr. d. S. Sede, Germania, ann. I, voi. 34, ce. 144'-45') si dice che il papa superava « con la magnanimità del suo cuore apostolico

* l'angustie de' suoi stati, impoveriti non meno di sudditi che di de-

* naro * (e. 144").

(1) Guglielmotti, pp. 275-76.

(2) Malta, voi. 22, disp. del 30 luglio 1667 : * Havendo fatto pa-

* lesi per questo convento gì' aiuti che Nostro Signore con tutti i « maggiori sforzi va soministrando alla republica di Venetia et a tutto

* il Christianesimo..., ne sono state date infinite laudi et applausi a « Sua Santità.... S' è inteso qui parimente con gusto universale che

* la Santità Sua habbia stabilito che la sua squadra di galere insieme « con questa di Malta si dovessero trattenere in Levante sino per buona « parte, e forsi anco tutto il mese di settembre..., essendosi visto che

* negl' altr' anni quando sono andate e poco dopo ritornate non hanno

* havuto occasione di segnalarsi nell' imprese » ; voi. 85, disp. del 29 ot- tobre : spedizione di una circolare sulla missione affidata a mons. Fran- giotti (cfr. Terlinden, Le pape Clément IX et la guerre de Candie (l(}()7-lCì6U) d'après les archives secrétes du Saint-Siège. Louvain- Paris, 1904, pp. 56 e segg.) « perchè unite le armi cattoliche a' danni

* del comune inimico, si sottragga la nostra santa fede al pericolo

* grave che le sovrasta ». Vedi anche Malta, voi. 22, disp. del 24 dicem- bre 1667.

(3) Vedi nota prec. e Malta, voi. 22, disp. del 31 dicembre : « Per

* il convento si parla della risolutione presa dal primo visir di mante-

* nere per il corrente inverno l' impresa di Candia senza abbandonarla,

* come si credeva. Nel che essendo molto interessata questa Religione, *s"è già dato principio a far qualche provisioni di monitioni e atrezzi

* militari per servitio di questa piazza. E se Sua Santità risolverà di

* mandare la sua squadra in Levante, questa della Religione sarà alle-

* stita per accompagnarla, come fece l'anno passato ».

CORRISPONDENZA TRA ROMA K L JNOl ISITORK DJ MALTA

gione ad accordare le proprie per il medesimo scopo (i), la risposta favorevole venne sollecitamente. Non fu con- sentito di assoldare ed imbarcai'e qualche rinforzo per la guarnigione di Gandia (2); ma fu stabilita « provi- « sione di marinaresca..., oltre al rinforzo di Cava- le lieri e soldati..., affinchè ne passa^ò'e alcuna parte in « quelle di Nostro Signore » (3), e riuscì graditissima alla Corte di Roma (4).

L'assedio era continuato durante l'inverno (5); l'eroismo dei difensori non diminuiva, ma non bastava

(1) Malta, voi. 85, disp. del 31 dicembre: « .... È necessaria, a •« proporzione del bisogno, sollecitudine e vigore straordinario ; onde « vuole Sua Santità che a questo particolarmente sia rivolta l'opera di «Vostra Signoria», scrivevano da Roma all' inquisitore, aggiungendo : « Confida Sua Santità che essendo questa la prima uscita che nel suo « pontificato havranno a far coteste galere con quelle di Sua Beatitudine, < vorrà il signor Gran Maestro e tutta la Religione far risplender parti-

* colarmente qualche dimostratione non usata di stima non solo della « gravezza della causa pubblica, ma della premura singolare che vi ha « la Santità Sua.... A questo signor ambasciator di Malta (fra Francesco « de Coumuns; Dal Pozzo, pp. 310, 332, 345) ha fatto Nostro Signore « pervenire il suo desiderio per. mezzo del signor cardinal Rospigliosi ».

(2) Malta, voi. 24, disp. der4 febbraio 1668 : « Sua Eminenza mostrò « gran contento che dovesse uscir in persona l' eccellentissimo signor « baglivo {Bospigliosi).... Lo attastai se havesse voluto assoldar qualche « numero di gente da lasciar in terra, se fosse bisognato. Disse che le « galere non potevano portar tanta gente che bastasse da lasciarne in «terra e da restar ben munite per loro sicurezza e difesa; ma che per

* fare uno sbarco e tentar qualche impresa per dover poi ritornar in ga-

* lera, vi sarebbe stato sufficiente numero di soldati.... Dopo ciò, parlai « ad alcuni Gran Croci, miei più confidenti, esortandogli a segnalar il loro « zelo in questa grave occorrenza..., ma mi dissero formalmente che ciò « non poteva riuscire, perchè non si ritrovarebbe più chi pigliasse soldo « per 'servire ».

(3) Malta, voi. 85, disp. del 14 aprile.

(4) Ib.

(5) Malta, voi. 22, avv. del 31 dicembre 1667 : Vascello francese pro- veniente da Zante « ha dato avviso che il primo visir havendo assicurato « le fortifìcationi, trinciere, batterie e tutti i lavori fatti per terra attorno « la piazza di Candia e riparatele da ogni danno che potessero ricevere

4

50 PAOLO PICCOLOMIN]

da solo a tenere indietro i Turclii (1). Grande la neces- sità d'aiuto; al Ranuzzi, trasferito nunzio a Torino (2), si permetteva di partire solamente « lasciato ch'egli have.svse nella disposizione conveniente la spedizione» delle galere maltesi « di conserva con le pontifìcie al

« dalla stagione hiemale, haveva lasciato alla cura di èssi 5 m. soldati,

* e poscia s'era ritirato col resto dell'esercito in Candia nuova per esser «ivi vicino e pronto a ogni tentativo che facessero i Veneti, havendo •« disegno di conservare l'acquisto fatto sin hora sotto la piazza, per pro- « seguir poi l'impresa nella stagione opportuna. Con l' istesso legno s'è « intesa la morte del segretario veneto Chiavarino, seguita nel campo « turchesco, dove il primo visir sin nell'estate passata 1' haveva chiamato « per trattar seco la pace ; et essendo morto nell' istesso giorno il suo-

* segretario e sei altri del suo seguito, si crede che sia stata per veleno, « del che però s'attende maggior certezza » (cfr. de Hammer, p. 124, sulla morte dei negoziatori veneziani al campo turco, Giavarino e Padarino). Malta, voi. 24, avv. del 7 gennaio 1668 ; Vascello francese proveniente da Smirne reca « che la premura del primo visir fosse.... di procurare intanto

* da tutte le parti dell' imperio ottomano validi soccorsi di gente, pronti per «la prossima primavera...; ma che potesse incontrare difficoltà, per la « repugnanza che tutte le nationi mostravano d'andar a servire in Candia » ; avv. del 14 gennaio : Vascello francese proveniente da Zante reca « che il « primo visir manteneva tuttavia l'assedio, travagliando incessantemente « la piazza con le batterie, in maniera che i difensori havevano comin- « ciato a fabricare nuove fortifìcationi dentro la città, risoluti di fare ogni « più vigorosa resistenza al nemico sin che vi sarà terreno » ; avv. del

17 marzo : Tartana francese proveniente da Costantinopoli reca « che « i Turchi havessero abbandonato il forte di Panigra, indeboliti per la « gran mortalità cagionata dalla peste, dai patimenti di freddo e dalla « penuria de' viveri nel lor campo ; che in Costantinopoli erano stati im- « barcati sopr' alcuni legni francesi due milla (sic) huomini per trasmet- « tere in Candia ; ma la maggior parte era morta di peste per strada, e « si procurava di raccoglierne d' altre parti dell' imperio ottomano, se « bene riusciva difficile per la grand' avversione che ogn' uno dimostrava « a servir in quel regno *. .

(1) Il 28 gennaio 1668 si annunziava la prima volta a Malta « che « cresceva in quelle parti {di Candia) il timore che fosse per cadere, men- « tre non riceveva in breve soccorsi considerabili » {Malta, voi. 24, avv. del 28 gennaio).

(2) Malta, voi. 85, disp. del 14 gennaio 1668 ; voi. 24, disp. del

18 febbraio.

CORRISPONDENZA TRA ROMA E L'INQUISITORE DI MALTA 51

viaggio di Levante » (1) ; si raccomandava poi perchè sciogliessero « quanto più presto fosse possibile » (2).

Mons. Ranuzzi partiva il 7 aprile, dopo aver tenuto l'ufficio ne pur quattordici mesi (3), forse perchè troppo mescolato a certi dissidi fra Clemente IX e l'Ordine gerosohmitano (4); morì circa venti anni più tardi car- dinale arcivescovo di Bologna (5). A Malta subentrò in suo luogo Carlo Bichi, dei marchesi di Roccalbegna, eletta famigha senese che aveva già dato alla Chiesa due cardinali. Entrato in prelatura sotto Alessandro VII, contava appena trent'anni quando poneva piede nel- l'isola il 22 agosto 1668(6).

La serie degli inquisitori maltesi, della cui corri- spondenza ci occupiamo, si chiude con lui; finisce per- ciò con un Senese, come con un Senese era cominciata. I dispacci guadagnano alquanto pare a me in brio di stile, in eleganza di forma ora che la penna è retta un' altra volta da un cittadino di Fontebranda, come dopo la partenza del Gori Pannilini (7) non era più avvenuto, fatta eccezione, forse, per monsignor degli Oddi (8); ciò mi sembra question di buon gusto, non di campanilismo, e spero sembrerà tale anche ai lettori.

La squadra gerosolimitana salpava il 5 maggio, comandata da fra Clemente Accarigi (9) ; non prima del

(1) Malta, voi. 85, disp. cit.

(2) Ib., disp. del 21 aprile.

(3) Ib., voi. 24, disp. dell' 11 aprile.

(4) Dal Pozzo, pp. 343-47.

(5) GUARNACCI-GlACCONIO, cc. 205-8.

(6) Malta, voi. 24, disp. del 24 agosto. Intorno a mons. Bichi, vedi GuARNACGi-GiAccoNio, 1, cc. 355-58; Gigli, Diario sanese, Lucca, MDGGXXIll, I, p. 101.

(7) Arch. Stor. Ital., disp. l'^ del 1909, p. 55.

(8) Vedine la corrispondenza, ivi, disp. 2*^ e 3* del 1910, pp. 345 e segg. e 3 e segg.

(9) Dal Pozzo, p. 351.

l'AOLO !»lCCOL()MliM

5 giugno la raggiunse la pontifìcia ne prima del 7 luglio si unirono entrambe alla veneta (1), ancora vittoriosa a Po(lella(2). I dispacci del Bichi recano varie notizie sulla campagna marittima, la quale, dopo alcuni leggeri van- taggi — scaramuccia alla Suda (3), conquista incruenta del piccolo forte Santa Maria (4), dispersione di un convo- glio ausiliario turchesco (5) finì precocemente per le croniche gelosie fra Marcheschi e Maltesi. Questi ultimi, indispettiti, si ritirarono la notte dal 28 al 29 agosto (6), quando eran cresciuti e sempre andavan crescendo i pericoli per Gandia (7) e viepiù s' invelenivano i Mus- sulmani. Il sultano Maometto IV in persona scendeva dalle cacce di Tessaglia nella Morea (8), avvicinandosi al teatro della guerra per animare i suoi prodi nel ci- mento finale, presentito ormai poco men che immi-

(1) Dal Pozzo, p. 351 ; Guglielmotti, p. S296.

(2) RoMANiN, pp. 453-54.

(3) 12 luglio.

(4) 3 agosto.

(5) Dìsp. X-Xl; cfr. Dal Pozzo, pp. 35^53 ; Guglielmotti, pp. 296-3(K).

(6) Guglielmotti, pp. 309-11 ; Terlinden, pp. 124-25. L' aveva predetto Giacomo Quirinì, oratore veneziano, il 22 febbraio, leggendo in Senato la Relazione della sua ambasceria quadriennale a Roma : * Co-

* manderà {il papa) che (i Maltesi) con la squadra delle galee passino

* in Levante ; ma TEE. VV. avvertano che disgustissimi (sic) si chiamano

* delle procedure d'armata a causa del stendardo e della mano dritta,

* procurando d' inferire qualche nota di mancamento alla propria squa-

* dra, quando potessero con evidenza di . prova portare svantaggi agli

* interessi della Ser. V. » (vedi la Relazione Quirini in Barozzf-Berghet, lielazloni degli Stati Europei lette al Senato dagli atnbasciatori veneti nel secolo X VII. Serie III : Italia. Reiasioni di Roma, II (Venezia 1878), p. 338).

(7) Dispp. X-XI, XIII, XVI;. Malta, voi. 24, avv. del 10 novem- bre 1668; disp. del 12 novembre.

(8) Ih., avv. del 15 settembre : Si annunzia « che il (jrande Si- « gnore fusse partito d'Andrianopoli per andar in Morea ad accudire

* all' impresa di Candia », disp. XIII. Cfr. de Hammer, pp. 116-17 ; Ber- nard y, pp. 4^51.

CORRISPONDENZA TRA ROMA E L INQUISITORE 1)1 MALTA

nente (1). Eppure, tanto poteva la passione su quei pun- tigliosi e cocciuti seicentisti, che non mancava a Malta chi volentieri avrebbe abbandonato Cancha a se stessa per vendicarsi di Venezia (2). Giustizia vuol però si rico- nosca che la maggioranza, ubbidiente alla voce di mon- signor Bichi, dichiarò non esser « conveniente desi- « stere dai buoni proponimenti per una causa partico- « lare, mentr'in soccorer (sic) Gandia si trattava deUa < comune » (3).

Al punto cui eran ridotte le cose, non si trattava più di tagliar le comunicazioni marittime ai Turchi, bensì di rinforzare la generosa e stremata guarnigione di Gandia (4). Verso la metà di ottobre passaron da Malta i volontari francesi che il duca di Rouannez (5)

(1) Qui cade l' intervento del padre Tommaso Ottomano {Ardi. Sfar. Ital., disp. 1* del 1909, pp. 47 e segg.)-

(2) Si parlò in Consiglio dell' occorso fra la squadra maltese e la veneta ; « e perchè ciò fu da qualcuno proposto per difficoltare, stimorono « bene gli altri di sfuggire l' opposizione con dire che non era conve- « niente etc...; e però risolvettero d'attender ora alla spedizione del soc-

* corso, e poi si daranno commissari * {Malta, voi. 24, disp. del 22 ottobre). Quando poi mons. Bichi domandava un soccorso di polvere per Gandia, il Gran Maestro non ne voleva sapere. « Per meglio defendersi, volse.... « dire qualche cosa anco de' Signori veneziani, quasi che non lo meri- « tasserò, già che non veniva da loro corrisposto a questa Religione ; ma « per non haver io a entrare nei meriti aggiunge il prelato troncai « ogni discorso con repetergli quello che fin da principio appensatamente « gì' avevo detto, cioè che la piazza di Gandia non è più ora a carico

* de' Signori veneziani, ma della cristianità tutta che v' è interessata per « la sicurezza propria, et anco per la reputatone ; et le soggiunsi che « le differenze erano tali da potersi aggiustare, ma che il danno quale « si riceverebbe per la perdita della piazza sarejDbe irreparabile » (ib., disp. del 18 ottobre ; ved. anche disp. XII). Questo soccorso di polvere era caldamente raccomandato da Roma (ib.,' voi. 85, dispp. del lo agosto e del 16 novembre).

(3) Malta, voi. 24, disp. cit. del 22 ottobre.

(4) Disp. XII; cfr. Terlinden, p. 127.

(5) Francesco d'Aubusson de la Feuillade.

54 PAOLO PICCOLOMINI

ed il conte di Saint-Poi (1) guidavan nell'isola (2), ove già faceva belle prove, in età di settant' anni, il loro compatriota, Alessandro du Puy, marchese di Saint- André-Montbrun (3). L' inquisitore, che, per commis- sione di Roma, aveva domandato all'Ordine un soc- corso di munizioni, prese animo a proporre anche la spedizione di un corpo di volontari e vide bene ac- colte le sue richiestS"(4). Pur troppo, malgrado ogni speranza (5), il concorso dei soldati riuscì assai infe- riore a quello degli ufficiali (6), e questi ultimi eran più volenterosi e prodi che abili (7). Ad ogni modo il Bichi

(1) €arlo d'Orléans.

(2) Malta, voi. 24, avv. del 16 ottobre : Erano « gente bellissima e ben all'ordine » ; il signor « de Villenuove anziano » è tra essi lodato « come soldato di gran valore et esperienza » ; cosi il signor Du Moulin, scudiero della regina, « personnaggio [sic) assai stimato nella corte per il

* suo valore, esperienza et erudi tione, e sopra tutto nell'arcitettura (sic)

* militare ». Questi Francesi « sono tutti armati di spade longhe e fatte a

* posta, d' un fucile, anch' esso longo e nel quale, doppo di sparato, entra

* nella bocca della canna una baionetta longua un poco più d'un palmo,

* d'un paro di pistolle {sic) alla cintura, d'una pertusana e d'un petto

* e morione a botta di moschetto. Conducono seco da cento soldati de- « strissimi a giettar granate, pignate (sic) di fuoco et altri artifficii « di nuova e singolarissima inventione, de' quali ne han una grandis-

* sima quantità. In somma, vanno volontariamente o per far levare l'as-

* sedio o per morire, il solo zelo di combattere per la fede animando

* quelli valorosi fedeli. Li principali vollontari sono li marchesi de Her- « cadeau, de Lare, de Estiss'kc, de Sablé, de la Vrillière, de Thorignì,

* de Vauguyon, Oxestern et Axellilie, svedesi, Molondin, svizzero, de

* Cheiireuil, de Vilandry, de la Moriniere, Pardaglian, de Bellesme » cfr. Dal Pozzo, pp. 353-54.

(3) Terlinden, pp. 75, 96-99.

(4) Disp. XII.

(5) Ib.

(6) Disp. XIV ; Malta, voi. 24, disp. del 20 ottobre : * Questa mede- « sima considerazione {che il soccorso conserverebbe la bandiera mal- « tese) ne animerà molti » {Cavalieri; per questa parte vi fu da la- mentar delusioni).

(7) Disp. XV.

CORRISPONDENZA TUA HOMA E L INQUISITORE DI MALTA D.)

ebbe a lodarsi dei Cavalieri (ì) e Clemente IX si mostrò soddisfatto della riunione di questo contingente (^), il quale, al comando di fra Ettore di Fay de la Tour- Maubourg, « suggetto generoso, prudente e pio, per lo che faceta sperare un' ottima riuscita » (3), s' imbarcò verso i primi di novembre. Il de la Tour-Maubourg aveva istruzione di non mettersi a competere con gli ufficiali del papa, dell' impero, di Spagna, Francia, Ve- nezia e Savoia; « ma a tutti gli altri », si aggiungeva, « non dovete cedere.... Et essendovi nella piazza il si- « gnor duca della Pugliada (4), per la qualità, come « per la carica che tiene, e perchè 'ha la bandiera « della Religione, dovete sempre procurare di star unito « con lui e dependere dalle sue consulte, governandovi « sempre col suo parere, in modo che facciate ben co- « noscere al duca una certa subordinazione ai suoi « consigli. In caso che la piazza tuttavia^si difenda e « lui già sia sceso in terra, e che dopo questo la piazza « si volesse rendere, debbi il comandante valersi di « qualsivoglia imbarco, dandoli autorità che possa ordi- « nare ai corsari che militano sotto lo stendardo della « Religione, che debbino venire ad imbarcarlo con tutta « la sua gente.... In caso che l' assedio filsse solo allar- « gato, non abbandonato, continui la sua stanza in « Candia e ne dia parte qui ». Tenga presente e faccia presente « che lui non viene per altro Ime se non as- « solutamente per servire il proprio instituto della Re-

li) Dispp. XII, XV.

(2) Disp. XVII; Malta, voi. 85, dispp. del 17 novembre e del di- cembre. Anche l'opera di mons. Bichi incontrò il gradimento del Santo Padre.

(3) Malta, voi. 24, avv. del 31 ottobre ; V alfiere de Carfavilliere è lodato (ib.) come « giovane spiritosissimo ».

(4) Ricorretto d'altra mano, come sembra, su Vefttgluida.

50 PAOLO PICCOLOMINI

« ligione, in difesa delia santa fede.... Continuando l'as- « sedio, ha da linianere in ogni conto sino a tutto giu- « gno {1669), et anco insino al ritorno delle galere, per « quando d oreranno andare in Levante » (1).

I volontari maltesi penetrarono il 5 dicembre nella piazza assediata: adoperati a difendere il posto, ono- l'evole quanto rischioso, di Sant'Andrea, dovettero cor- rere non solamente l'alea dei combattimenti, ma anche quella di una morte oscura per le febbri malariche (2). La stagione invernale non procurò alcuna tregua ai lenti, continui patimenti dei Cristiani (3); i Francesi del La

(1) Malta, voi. 24; senza data.

(2) Dispp. XIX, XXIII; Malta, voi. 25, avv. deli' li maggio 1669: « Monsieur la Bretesche, corsaro,... dalla Standia, porta lettere di Gandia,

* in data de' 22 del passato, de' particolari come del comandante del

* battaglione di Malta, quali ragguagliano che il detto battaglione era

* tanto sminuito per la mortalità di febbri maligne, ch'era stato dispen- •« sato dalla guardia del suo posto, ma andava di rinforzo ove richiedeva

* il bisogno. Soggiungono che il campo inimico (dove non si trovano ora

* più di 18 o 20 m, combattenti) patisce grandemente de' viveri e che li

* nostri in numero di 12 m. abbondano dentro la piazza d'ogni sorte di

* munitione»; ih., disp. del 18 maggio: «Nella piazza di Gandia conti- « nuano le infermità, ma si sono rese più curabili con l'avanzarsi la pri- « mavera, mentre erano causate da' patimenti dell' inverno, danno ora «sospetto d'esser contagiose*, mentre « nel principio si dubitò che lus- serò tali ». Gfr. Dal Pozzo, pp. 356, 366, 370. Lettere ed avvisi del voi. 25 non sono ordinati con stretto riguardo alla cronologia. In calce air ultimo avviso (del 28 dicembre 1669) si avverte : « Se U foglietti d'av- « visi che son qui annessi, non vengono regolatamente secondo la loro

* data, n"è causa la stravaganza de' tempi che sono corsi, per i quali son « molte vinane che non è partito di qua legno alcuno con che si siano « potuti sicuramente inviare ».

(3) Uisp. XIX, XXI ; Malta, voi. 25, avvisi del 5 gennaio : « Ritornò « col suo vascello dalle Smirne il capitano Natale Giordano di Marseglia « (che già nel principio di novembre prossimo convogliò il soccorso di

* quest' isola per Gandia) senz'haver finito colà i suoi negotii, per timore «d'esser preso da' Turchi e mandato in Gandia a portar gente e muni- « tioni. Riferi esservi pronti all' imbarco 4 m. huomini colletitii, ma « tutta gente fiacca, assoldata per forza e con minacele. Ghe li Turchi con-

CORRISPONDENZA TRA ROMA E l'iNQUISITORE DI MALTA 57

Feuillade, dopo una valorosa, ma folle sortita (1) cJie nulla giovò e costò molto sangue, rimpatriarono C^), ed al principio di febbraio del 1669 apparvero a Malta Qì), che li aveva già veduti così animosi e baldi, latori di notizie tristi ed anche vergognose (4). La persuasione

« tinuavano in Candia furiosamente gì' aUacciii (sic) e clie la retiiata che « fecero dalla Sabionera era stata per fare un attaco (sic) solo al forte «di S. Andrea, sotto il di cui bastione stavano cavando mine e fornelli, « con poco spavento però degl' assediati. Che li comandanti veneti haves- « sero ritenuto alla Stantia più di 80 legni, la maggior parte francesi, senza « penetrarsi con qual dissegno » ; Malta, voi. 25, avv. del 16 aprile : « Let- « fere havutesi di Candia con una tartana maltese.... danno avviso die i « difensori di quella piazza, per divertire l' inimico dall'ostinato attacco « nella breccia e posto di S. Andrea, havesswo fatto molte sortite dalla « parte della Sabionera ; ma che i Turchi seguitavano con tutto ciò ad « investire con maggior impeto detto posto, dove con fornelli continui «gl'era riescilo disfare la cortina d'una bonetta, ributtati però subito e « con qualche lor danno da' nostri. Che non gl'havevano però potuto iiii- « pedire che non s'alloggiassero sotto la porta di S. Andrea, avanzatiAisi « col benefizio d'un gran fornello che la rovinò tutta, et se bene, per di- « fendere l'apertura, c'havevano i Turchi posta una batteria di 3 cannoni, «l'hanno però riparata i difensori con un nuovo terrapieno». Cfr. Dal Pozzo, pp. 364-70 ; Romanin, pp. 454-57 ; Terlinden, pp. 129, 218. La bonetta, o bonetto da prete, o doppia forbice è una specie di fortifica- zione, sulla quale ved. Guglielmotti, Vocabolario marino e militare, Roma, 1889, e. 251.

(1) 16 dicembre 1668.

(2) Romanin, pp. 455-56 ; Terlinden, pp. 129-32. Ved. anche disp. XIX.

(3) Cfr. Dal Pozzo, pp. 359-60.

(4) Malta, voi. 25, avv. del 2 febbraio : « Li detti vascelli {del La *!^ Feuillade) portano poche ma non troppo buone nuove di Candia...; «ragguagliano la continuatione dell'attacco più che mai ostinato alli « due posti di S. Andrea e Sabionera, nel primo de' quali fanno i Turchi « ogni sforzo possibile, facendo incessantemente volar fornelli, e che, se « bene li Christiani si. difendono valorosamente, cresce però sempre il « pericolo della caduta della piazza, quale sarà inevitabile, se non giunge « sollecito e poderoso soccorso. Del battaglione di Malta, che si fa valere « nella difesa de' posti datigli in guardia, sono già morti 10 soldati e « 2 Cavalieri, et havendo il medesimo spiegata la bandiera della sua Re- « ligione, in occasione che si dubitava d' assalto, recò gran confusione « a' Turchi, quali lo ridissero poi a' nostri, che sono in tal vicinanza che «parlano comodamente fra loro » ; ib., disp. del 4 febbraio : «....Il regno

^)H PAOLO PICCOLOMINI

che la resistenza non poteva andar troppo in lungo senza gagliardi aiuti, era ormai universale (1); il gran visir meritava i doni mandatigli da Maometto IV (2).

* (li (^'andia.... si vede in fìian pericolo di dover succumbere interamente

* alla barbarie..., e qua ve n' è apprensione maggiore doppo che vi sono « comparsi tre vascelli francesi che riconducono alle case loro i volontari! » ; M((lt((, voi. 25, avv. del 9 febbraio: « Sono restati qui alcuni de' volon-

* tari.... la maggior parte feriti.... Li più considerabili di essi sono li si- « gnoii de Chamilly, Cavaliere de Sebevilla, de Menislgradier et Arborio,

* comandante delle truppe di Savoia in Candia»; ib., disp. del 9 febbraio : « I mentovati vascelli non ri conduce vano tutti i soldati portati in Gandia, « ove ne erano restati morti da 180 ; ma sento che in luogo di questi ne « babbi no imbarcati altri fuggiti da quella piazza in numero considera-

* bile, e fra essi dicono che vi siano anco degl' uflitiali. 1 comandanti

* de'volontarii n'attribuiscono la colpa a' capitani de' vascelli, e questi si «scusano con dire che i soldati de' loro legni l'habbino ammessi senza, « lor saputa. Porto a Vostra Eminenza questa notitia a parte, non havendo

* creduto conveniente metterla ne' foglietti ».

(1) Malta, voi. 25, avv. cit. del 5 gennaio : I Veneziani avevano raccolto più, di 80 legni alla Stantia, « dicendo alcuni per imbarcare la loro gente in caso che la piazza si perda, mentre realmente pericola » ; ib., avv. del 16 febbraio 1669: « Si ha l'arrivo in Candia delle 32 vele, che ■« navigavano a quella volta con 4 m. fanti e munitioni d'ogni sorte;

* il che haveva qualche poco sollevato gì' assediati, mentre potranno «difendere la piazza tre o quattro mesi e fino a tanto che comparisca « soccorso più considerabile, che è necessario per far levar 1' assedio al- «l'inimico» (reperibile dopo il disp. del 7 luglio); ib., avv. cit. del 6 aprile : « S' era dubitato ai 7 di gennaro di qualche assalto generale « per una gran commotione osservatasi tra' nemici ; ma si seppe poi es- « seme stato cagione l' arrivo di tre beij inviati dal Gran Signore con « 2 m. giannizzeri al campo et una giubba e sciabla al visir, riceuti con «triplicato saluto di moschetti e cannone. Simile allegrezza fecero poco «dopo i nostri per l'arrivo del soccorso..., quale se fusse tardato poco « più, la piazza era in tal penuria di munitioni e di gente che non poteva « ripararsene la caduta. Resta però più che mai travagliata da due cava- « Ilari.... dalla parte di S. Andrea e della Sabionera, che la battono da « per tutto ; per i quali e per le continue violenze che sostiene (se bene « la difesa de' nostri è intrepida et la vigilanza de' sui comandanti inde- « fessa), credono certo che, senza considerabile soccorso, non possa soste- « nersi più di 3 o 4 altri mesi ». Il cavaliere è la parte più eminente delle fortificazioni, che vale a dominare e battere l' obiettivo di esse (Guglielmotti, op. cit., col. 391).

(2) Vedi nota prec. e cfr. Dal Pozzo, p. 369.

CORRISPONDENZA TRA ROMA K l'iNQUISITORK DI MALTA 59

Ciò nonostante, quando l'inquisitore, incoraggiato da Roma (1), chiese al Gran Maestro la spedizione di un altro contingente di truppe ausiliarie, o almeno di una provvista di polvere, la ripulsa fu ostinata, mal- grado preghiere e rimostranze (2). Tutto quello che si potè ottenere fu che milizie da sbarco sahssero a bordo della squadra (3), la quale, guidata dall' Accarigi, si con- giunse alle navi del Rospigliosi nelle acque sicule (4). Il 3 luglio arrivavano innanzi a Gandia (5).

Essa non aveva che troppo necessità di aiutò. Le speranze riposte in una rivolta dei Giannizzeri (6) erano tornate vane ; la Turchia ed i suoi vassalli con ostinato accanimento raccoglievan nuove schiere di combattenti e trascinavano col terrore alla guerra i recalcitranti (7).

(1) Dispp. XX-XXI ; Malta, voi. 85, disp. del 23 febbraio.

(S2) Dispp. XVIII, XXII, XXVI-XXVII ; Malta, voi. 23, disp. del 24 aprile : * Per i soccorsi continuo le diligenze per superar le difficoltà che pur anco ritrovo ».

(3) Malta, voi. 25, avv. del 4 maggio : « Li signori gran balio d'Ale- ne magna {fra Francesco Kolowrat ; Dal Pozzo, pp. 338-441), priori di « Champagne {fra Enrico Valengay; ib.), di Navarra {fra Isidoro d'Ar-

* (jaiz; ib., p. 359) e della Rocella {fra Gregorio Carafa: ib., pp. 338, 441), « commissarii deputati a questo effetto, stabilirono.... un rinforzo per que- « ste galere di molti Cavalieri e soldatesca, a fine di poter fare un sbarco,

* occorrendo, in Candia in conformità degl' uffitii passati da questo mon- « signore inquisitore». Ib., p. 360.

(4) Malta, voi. 85, dispp. del 23 marzo, 13 aprile, 11, 18, 25 mag- gio, 22 giugno; voi. 25, disp. del 25 aprile, avv. dell' 11 maggio, 8 giugno; cfr. Dal Pozzo, p. 360, Guglielmotti, p, 322.

(5) Guglielmotti, ib.

(6) Dispp. XXIV-XXV, XXVIII; cfr. de Hammer, p. 127.

(7) Malta, voi. 25, avv. del 14 aprile : Tartana francese proveniente da Candia e Milo reca « che il campo nemico non haveva più che 20 m. « combattenti e 12 m. guastatori, se bene s' intende che per tutto il Le- « vante si faccino gran levate di gente e preparamenti militari, ma che «li Turchi intimoriti ricusano d'andare, onde li comandanti facevano « tagliare le mani e li piedi a quelli che fugivano » ; ib., avv. del 18 mag- gio : * Sette vascelli da guerra hanno inviato i barbari di Tunisi, com-

* petentemente provisti di gente, all'armata de' Turchi in Levante...; et

('»0 VAOÌA) PICCOLOMINI

Il cerchio di feiro e di fuoco stringeva sempre più Gandia, malgrado prodigi di valore (1); gli eroi della difésa mo- ìivano l'uno dopo l'altro: il 10 dicembre 1668 Ghiron

* (|uattro altri simili sono usciti per corseggiare ne' mari di Sicilia e con-

* vicini, dove hanno già predato qualche legno. Le galeotte ancora, se- « condo gl'ordini del Gran Signore portati colà da un chiaus inviato a

* posta, s' allestiscono per passare sollecitamente all' istessa via. All' Alge-

* rini però non permette far questo il kerif re di xMarocco, mentre, tro-^

* vandosi con poderosa armata in quei contorni, li fa temere di qualche

* assedio : tampoco ai Tripolini il timore dell'armata francese che pas-

* sera in Gandia, della quale essendosi ingelositi fortemente, attendono

* ora a fortitlcarsi * ; Malta, voi. 25, avv. del 6 luglio: Marinai provenienti d'Alessandria recano che da quel porto « alli 10 del passato erano usciti « 10 vascelli turcheschi con carico di munitioni e 2 m. soldati verso Gan- « dia, inviativi da quel bassa comandante ». Sui Barbareschi vedi anche disp. XXIX e id., avv. del 10 agosto : Barca maltese proveniente da Bi- sertareca « che mal sodisfatti quei barbari del loro re Mustafà, l'havessero

* deposto dal governo et eletto in suo luogo Solimano bassa, mastro di « campo generale di quelle militie ».

(1) Dispp. XXIV-XXV, XXVIII ; Malta, voi. 25, avv. citt. del 14 aprile: Tartana francese proveniente da Gandia e Milo reca « che, per dare i

* Turchi un assalto generale a quella Piazza, havessero preso rinforzo

* da tutti i presidi! che hanno in quel regno ; ma che li difensori con

* una mina sotto la loro battaria del portò di S. Andrea ne habbino man- « dati in aria piìi di 1000; per il che, retiratisi gl'altri, hanno dato tempo

* a' nostri di fare due altri fornelli nel medesimo luogo, alli quali havendo «dato fuoco subito che vi ritornarono i Turchi, gl'era riescito di farne < morire molti altri, onde s'erano allontanati qualche poco dalla breccia.

* Le due retirate che havevano cominciato i nostri ne' posti di S.. Andrea

* e della Sabionera son ridotte a perfettione. La gente d'armi, per ras- « segna fattasi, si trova in numero di 14 m. combattenti ; il che unito

* alla speranza del prossimo soccorso che s' attende di Francia, rende la

* piazza più che mai intrepida alle minacele degl' assalitori » ; avv. del 22 giugno: « Lettere di Gandia de' 9 et 11.... portano che al Turco fusse

* finalmente riescito d' impadronirsi del posto di S. Andrea, ma che i

* nostri con una tagliata fatta opportunamente di dentro non solo non

* s'erano sbigottiti, benché il pericolo fusse grande, ma che sempre più

* ardenti si facevano conoscere alla difesa, senza timore d' alcuni cannoni « che ivi havevano piantato i Turchi, quali, per stringere con maggior

* forze la piazza, havevano disarmato 60 galere nel porto della Ganea et « della gente, fino al numero di 6 m., se ne servivano nel campo. Il bat-

* taglione di Malta, tra feriti e morti, restava notabilmente diminuito ;

COUUJSI'ONDKiNZA TUA ROMA E l'jNQIUSITOIIE DI .MAI/l'A (VI

P'rancesco Villa (1); il 13 maggio 1669 Caterino Goi- naro (2). Che cos'erano in confronto le vittorie dei corsari maltesi? (8).

Molte speranze si riponevano nelle forze di terra e di mare che Luigi XIV aveva accordate alle preghiere di Clemente IX; le comandavano Francesco di Vendòme, duca di Beaufort, nipote di Enrico IV e della charmanfe Gabrielle, il roi des Halles della Fronda, Luigi Vittorio di Rochechouart-Matemart, conte di Vivonne, fratello della Montespan, e Filippo di Montault-de-Bénac, duca di Navailles (4). Altri aiuti si ottenevano dall'impera- tore, dal re di Portogallo, dall'elettore di Baviera, dal

« dal che mosso questo Consiglio ha risoluto per tre giorni continui fai- « celebrare solenni esequie per i defonti, alla famiglia de' quali ha anco «stabilito un scudo il mese di questa moneta et 4 pani al giorno.... ».

(1) Disp. XIX; cfr. Dal Pozzo, p. 367.

(2) Malta, voi. 25, avv. citt. del 22 giugno : « Portano in oltre le «medesime lettere la morte del signor Gatarino Gornaro..,, che s' intese «già esser rimasto ferito nell'ultime fazioni »; cfr. Romanin, p. 458. Su questo eroico soldato, vedi anche disp. XIX.

(3) Malfa, voi. 25, avv. del 13 luglio : Lettere da Milo recano che « sette de' corsari che sono in Levante con la bandiera di questa Reli- « gione, cioè Cavalieri d' Estampes, de Temericourt, Benanville, Bremonte « Gennettina, Castelletti e Marion, assieme con 4 Livornesi, nell'acque « di Rodi havessero combattuta la caravana d' Egitto che da Alessan- « dria passava a Constantinopoli, consistente in otto poderosi galeoni, tre « de' quali detti delle sultane, caricati per servitio del serraglio del Gran « Signore, et altre 14 saiche, tutti carichi di mercantie ; che essendo du- « rato r attacco dieci bore continue, vedendosi già perso uno di detti ga- « leoni, il rais [rels: capo, conduttore; Arc/i. Stor. Ital., disp. 1* del 1909, « p. 70, n. 1), postosi sul calco con 1' avanzo di sua gente, havesse dato « fuoco al vascello, che immediatamente incendiò anco quello del Marion, < al quale però riesci di salvarsi con tutti i suoi ; e che, ciò non ostante, « s' erano i nostri impadroniti d' un altro galeone e cinque saiche di gran «valore». Cfr. su questo episodio Dal Pozzo, p. 358, che lo pone erro- neamente sotto l'anno 1668 ; cfr. ib., pp. 328-29, 356-58, 383-85 sul de Te- mericourt; p. 348, sul d'Etampes ; p. 386, su fra Massimiliano Benanville; pp. 356-57, sul cap. Bremont ; p, 384, sul fra servente Marion.

(4) TerlindexV, pp. 134-202.

6:2 PAOLO PICCOLOMINI

granduca di Toscana, dal duca di Modena, dalla repub- blica di Genova (1); vera crociata in diciottesimo, il cui carattere internazionale abbiamo già intuito, leggendo le istruzioni del La Tour-Maubourg. Questi aiuti, se si fossero offerti in una volta e volenterosamente, come furono offerti disordinatamente e di mala voglia, avreb- bero potuto salvar Gandia (2).

Il papa non se ne stava; oltre le navi del Rospi- gliosi, maadò in Oriente due o tremila soldati condotti dal duca della Mirandola (3). Ma già la notte dal 24 al 25 giugno i Francesi, ripetendo gli errori del La Feuil- lade, si eran fatti massacrare in una pazza sortita, ove morì il duca di Beaufort (4): Arrivate le galere pon- tifìcie e maltesi, cui si erano aggiunte, a Zante, le fran- cesi del Vivonne (5), seguì l'inutile bombardamento del campo ottomano, combinato con una nuova sortita (6); la partenza dei Francesi, facili allo scoramento come alla millanteria (7); la prodezza estrema dei difensori che respingevano un assalto generale dei Turchi imbal- danziti (8); la ritirata delle navi papali e gerosolimi-

(1) Terlinden, pp. 206-7.

(2) Bernardy, p. 68.

(3) Alessandro II Pico (Litta, Famiglie celebri italiane [Famiglia Pico], tav. V). Cfr. Terlinden, pp. 206-7.

(4) RoMANiN, pp. 458-60; de HaxMmer, pp. 128-29; Guglielmotti, pp. 318-20; Bernardy, pp, 53-54; Terlinden, pp. 219-28. Il 10 agosto fu annunziata all' inquisitore {Malta, voi. 85) la spedizione di una circolare * sopra i successi di Candì a », registrata nel copialettere di Vienna (Arch. Segr. d. S. Sede, Germania, ann. I, voi. 34, ce. 265 '-66').

(5) Guglielmotti, p. 322; Terlinden, p. 209.

(6) Dispp. XXIX-XXX; cfr. Guglielmotti, pp. 326-33; Terlinden, pp. 229-33.

(7) Terlinden, pp. 234-39. Malta, voi. 25, disp. del 12 settem- bre : r8 era arrivato un vascello francese con « molti offltiali del soccorso » fra i quali il duca di Ghàteau-Thierry.

(8) Disp. XXXI ; Malta, voi. 25, disp. del 12 settembre : Barca pro- veniente da Candia recava « che li Turchi havendo preso animo dalla

COUHISPONDKNZA TUA ItO.MA K l'lNQI 1S1T0UI-: DI MALTA (u]

tane (1), sulle quali s'imbarcava il corpo ausiliare mal- tese (2), dopo aver durante otto mesi onorevolmente combattuto e sofferto per il Cristianesimo e per la ci- viltà (3). Sotto auspici tristi era arrivato nell' isoletta « il padre abbate Luca Cenni, napolitano, canonico re- golare, chiamato colà a scrivere l'historie di quella Re- ligione » (4).

Candia aveva vissuto. Eppure a Malta si pascevano ancora d'illusioni; i Francesi reduci dalla guerra anda- vano spargendo notizie confortanti (5) ; l'inquisitore le trasmetteva a Roma, dove tuttavia, dalla parte di Li- vorno, giungevano « avvisi assai diversi, che » recavano « a Nostro Signore soggetto di molto rammarico » (6). Mons. Bichi annetteva forse in cuor suo importanza poco

« partenza dell' armata grossa di Francia, credendo ritrovare la piazza « sprovista, si portassero ad un vigoroso assalto dalla parte della Sabbio-

* nera, replicandolo anco più volte, et che furono respinti intrepidamente « da' nostri, con morte di due milla et più, oltre i feriti di quelli et 500 « de' nostri; per il che s'erano non poco resi arditi li difensori et che,

* per quest' istessa consideratione, non si vedeva ancora risolutione di

* partenza del resto dell' armata Christiana » ; avv. del 21 settembre. Gfr. Dal Pozzo, pp. 380-81 ; Romanin, p. 4G1 ; Guglielmotti, p. 336 ; de Hammer, p. 129.

(1) Malta, voi. 25, avv. del 21 settembre : un vascello francese aveva trovato « otto giorni sono di partenza per Italia tutte le galere di Ponente al Cerigo*; l'il ottobre tornarono le galere maltesi (ib., avv. del 12 ot- tobre). Cfr. Guglielmotti, p. 337; Terlinden, p. 239.

(2) Dal Pozzo, pp. 364, 381.

(3) Gfr. ib., pp. 364^1. Già il 7 settembre {Malta, voi. 25) si an- nunziava il ritorno di vari soldati del soccorso « feriti e stroppiati ».

(4) Malta, voi. 25, avv. del 9 febbraio.

(5) Ib., avv. del 14 settembre: « Ci hanno questi riferito.... che, tro- « vandosi allora nella piazza oltre i soccorsi che s'aspettavano a momenti, < 4500 soldati, non v'era da temere delle minacele del Turco, benché la « stringesse sempre più vigorosamente * ; avv. del 21 settembre : * Gon « vascello francese.... siamo assicurati del buon stato di quella piazza, « che per essersi rimunita con le genti che s' aspettavano, non diffidano

* quei difensori di mantenerla per quest' inverno, con la speranza anco « d' altri soccorsi che vi si attendono ».

(6) Malta, voi. 85, disp. del 12 ottobre. Gfr. Terlinden, pp. 286-88.

Oi PAOLO l'ICCOLO.MLM

mi More ad una questione di cerimoniale pendente col duca di Ghàteau-Tliierry, bali di Bouillon, che, reduce di Gandia, l'aveva salutato con cinque colpi di cannone soltanto. « Stimai conveniente », scriveva il 12 settem- bre (1), « fargli penetrare con destrezza che in simili occa- « sioni questo ministerio era in possesso d'esser favorito « con nove tiri, havendoli ricevuti anco dall'istesso ammi- « raglio di Francia » (2). Altra controversia aveva avuto, non meno ponderosa, col Gran Maestro in persona sulla procedura da seguire ne' loro incontri fortuiti, la quale rese necessaria l' esibizione di un certificato di un coc- chiere, « Girolamo Bonavita da Fmiì », per attestare che, servendo venti anni il vescovo, « essendosi.... in- « contrati più volte con il Gran Maestro, la carrozza di « monsignore si fermava e quella del Gran Maestro pure « sempre si fermava, e, doppo d' essersi parlati insieme, « ogii' uno andava per li fatti suoi » (3). L' etichetta, \\ protocollo, ecco la preoccupazione che si fa strada co- stantemente d'ogni lato fra le peripezie della guerra di Gandia, quando ben altro era in giuoco (4). Ancora all'ultimo momento, secondo i nostri dispacci (5), il duca della Mirandola faceva « difficultà d'entrar dentro la « piazza, a causa di qualche disputa di precedenza nel « comando con i principali offitiali ». Siam quasi ten- tati di credere che per un puntiglio così meschino Ales- sandro Pico si allontanasse, appena sbarcate le sue milizie, e non, come diceva, per non assistere alla ca- duta di Gandia (6).

(1) Malfa, voi. 25.

(2) Il duca di Beaufort, grande ammiraglio del regno (Terlinden, p. 171, n. 2).

(3) Malta, voi. 24, disp. del 14 ottobre 1668.

(4) Terlinden, pp. 207-9.

(5) Disp. XXXI.

(6) Terlinden, p. 2.39.

COHUISPONDKNZA TRA ROMA K L'iNQnSlTOUK IJI MALTA (»5

Il 21 settembre proprio quando si spediva un breve al Gran Maestro in favor delle leve che in aiuto dei Veneziani voleva fare il maresciallo Bernardino Gi- gault de Bellefonds (1); quando ancora il Bichi scriveva al card. Rospigliosi notizie non tristi (2) il 21 set- tembre si diffondeva per Malta il primo annunzio della capitolazione del Morosini (3); un mese dopo quello del- l'ingresso dei Turchi nella capitale cretese, finalmente conquistata (4).

Papa Rospigliosi non sopravvisse al naufragio di ogni speranza. Neil' ultim' ora si ricordò del Bichi, uno

(1) Vedilo in Argh. Segr. d. 8. Sede, Clemeutls IX, P. M., Episfo- lae ad Principes, ami. Il, III, e. 237". Malta, voi. 85, disp. del 21 set- tembre: « Vostra Signoria si scriveva al Bichi dovrà subito presen- « targlielo con le insinuazioni più etìicaci per l' intento, sperandosi che « non vorrà Sua Eminenza perdere occasione di tanto merito per e per « la sua Religione, in aumento di quello che le hanno acquistato le armi «< di essa in questa campagna »; voi. 25, disp. del 16 ottobre : « Già si tien per sicura la capitolatione di detta piazza con l' inimico », rispondeva r inquisitore, « .... Non ho però mancato di far nota la comparsa di detto « breve, per attestare almeno in tal guisa la generosa vigilanza di Sua Bea- « titudine e di Vostra Eminenza, facendo sapere nell' istesso tempo li soc- •« corsi che nuovamente apprestava Sua Santità, non solo a sue spese, ma

* anco gì' altri che con esortationi continue haveva indotto a trasmettervi

* i prencipi christiani ; il che è stato giusto motivo di rinovare poi gene- ■« ralmente gì' applausi alli generosi proponimenti di Sua Santità et al- « l'indefessa attentione di Vostra Eminenza *. V'era di che consolarsi ! Cfr. Terlinden, pp. 162-64, 249-52, 254, 280-82, 287,

(2) Contenute negli avv. citt. del 21 settembre, che soggiungono : « Avanti di mandare a lor camino i presenti avvisi sono venute nuove « assai differenti della piazza di Candia di quello che facevano sperare « le già rappresentate »-.

(3) Disp. XXXII ; fu confermato da una barca francese proveniente dalla Standia ; « erano però così varii li marinari nel riferire le parti-

* colarità delle capitolationi, che di queste se ne sta attendendo più di-

* stinto ragguaglio » {Malta, voi. 25, avv. del 28 settembre) ; il 16 ottobre (ib., disp. cit. in questa data) « una tanta perdita.... si teneva »• a Malta « per certa ».

(4) Malta, voi. 25, disp. del 25 ottobre : « È venuta la certezza della consegna della piazza di Candia all' inimico ».

Ot) PAOLO PICCOI.OMINI

dei collaboratori del suo generoso tentativo contro la rapacità degli Islamiti e l'indolenza dei Cristiani, e lo nominò chierico di Camera (1). Il 9 dicembre si estinse, pianto da tutti (2); anche i Veneziani, che non sempre si eran chiamati soddisfatti del pontificato * di Cle- mente IX, mentre viveva (3), resero allora giustizia senza restrizioni alle benemerenze di lui e de' suoi, riconobbero che moriva anch' egli per la loro colonia ; che soggiaceva al dolore di non averla potuta salvare (4). Fu seppellito

(1) Malta, voi. 85, disp. del 30 novembre : « La Santità di Nostro «Signore, ricordevole in quest'ultimo di sua vita del merito di Vostra

* Signoria » ecc. ; della risoluzione pontifìcia il cardinale Rospigliosi provava « contento ben particolare nelle presenti stie amarezze » ,

(2) Terlinden, pp. 304-6.

(3) Diceva il Quirini nella Relazione citata : « L'affettuose espres- « sioni della B. S. nei concistori e nell' audienze; et non essendo stati « lontani gli effetti della sua pronta generosità, comprovano il desi-

* derio di soccorrer la sereniss. républica nella guerra di Gandia, di- « spiacendo a me di fare una debita confessione d'ommissione e scusa «d'aver mal servito la patria.... Crederei bene però d'haver piìi vantag- « giato il servizio delle EE. W., se un concetto perverso non fosse dise- « minato et invalso nella Corte di Roma», dove manca alle « degne et eroiche ationi » de' Veneziani il credito cui avevan diritto. I curiali, « retorquendo et oscurando le prove della costanza et impareggìabil va- lore » della repubblica, « dicono con lingua avvelenata.... che le giatture « pubblice influiscono smoderate ricchezze nei particolari, divulgationi « tutte che furono sparse con tenacità animata dai parenti, ad oggetto « che li pontefici non s' impegnassero maggiormente nelle spese, et in con- « seguenza nell'otio e nella quiete profittar loro dei tesori della chiesa » (Barozzi-Berchet, op. cit., pp. 339-41).

(4) « Clemente Nono, di santa memoria », riferiva il 15 novembre 1671 Antonio G rimani, «restò ben persuaso dell' importanza di Gandia e testi- « moniò.... quanta parte ci prendeva negli interessi della Ser.^a Repu- «blica.... Le ardenti applicationi che teneva per quest'interesse..., non « è facile esprimere. È certo che per conseguir soccorsi per Gandia ha « donato molte gratie, anco in discapito della propria casa.... Più, a mio « credere, s' haverebbe potuto ritrarre, quando l' autorità dei papi fosse « tale che li permettesse di poter in tutto con assoluta libertà disponere « secondo il proprio conoscimento.... Fu creduto che quel colpo lo get- « tasse nel sepolcro.... Il card. Giacomo Rospigliosi ha indefessamente « affaticato per questa materia, assistendo allo zio, negotiando et coman-

COURISPONDKiNZA THA ROMA K l'iNQI'ISITOHE 1)1 MALTA ()7

in Santa Maria Maggiore, non lungi da S. Pio V, il trion- fatore morale di Lepanto, spirato nel compiacimento della vittoria, come il Rospigliosi tra le amarezze della catastrofe. Davanti al monumento che gì' innalzò la pietà del successore Clemente X, mi tornano spesso alla mente le parole di Alfredo de Musset: « Nulla rende grandi come un gran dolore » (1).

La capitolazione, eh' era nello stesso tempo trattato di pace, fu ratificata a Costantinopoli per opera del- l'ambasciatore Alvise Da Molin(2); la rabbia turca. potè

« dando ove portava il bisogno, esborsando del proprio molto denaro.... « et certo, con maggior ardor et cordialità non pare potesse da lui ope- « rarsi.... 11 sig, fra Vincenzo due volte è passato in Levante », con gran sacrifizio, « per essersi esposto replicatamente a' patimenti del mare, tanto « cruciosi al suo temperamento, et posta all' azzardo degli accidenti la

* propria riputazione tra personaggi, nationi et successi diversi.... Al ri-

* torno.... mostrò il suo zelo, cambiando lo stile che s'era osservato in « altri precessori comandanti delle galere pontificie», rendendo a Venezia la debita giustizia (Barozzi-Berchet, pp. 351, 352-53).

(1) Invero, la memoria delle ansie che Clemente provò per una bella causa, di ciò che oprò in servizio della medesima, dello strazio cui soccombette quando la vide perduta, conferisce alla sua figura un'aureola che forse altrimenti le mancherebbe.

(i2) Su questo trattato, vedi Romanin, pp. 462-65, 473. Ecco le notizie che si leggono in proposito nei dispacci maltesi : Polacca francese pro- veniente da Smirne « ci fa temere di nuove rotture tra la republica di « Venetia e l' Ottomano, mentre accenna che non solo non vuole questo « approvare la pace fattasi ultimamente in Candia, ma che allestiva in

* Costantinopoli un' armata d' 80 galere, oltre haver impedito intanto « alli Veneti di fabricare un porto nell' isola della Standia » {Malfa, voi. 25, avv. del 28 dicembre 1669); « Il Gran Signore ha ordinato di fare « in Calata un giammi, o sia loro chiesa, in attione di grafie per l'acqui- « sto di Candia. Il bailo di Venetia è andato a confirmare le capitolationi « della pace in Andrianopoli ; e già si sente esser andati li schiavi verso « Castel Rosso, dove deve seguire il cambio reciproco ; tuttavia dicono « che il Gran Signore dimandi Glissa, Cursula e Cerina, prima di venire « alla confirmatione. Che se ciò fosse, potrebbe cagionare qualche novità » <vol. 26, num. 1, avv. del 5 settembre 1670); Maometto IV, si diceva, « richiedeva a' Venetiani Suda, Spinalonga, Gurbusi, Tino, il Cerigo, il « Zante, la Cefallonia e la metà della Dalmatia, da che si potea temere

08 PAOLO PICCOLOMINI

sfogarsi contro i miseri Greci. Carlo P>ancesco Ollier^ marchese di Nointel, spedito in Oriente da Luigi XIV con una missione scientifica oltre che diplomatica, di « ricercare nell'antiche biblioteche delti monasteri del « Monte Atlios, isola d'Amurgo et altri greci, come an « Cora nelle officine del Turco, diversi curiosi manu- « scritti che mdinciivano alla perfettione dell' historia « greca de' moderni tempi, della quale si continuat;a « la compilatione e stampa nella biblioteca reggia {sic} « del re christianissimo » (1), non avrebbe dovuto affati- carsi se avesse voluto apprestar materiali anche alla storia sincrona della sventurata penisola. Bastava che sostasse a Gorfù, a Zante, a Gerigo ad ascoltare i la- menti dei profughi (2).

«di nuova rottura» {Malta, voi. 26, num. 1, avv. del 5 ottobre); « L'am- « basciator di Venetia ha già fatto ratificare le capitolationi nella maniera * promessagli dal Gran Visir » (ib., avv. del 14 novembre). Ma un po' più tardi, dopo alcuni accidenti in Dalmazia « sdegnato il Gran Signore chiamò «subito a l'ambasciatore Molino, minacciandolo della ruina della sua « republica; a che detto ambasciatore prudentemente occorse con grossi « regali d'oro e di vesti a' principali, che è il più facil mezzo di acquistar « quegl'animi» (ib., avv. dal Zante, 9 aprile 1671). Gfr. de Hammer, pp. 133-35.

(1) Tale era l'incombenza affidata a questo ambasciatore francese, « personaggio di molto aspetto, d'anni 40 d'età e dottissimo », che arrivò a Malta il 2 settembre 1670 {Malta, voi. 26, avv. dell' 8 settembre 1670). Gfr. DE Hammer, p. 137.

(2) Malta, voi. 26, nurn. 1, avv. citt. del 5 settembre : « Il capitan « bassa è passato con 60 galere in Gaudi a per di partir a braccio di « Maina alla fabrica delle fortezze che fanno in quelle parti per tener « soggetto quel popolo, in {sic) quale in gran parte va fugendo nelle isole « de' Venetiani circonvicine per non viver sotto la tirannide del Turco » ; il),, avv. dell' 8 settembre: «Il capitano bascià, cognato del gran visir « {KaplarirMustafà; de Hammer, p. 122),... commetteva delle horrendissime «tirannie contro ]i popoli che nella passata guerra havevan dato qualche « agiuto alli Veneti ; onde, atterriti, se ne fuggivan in terra ferma, aban- « donando le loro posessioni. Ghe li Malnoti, nel volersi opponere alla fa- « brica del forte che fanno li Turchi al braccio del Maina, fossero stati « tagliati a pezzi, et alcuni fatti schiavi, subbilo impiccati ; e che la su- « detta fortezza reale, di cinque bastioni, fosse in stato di diffesa, con

CORUISPONDKNZA TUA UOMA E l'iNQUISITOHE IJI MAI/I'A 1)1)

Continuavano intanto gli obbrobriosi maneggi del Serraglio (1) ed il gran visir festeggiava la sua vittoria, abbandonandosi « all'ubriachezza con eccesso vergo- gnoso » (2), proprio quando, in azione di grazie, si rinnovava il divieto del vino (3). Queste le notizie che mandava a Roma il nuovo inquisitore, mons. Giovanni Tempi, venuto neU'agosto 1670 (4) a sostituire il Bichi, disgustatosi col Gran Maestro (5). Auditore di Camera sotto Innocenzo XI, ottenne questi il cappello cardina-

« dentro un presidio di 600 homini. Il che gran travaglio alli Vene- « ziani, per esser le isole del Zante e Cef aionia esposte alle scorrerie di « quel presidio, massime che sotto la detta forteza vi dovranno di conti- « nuo far stanza alcune galere beiliere a vicenda» ; Malta, voi. ^, num. 1, avv. del 14 settembre: « S'è inteso l'abbandono fatto dalla (sic) lor pa- « tria delti miseri Malnoti, stante il forte reale fabricato da' Turchi a porto

* Coaglia nel mezzo del lor paese, per poi del tutto annichilarli in ven-

* detta delti diversi soccorsi che hanno dato durante la passata guerra

* a' Veneti e Maltesi di bastimenti e viveri di ogni sorte ; e si vanno riti- « rando nelle isole di Gorfìi, Zante, Gefalonia e Zerigo, dove dalli co- « mandanti veneti sono accolti con ogni carità, stante la stima che fanno « del loro valore *. Cfr. de Hammer, p. 133.

(1) Nel settembre 1670 il sultano si trovava in Adrianopoli col gran visir, * colà sequestrato dalli maneggi della madre (la valide TarkJiane : « Terlinden, p. 21) e fratello, quella havendole inviato a dimandare la «testa del detto visir, accusato da tutta la natione turchesca d'haver « fatto perire in Candia quasi tutte le militie dell' imperio, per sodisfare «alla sua particolare ambitione; minacciando Sua Altezza di farlo egli « stesso morire se non dava quel gusto alli suoi sudditi » (Malta, voi. 26, nura. 1, avv. citt. deir8 settembre 1670). Sull'odio di Maometto IV contro i suoi fratelli, che gli succedettero coi nomi di Solimano II ed Ahmed II, specialmente contro Solimano, vedi de Hammer, p. 655,

(2) Malta, voi. 26, num. 1, avv. del 14 febbraio 1671 ; cfr. de Hammer, p. 133. Soccombè giovine ancora alla propria intemperanza (id., p. 159) il 30 ottobre 1676.

(3) Id., p. 133.

(4) Il suo primo dispaccio da Malta è del 13 agosto (Malta, voi. 26, num. 1). Vedi anche Dal Pozzo, p. 393.

(5) Ferris, Storia ecclesiastica di Malta raccontata in compen- dio, Malta, 1877, pp. 392-93.

70 PAOLO PICCOLOMINI

lizio da Alessandro Vili nel 1690 e finì di vivere di- ciotto anni più tardi (1).

■X-

Il lettore che avrà avuta la pazienza di seguirmi tin qui, ove termina il mio assunto, non saprà frenare un sentimento di melanconia: la melanconia che io stesso ho provato, come chiunque assiste ad una ine- vitabile declinazione. In varia misura la regina del- l'Adriatico e l'Ordine di S. Giovanni decadono. Venezia, dopo lunga, gloriosa resistenza, è pure costretta a ras- segnarsi alla perdita di Gandia ; il Turco poteva ancora una volta affermare che, distruggendogli ripetutamente le flotte, essa non aveva fatto che radergli la barba, mentre egli, strappandole un regno, le aveva portato via un braccio (2). Alla repubblica però almeno rima- neva il conforto di aver venduta cara la vittoria, di aver ceduto solamente esaurita ogni risorsa, ogni spe- ranza. Il patriottismo era ancor vivace sulla Laguna e, fin dov'era possibile, suppliva alle deficienze irreparabili, attenuava le iatture sempre piti gravi dello Stato, non ne arrestava la mina, ma la differiva. I Maltesi invece ri- masero ben lontani dall' eguagliare l' eroismo, l' abnega- zione dei loro compagni d'arme, non ostante alcuni momenti di entusiasmo, non ostante belle prove di va- lore, cui r Ordine potrà inspirarsi con legittimo orgo- glio pur nei cimenti della sua rinnovata esistenza (3). Evidentemente, assai piti del patriottismo l'ideale reli- gioso e cavalleresco aveva perduto della sua forza; lo

(1) Vedi le fonti citt. nella nota 6 a p. 51,

(2) Che tale era stato il risultato della guerra di Cipro si notava con triste presentimento, incominciando la guerra di Candia {Ardi. Stor. Ital., disp. r del 1909, p. 122).

(3) Rinnovata e ritemprata, come in tanti altri casi, tornando alle antiche tradizioni, felicemente poste in armonia con l'età moderna.

CORRISPONDENZA TRA ROMA E l'iNQUISITORE DI MALTA 71

spirito dell'istituzione non era più capace che di qual- che vampata effimera. Quella giostra di passioncelie piccine e pettegole, alla quale fanno assistere i nostri documenti, non consente più accesso durevole alle grandi, alle forti passioni. 11 Medio Evo degenera in carnevale. Queste tuttavia che pure emergono quasi ad ogni passo dei dispacci, non sono verità peregrine. L'inse- gnamento loro più importante è nella relazione nuova, spesso immediata che c1 offrono intorno a fatti e gesta sacre all' Italia (o tali almeno dovrebbero essere) ; molto più è nel color dei tempi e dei luoghi che h avviva, e non già sporadicamente; nell'efficace caratteristica im- pressavi da un' età, la quale, con le molte sue colpe, con i pregi che non le mancarono, merita di essere stu- diata e, per ora, è troppo poco studiata fra noi (1). Tali osservazioni facevo all' inizio del lavoro (2) e sento il bisogno di rinnovare ad opera compiuta. Possa il let- tore assentire all'editore di questi documenti, che du- rante lo spazio di un lustro vi dedicò buona parte di se medesimo, che ad essi in questo intervallo, anche quando ne fu distratto da altri studi e da altre cure, ebbe rivolto l'animo sempre (3).

Roma. f Paolo Piccolomini.

(1) Perciò appunto ho riportato dispacci o loro parti, anche quando non si riferivano strettamente al tema : in grazia di questa caratteristica.

("2) Cfr. Aì-ch. Stor. Ital., disp. 1^ del 1909, pp. 45 e segg.

(3) Debbo manifestar la mia riconoscenza all' illustre prof. Ludo- vico von Pastor, da cui mi venne il primo suggerimento di esplorare i documenti maltesi dell'Archivio vaticano. Così mi è grato ringraziare vivamente S. A. E. il Gran Maestro dell'Ordine gerosolimitano, che, in- tercedente il Gomm. Pio Franchi de' Gavalieri, mi permise l'accesso nella libreria magistrale di Roma. Un riverente saluto mando alla cara memoria di mons. Pietro Wenzel, custode dell'Archivio Segreto della Santa Sede, i consigli e le indicazioni del quale mi furono utilissime in questa, come nelle altre mie ricerche ne' materiali a lui affidati. Rapito da morte pre- matura, il giugno 1909, all'ufficio tanto degnamente esercitato, vivrà a lungo nel ricordo degli studiosi, che non si stancò mai di aiutare.

PAOLO PICCOLOMINI

DISPACCI (1).

l. Moìis. Mare$cotti al card. Chigi (Malta, voi. 19).

Eminentissiino e reverendissimo signore,

signor padron colendissimo,

Per havermi questo signor Gran Maestro in diversi discorsi esaggerato i strapazzi ch'in ogni tempo ha ricevuto da' Signori Venetiani la squadra di queste galere.... tanto nella participa- tione delle prede, quanto, e molto più nelli trattamenti, e parti- colarmente per ciò che successe l'anno trascorso in essersi negato in armata il solito luogo a questa Capitana, m'indussi a cre- dere certamente eh' all' instanza che potesse qua venir fatta, se- condo il solito, per inviarla a benefitio de' Venetiani nella sta- gione prossima, sarà risposto con la negativa. Onde in questi giorni, per arrivare a scoprire il netto di tal' affare, lodando io col medesimo signor Gran Maestro la diligenza grande che s'usa bora qua in risarcire in ogni più esquisita maniera ciascuna di queste galere, per il patimento grande che fanno nel' longo e con- tinuato viaggio di Levante con l'armata veneta ; mi rispose 1' Emi- nenza Sua che non sapeva se in questo anno le galere fossero per andare in servitio di Venetiani, poiché, se non veniva loro resti- tuito il solito luogo in armata, non era dovere che v'andassero....

....Malta, li ^6 gennaio 1664.

Galeazzo Marescotti.

(1) La corrispondenza tra l'inquisitore e la Curia dal 1664 al 1669 è contenuta nei voli. 19-22, 24-25, 23 ed 85 dell' Archivio Vaticano, sezione di Malta. Nei voli. 19-22, 24-25 si leggono missive originali, che in ge- nerale recano autografa la sola Arnia, da me riprodotta in carattere spazieggiato; il voi. 85 è un registro o copialettere. Il voi. 23 le cifre con l'inquisitore dal 1667 al 1669. Non ho mai derogato alle norme praticate per le due prime parti, nel pubblicare i documenti di que- st'ultima serie.

CORRISPONDENZA TRA ROMA E l'iNQUISITORE DI MALTA 73

II. Foglio di avvisi spedito da mons. Mar escotti al card. Chigi (Malta, voi. 19).

Malta, 8 aprile 1664 (1).

Il cavalier di 608(2) inviato dal re christianissimo al signor Gran Maestro ha di già fatto tre instanze a nome del suo re; che se gli conceda cioè la squadra delle galere di questa Religione per servirsene nella stagione prossima contro gl'Infedeli, unita- mente con l'armata regia marittima di vinti vascelli ed otto altre galere . ... {Il che fu) da Sua Eminenza, con partecipatione del Conseguo, prontamente (concesso)

Con tutto che le cose vadano molto (3) scerete, si va nondi- meno presentendo che l' intentione di Sua Maestà sia di sbarcare improvisamente con questa armata maritima in Barbarla un corpo di soldatesca veterana di 7 mila huomini, prendere qualche posto con porto di mare, e subito alzar terra e piantarvi in tutta dili- genza una fortezza considerabile, per poter poi di mano in mano andare in avenire acquistando paese e farvi notabili progressi, con i continui rinforzi di gente...; intendendo Sua Maestà di tenere sempre in piedi a questo effetto un'armata di trenta galere et al- tretanti vascelli. Di modo che può credersi che la squadra delle galere di questa Religione sarà richiesta di fare questo viaggio di Barbarla anche negl'anni avvenire. Dicono i nationali che que- sta impresa si tenti dal re in essecutione d' un voto fatto dalla re- gina madre quando restò gravida di lui ; e quando sortisca il desiderato fine..., sarà in avvenire di gran diversioni all'armi ottomane, a benefltio dell'imperatore e de' Venetiani, e di gran benefitio a questi mari, che non sarranno (4) così frequentemente corsi da' legni corsari nemici.

(1) 11 millesimo è sottolineato nel ras.

(2) Cioè de Gout (Cfr. Dal Pozzo, p. 312).

(3) 11 ms. ha molte, per influsso di scerete.

(4) Così il ms.

7i PAOLO PlCCOLOMINl

111. Mons. Marescotti al card. Chigi (Malta, voi. 21).

Eminentissimo e reverendissimo signor e padron colendissimo,

li gusto che sarà per ricevere Nostro Signore della missione di queste galere in Levante nell'estate prossima, per unirsi all'ar- mata veneta, è stato partecipato al signor Gran Maestro anco da cotesto signor ambasciatore di Malta (1), nell' inviare che ha fatto qua la lettera ducale, con raguagliare Sua Eminenza dell' instanze fattegli costì dal signor ambasciatore di Venetia (2). Ond'il signor Gran Maestro ha fatto subito intimar conseglio; e discussasi la materia, si è presa resoluti one che al tempo proporzionato questa squadra si porti in Levante et, avvicinatasi all'armata senza unirsi» spedisca felluca al general veneto, con fargli sapere trovarsi ivi pronta per servire la republica, sempre che gli venga conceduto il posto solito dovutoli; e caso gli sia di nuovo negato, dia volta corseggiando per altra parte, finché la stagione lo permetta.... Di Malta, 27 (3) febraro 1666 (4).

Galeazzo Marescotti

IV. Foglio di avvisi spedito da mons. Ranuzzi al card. Chigi (Malta, voi. 22).

Malta, 26 febraro 1667 (5).

Vascello francese venuto dalle Smirne in 23 giorni porta che l'armata sottile veneta si trovava alla Stantea e quattro galeazze a Paris.

Che il vascello che fu condotto qui dal commendatore de Bo- liers era arrivato in Costantinopoli (6) e che l'ambasciatore di

(1) Fra Francesco de Courauns (Dal Pozzo, pp. 310, 332).

(2) Giacomo Querini (Barozzi-Berchet, p. 4).

(3) Sottolineato nel ras.

(4) Id.

(5) Id.

(6) Si era scritto GonstantinopoU ; quindi fu cancellato V

COKHISPONDKNZA TUA IlOMA E l'iNQUISITOUE 1)1 MALTA 75

Francia (1), havendo rappresentato al Kamakan la cura che il suo re s'era preso di farlo restituire, esso gli rispondesse eh' haveva fatto il debito suo.

Conferma che il marchese Villa havesse in Candia con una mina fatto volare da 3 m. Turchi; dal che sbigottito il Gran Visir tenesse sempre pronte diece galee rinforzate, per far passar gente da Malvasia in quell'isola, e facesse istanza a Costantinopoli di nuovi soccorsi.

Aggiunge che l'ambasciatore di Francia havesse da quella corte spedito un suo gentilhuomo a Parigi in gran diligenza per negotio non penetrato.

V. Foglio di avvisi spedito da mons. BanuBsi al card. Chigi (Malta, voi. 22).

Malta, 26 febraro 1667 (2).

Per tutto il convento non si discorre d'altro che del viaggio eh' hanno da fare queste galere per ubbidire Nostro Signore, ser- vendo la squadra pontificia in Levante, per dar aiuto ai Veneti; et ogn'uno ne gode da una parte, perché bramano che questa squadra non stia in otio, ma che incontri occasioni di segnalarsi, il che non ha fatto da qualch'anno; dall'altra parte si vorrebbe vedere impiegata la squadra in aiuto più tosto d'ogn'altro prin- cipe che della republica, dolendosi non solo che essa recusi di dare alla galera capitana il posto che sempre ha havuto per l'adie- tro, ma che, havendolo havuto anco l' hanno (3) passato dalla squa- dra del re di Spagna, quando fu a servir l'imperatrice, la re- publica nieghi una verità così manifesta e nota a tutti. Oltre che dicono d'haver sempre nel resto ricevuto mali trattamenti dalla republica nell'istesso tempo che le hanno portato gl'aiuti, e poco buone parole da gl'offitiali di essa, e men cortesia; e che dopo il Turco non hanno maggior nemico di essa, la quale, qualunque volta che farà pace col nemico, meno permetterà che questa squadra entri ne' suoi porti ; e in evento di bisogno non si potrà mai qui sperare da essa reciproco aiuto d'alcuna sorte.

(1) Dionigi de la Haye (Terlinden, pp. 41, 105-6).

(2) Il millesimo è sottolineato nel ms.

(3) Così il ms.

76 PAOLO PICCOLOMIM

Vi. Motis. Ranuzzi al card. Chigi (Malta, voi. ^M).

Eminentissimo e reverendissimo signore e padron colendissimo,

L'avviso qua pervenuto dell' indispositione patita da Nostro Signore haveva raffreddato alquanto l'alestimento delle galere per incaminarle sollecitamente a Augusta, secondo l'appuntamento dato dal signor Prior Bichi. Ond'io non ho mancato manco tuttavia di sollecitare che si facciano i provedimenti necessari!, e in particolare lo spalmo, di cui hanno bisogno le galere; le quali però quanto prima saranno all'ordine per effettuare la stabilita partenza.... Malta, 16 aprile 1667 (1).

Angelo Ranu zzi ,

VII. Mons. Banussi al card. Assolino (Malta, voi. 22).

Eminentissimo e reverendissimo signore e padron colendissimo,

Il generale delle galere di questa Religione ha con sua let- tera della Stanttia in data de' 12 luglio prossimo participato al si- gnor Gran Maestro l'arrivo delle galere in quell'isola, con essersi lodato poco dejl'accoglienze fattegli da i ministri veneti. Non so eh' habbia espressa alcuna particolarità; ma l'istesso signor Gran Maestro m'ha detto in tal proposito queste precise parole: Non occorre che noi altri speriamo cos'alcuna di buono dalla republica. Quello che da noi si fa, bisogna farlo per servire a Sua Santità e per benefitio publico.

Con questa invio riverentemente a Vostra Eminenza.... un ri- stretto dello stato della piazza di Candia nel modo che qui s'è ricevuto.... Malta, 13 agosto 1667 (2).

Angelo Ranuzzi.

Copia di relatione mandata dal porto della Stanttia sotto i 12 luglio 1667 (3).

(1) Il millesimo è sottolineato nel ms.

(2) Id. (3)Id.

COIUUSPONDKNZA TUA JU)MA E L INQUISITORE DI MALTA

La città di Gandia presentemente è battuta e notte da' Tur- chi con otto batterie di 40 (1) pezzi grossi che la pili parte sono di 120 (i^) libre di calibro. Sono però destrutti in parte molti edi- fitii più riguardevoli, come le chiese di San Francesco, San Sal- vatore, San Paolo e de' capuccini, e sono rese inhabitabili tutte le case del quartiere di Sant'Andrea e della Sabioneta; onde la più parte delle famìglie degl'habitanti si sono ritirate in certe ca- supole sotto le mura, dove non arriva il canone nemico. Il primo visir ha fatto demolire tutte le case di campagna, lasciata in piedi solo quella dove lui habita. Ha fatto aprire le trinciere, che sono le più alte e le più forti che siano forsi mai state fatte sott'al- cun'altra piazza,' et ha attaccato le nostre fortificatìoni con tre mine, l' una al forte di Santa Maria, l'altra in un sito chiamato dell'opera Mocenigo, e la terza al forte di Sant'Andrea; ma quei di dentro hanno saputo far in maniera che le loro mine insieme con molta gente sono volate in aria, e non è giorno che non fac- ciano giuocare qualche fornello, con danno considerabile de' ne- mici di già vicini una picca alla nostra controscarpa. Il nostro canone non gli può più danneggiare, per l'altezza e grossezza de' loro ripari di terra; ma si supplisce con incessanti bombe e granate. Nel campo nemico sono da 40 m. soldati e 20 m. guasta- tori e s'intende che vi sia carestia di viveri. 1 bombardieri sono olandesi, stati presi per forza a quel servitio. Si teme che quanto prima sia per darsi un assalto generale. Nella piazza (3) vi sono 5 m. buoni soldati et abbondanza d'ogni provisione; e il signor marchese Villa è vigilantissimo e non riposa notte e dì. Il signor cavaglier d' Harcourt mostra gran coraggio e risolutione ; dal ge- neralissimo veneto ha ricevuto ogni sote (4) d'honore e il titolo d'Altezza. Le squadre auxiliarie con altre galere venete, al nu- mero di 32 in tutte con due galeazze, partono in breve per l'Ar- cipelago in traccia delle galere bailiere e de' soccorsi che si man- dono al campo nemico. Il generalissimo non parte dalla città, per esser più pronto a quello che può occorrere.

(1) Sottolineato nel ma.

(2) Id.

(3) Nel ms. Piazzo.

(4) Così il ms.,per sorta.

78 PAOLO PICCOLOMLM

Vili. Mons. Eannssi al card. Assolino (Malta, voi. ^M).

Eminentissimo e reverendissimo signore e padron colendissimo,

....Si parla più che d'ogn'altra cosa dell'assedio di Gandia, il cui evento ripercuote qua troppo sensibilmente ; e dai pochi progressi che il Turco sin bora ha fatto sotto la piazza, s'è invi- gorita la speranza che essa non sia per cadere in questa campa- gna. E si considera che sia riuscito di gran momento il soccorso delle galere di Nostro Signore con l'altre squadre ausiliarie: poi- ché senza di esse, le quali con dieci sole galere della republica sono andate scorrendo il mare dov'era maggiore il bisogno, non havrebbono i Veneti potuto disarmare tutte l'altre, com'hanno fatto, e valersi della gente, e particolarmente della ciurma, la quale hanno continovamente tenuto impiegata e fatto travagliare attorno alle fortificationi della piazza; onde quest'aiuto, con tan- t'altri, e di contanti e di soldati, che Sua Santità ha generosa- mente somministrato alla republica, hanno operato mirabilmente a frenar l'impeto del Turco et a far godere al Christianesimo in così importante occasione il benefltio che, piacendo a Dio, por- tare seco la conservatione di detta piazza.

È rimasta sodisfatta e contenta la Religione del luogo che per opera del signor Prior Bichi è stato dato in armata alla sua galera capitana, cioè dopo quella di Napoli.

.... Malta, 17 (1) settembre 1667 (2).

Angelo R a n u z z i .

IX. Mons. Banussi al card. Assolino (Malta, voi. 22). Eminentissimo e reverendissimo signore e padron colendissimo,

Havevo pensato di mostrar qualche gradimento col Gran Mae- stro da parte di Sua Santità per la speditione di questa squadra

(1) Sottolineato nel ms.

(2) Id.

CORIUSPONDKNZA TRA UOMA K L INQUISITOKK IM MALTA

in Levante sotto lo stendardo pontifìcio...; ma me ne sono aste- nuto stante le cose presenti. Che se nondimeno Nostro Signore havesse per bene ch'io passassi qualche offitio, lo potrò fare ad ogni cenno di Vostra Eminenza, perché sarà molto grato, e tanto più prontamente e piìi volontieri saranno somministrate le galere altre volte che Sua Santità le vorrà, essendone risultato adesso grand' honore alla Santa Sede, poiché queste galere con l'altre mandate in aiuto della republica veneta, hanno accreditato le armi di essa, le hanno dato comodità di poter impiegar i soldati e la ciurma della loro armata in servitio a difesa della Candia, hanno impedito a' nemici i soccorsi, hanno abbattuto l'animo del primo visir e dato apprensione al suo esercito; e in somma al favore et al benefitio di tal soccorso viene comunemente attribuita la sal- vezza, che hormai più non si mette in dubbio, di quella impor- tante piazza

Malta, m ottobre 1667 (1).

Angelo Ranuzzi.

i X. Foglio di avvisi spedito da mons. Bichi al card. Rospigliosi

l (Malta, voi. 24).

Malta, 25 agosto 1668 (2).

Vascello maltese venuto dal Zante in 12 giorni reca aviso che Candia era travagliata assai dai Turchi.

Altro vascello francese.... conferma che l'inimico stringe si gagliardamente notte e giorno la città di Candia, che ogni giorno restano morti cinquanta o 60 Cristiani; e che però, ritrovandosi il generale di quella piazza con poca gente, sollecitava con reite- rate instanze il capitano generale dell'armata navale (che con le galere ausiliarie di Ponente si ritrovava al golfo della Canea) ad accostarsi alla piazza, per accudire unitamente alla difesa di quella.

(1) Sottolineato nel ms..

(2) Id.

80 PAOLO IMCCOLOMINI, CORHISPONDENZA ECC.

Che le galere di Malta, nel voler far acqua ad una fiumara, (la tramontana della Canea, furono assaliti (1) dai Turchi le genti che mèssero in terra, e nella zuffa furono uccìsi due cavalieri, uno francese, chiamato Ribandang, e l'altro fu* il cavaliere Compa- gnioni, italiano, ambedue volontari (2), e restò anco ferito leg- giermente il cavaliere Regni padrone della galera (3) San Nicola.

La polveriera di Candia accidentalmente ha preso fuoco, con morte di cinquanta o 60 cristiani.

Che 5 vascelli da guerra veneti, quali costeggiavano l'isola di Candia per impedire lo sbarco ai Turchi, furono attaccati da 1*^ vascelli barbareschi e due dei primi furono subito rambati dai Barbareschi ; e visto non v'essere scampo, si diedero fuoco da stessi; dal che spaventati i Turchi, lasciarono gl'altri 3 senza far altro tentativo.

{continua).

(1) Così il ms.

(2) Cfr. Dal Pozzo, p, 352, ove il Eibandang è chiamato Bahodanges.

(3) Cosi il ms.

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Dalla sooiologia alla storia economico-sociale

IN ALCUNE PUBBLICAZIONI

DELL' " INSTITUT SOLVAY DE SOCIOLOGIE "

Divise formalmente nella triplice serie Notes et Mé- moires, Études sociales ed Adualités sociales, per quanto una linea netta di demarcazione manchi spesso real- mente, sia pel contenuto che per la mole od il metodo, fra i volumi d'una serie e quelli dell'altra, continuano ricche d' interesse le pubblicazioni dell' « Istituto Solvay di Sociologia », parte integrante di quel più vasto organi- smo scientifico degli « Instituts Solvay» di Bruxelles, la cui opera, come avemmo occasione di ricordare altra volta in questa Rivista (1), è ispirata ad un fine sistematico di progresso econoAiico e sociale da raggiungersi me- diante l'applicazione delle verità scientifiche alla vita in- dividuale e collettiva. E poiché non v' è ramo dello •scibile che direttamente o indirettamente non possa coi risultati suoi ultimi contribuire ad un perfezionamento della vita umana, Fopera d'indagine e di volgarizza- zione dell' « Istituto Solvay di Sociologia » è andata via via estendendosi a campi sempre più Vasti; ora stu-

(1) Archivio storico italiano, disp. del 1907, pp. 192 e segg.

6

8^ GKNNAIU) MONDAIN]

diando i problemi deiralimentazione, del lavoio, dello sforzo in vista dei rispettivi risultati economici (vedi ad es. i volumi Recherches sur le travail humain dann Vindustrie dei dr. Slosse e Vaxv^eiler, 1910; Entraine- nient et fatigue au point de mie militaire di J. Yoteyko, 1905; Pourquoi mangeons nous? Principes fondamentaux de Valimentation dello Slosse, 1908 ecc.); ora rivan- gando le origini prime della vita sociale in quanto hanno di più suggestivo (vedi ad es. : Les origines na- turelles de la propriété: essai de sociologie comparée del Petrucci, 1905); ora illustrando determinati aspetti eco- nomici della società, e della vita contemporanea in ge- nere o di quella d'un determinato paese (il Belgio so- vra tutto) in ispecie (tali ad es. i volumi del De Leener su Uorganisation syndicale des chefs d'industrie, 1909; dell' Ingenbleek sulle Impòts direds et indirects sur le revenu, 1908; del Théate ^u Les sociétés anonymes : abus et remèdes, 1905; del Brees su Les concessions et les Ré- gies communales en Belgique, 1906 ecc.).

Ne mancano fra tanta mèsse di pubblicazioni quelle che, o per studiare problemi sociologici che stanno alla base della storia o della storiografia, o per illuminare della viva luce del passato le direttive sociali del pre- sente, o per considerare infine i fenomeni sociali nel loro aspetto dinamico oltreché statico, presentano diret- tamente o indirettamente un interesse, quando non anche una veste storica, e più che di semplice menzione ap- paiono degne così, anche sotto questo risguardo, di esame.

Tali, oltre ai volumi del Grick e del Somló in questa stessa Rivista già considerati (1), quelli dell' Houzé sul- l'Ario e l'antroposociologia (2), del Waxweiler sul con-

(1) Ardi. stor. it., disp. 1* del 1907, pp. 192 e segg. edisp. 1*^ del 1911, pp. 169 e segg.

(2) E. Houzé, L' Aryen etVanthroposociologie. Étude critique, Bru- xelles et Leipzig, Misch et Thron, 1906.

PUBBLICAZIONI UELL' (( INSTITUT SOLVAY DE SOCIOLOGIE » 83

tenuto positivo delia sociologia (1), del Prins sullo spirito del governo democratico (2), de) Lewinski, intìne, sul- l'evoluzione industriale del Belgio contemporaneo (:]), che qui ci proponiamo di sottoporre a più minuta analisi.

*

Il volume dell'Houzé sull'Ario e l'antroposociologia è la confutazione scientifica d'un principio falso am- messo dalla generalità delle persone colte, la confuta- zione cioè di quel principio della superiorità della razza ariana sulle altre, che non solo è, come ogni altro pre- giudizio, un ostacolo alla ricerca spassionata del vero nel campo scientifico, dove infatti ha creato messo in circolazione e accreditato un tipo ario morfologica- mente superiore agli altri, e nel campo storico, dove infatti ci ha dato il romanzo antroposociologico del- l'Ammon del Lapouge del Woltmann, la storia cioè modellata sull'indice craniale, sulla statura e sul colo- rito degh occhi e della pelle; ma anche costituisce un ostacolo al trionfo della solidarietà umana, del rispetto e del diritto per tutte le razze e le nazioni con quel- l'esaltamento borioso e sprezzante delle genti germa- niche, nelle quali i banditori del verbo antropologico affermano predominare il tipo ariano per eccellenza, Vhomo europaeus, alto biondo e dolicocefalo, cui non solo sarebbe riservato da madre natura il dominio su tutti gli altri popoli ma spetterebbe in modo esclusivo

(1) E. Waxweiler, Esquisse d'une Sociologie, Bruxelles et Leipzig, Misch et Thron, 1906.

(2) A. Prins, De l'esprit du gouvernement démocratique, Bruxelles et Leipzig, Misch et Thron, 1906.

(3) J. Lewinski, L'évolution industrielle de la Belgiqtie, Bruxelles et Leipzig, Misch et Thron, 1911.

Si GENINA HO MONDAINI

il merito di avere promosso la cultura, il sapere, la ci- viltà su ogni angolo della terra!!

L' Houzé, con metodo anche più radicale di quello seguito recentemente in Italia dal Golajanni nel com- battere la stessa battaglia (1), comincia col dimostrare anzitutto che il preteso tipo ariano non è mai esistito, che l'ariano non è un popolo primitivo m^i una creazione ideologica, una invenzione di tavolino, demolendo Tuna dopo l'altra col sussidio degli studi piìi accreditati, delle scoperte più recenti, dei risultati scientifici più sicuri, le basi fondamentali di esso, la linguistica la storica l'archeologica l'antropologica.

La linguistica, l'argomento principe, la base stessa anzi della teoria ariana, non prova nulla: la lingua nasce, si sviluppa, si altera, si modifica, si importa, si trasforma, sparisce o persiste come lingua morta indi- pendentemente dai caratteri fisici dei popoli, i quali, sorti sotto l'influsso dell'ambiente, sono trasmessi dal- l' eredità, trasformati dall' evoluzione, modificati dagli incroci; i tipi umani più opposti possono parlare la stessa lingua come lo stesso tipo può "parlare lingue disparatissime. L'unità linguistica nulla prova a so- stegno dell'unità del tipo etnico.

Meno ancora provano in favore del preteso tipo ariano la storia e l'etnografia, la prima che ci dimostra come i paesi settentrionali d' Europa, quelli donde sa- rebbe venuta la civiltà ariana, sono stati invece i più refrattari alla cultura intellettuale; la seconda che ci di- mostra come i famosi caratteri comuni, che riunivano in un solo fascio i popoli di hngue asio-europee, apparten- gono pure ai Semiti ed agli Egiziani, ai Pellirosse e ad

(J) Napoleone Colajanni, Latini ed Anglosassoni (Basse inferiori i razze superiori), 2* edizione, Roma-Napoli, presso 'la Rivista popo- are, 1906.

PUBBLICAZIONI DELL (( INSTITUT SOLVAV I)K SOCIOLOCJIK »

altri selvaggi: la religione, la mitologia, che Terudizione filologica aveva identificate, mettendo sul frontone del- l'edifìcio la scritta Panteon ariano, tutto è subissato, senza rispai'miare Giove stesso. Perfino l' importazione delle piante coltivate degli animali domestici e dell'industria del bronzo, il trittico indispensabile della migrazione ariana, è divenuta insostenibile dopo che l'archeologia ha contrapposto alla cronologia fantastica ed alle indu- zioni linguistiche il fatto che i cereali e gli alberi fruttiferi sono coltivati in Europa dalla fine dell' epoca quater- naria e discendono da specie indigene, che gli animali domestici non sono stati importati in blocco ma addo- mesticati successivamente e che tutti gli animali dome- stici europei dell' epoca neolitica hanno degli antenati europei quaternari; che infine l'industria metallurgica, sviluppatasi in Europa durante l'epoca neolitica, si servì di metalli europei, dalle isole Gassiteridi alla Spagna.

Quanto poi all'antropologia, essa è tuttora e sarà sempre impotente a dire, davanti ad una serie di forme craniali, quale è quella che ha albergato il cervello donde si è svolto il primo gergo asio-europeo !

Dimostrato che l'Ariano, come tipo etnico, non è mai esistito che nell'immaginazione dei suoi creatori e che tutte le civiltà sono opera di popoli, usciti dal- l'incrocio pacifico o forzato delle primitive tribù, non già di tipi etnici speciali; l'Houzé attacca nella seconda parte del volume le premesse pseudo-antropologiche, donde deriverebbe la superiorità naturale degli Ariani sugli altri tipi, la famosa, cioè, dolicocefalia fonte di maggiore capacità intellettuale; e, stando sul terreno stesso dell' evoluzione e del darwinismo, sfruttati, fal- sandoli, dalla scuola antroposociologica, dimostra che l'evoluzione cerebrale dell'umanità rientra nel quadro generale dell'evoluzione progressiva, è cioè, insieme con la selezione, il risultato dell'azione dell'ambiente e della

80 GENNAUO MONDALM

reazione dell'organismo vivente in esso, grazie al per- fezionamento graduale del sistema nervoso, che nel suc- cedersi delle età geologiche e nella serie zoologica ha servito ad armonizzare le influenze dell'ambiente cogli atti degli organismi. Nella specie umana troviamo le due forme, la dolicocefalia e la brachicefalia, con tutte le forme intermediarie dovute all'evoluzione progressiva ed agli incrociamenti. Queste due forme si riscontrano tanto nelle tribti selvaggie quanto nelle popolazioni più civili e, negli incrociamenti fra dolicocefali biondi e bra- chicefali bruni, è la forma arrotondata che prevale ; e se l'eredità fìssa di preferenza questo carattere, ciò devesi al fatto che esso è favorevole all'accrescimento del cer- vello, sul quale si concentra la selezione dopo l'apparire della cefalizzazione. In Europa la dolicocefalia è andata così diminuendo dall'epoca quaternaria in poi : di età in età, l'indice cefalico è salito, grazie all'evoluzione del cervello, favorita dall'incrocio con la brachicefalia, la superfìcie ed il volume del cervello aumentando coll'as- sociarsi della larghezza della seconda colla lunghezza della prima.

E pensare che in questa progressiva eliminazione della forma dolicocefala il Lapouge l'Ammon il Wolt- mann e gli altri pontefìci massimi della scuola antro- posociologica vedono la catastrofe della civiltà!

Scalzata nella sua duplice base, storica ed antro- pologica, V Antroposociologia, il brefotrofìo pietoso del povero Ariano superiore, riceve nell'ultima parte del volume il colpo di grazia; e le famose undici leggi, in cui la Scuola ha formulato col Lapouge le sue conclu- sioni, — da quella della ripartizione della ricchezza, per cui nei paesi ad incrocio Europaeus-Alpinus la ricchezza crescerebbe in ragione inversa dell'indice cefalico, a quella óeìV emigrazione, per cui emigrerebbe di preva- lenza l'elemento meno brachicefalo, a quella della con-

PUBI3LICAZ10NI DELL' (( INSTITIIT SOIA'AY DE SOCIOLOGIE» 87

centrazione dei dolicocefali, deW eliminazione urbana (se- lezione in favore dei dolicocefali operata dalla vita ur- bana) e così via cadono l'una dopo l'altra sotto i colpi della storia, della statistica o, perfino, della semplice logica, essendo qualcuna di esse in contraddizione con altre: l'unica a salvarsi è quella degli intellettuali, il cui cranio è più sviluppato in tutte le dimensioni e so- vratutto in larghezza, ma, per ironia del buon senso, proprio essa rovina tutte le altre, giacche questo mag- giore sviluppo si deve per l'appunto all'incrocio doli- cocefalo-brachicefalo, cioè all'incrocio per il Lapouge e per la sua scuola intellettualmente detestabile!

11 romanzo antroposociologico, e con questo la conce- zione ariocentrica della storia, in esso radicata, termina così col demolirsi da se medesimo, qualora anche la critica non lo dimostrasse basato su una serie di er- rori, errori statistici, errori anatomici, errori fisiologici, errori psicologici, errori, infine e sovratutto, storici.

Se il libro dell' Houzé sgombra il terreno storico- sociologico d'un pregiudizio funesto, VEsquisse d'une Sociologie del Waxweiler mira a sgombrarlo d'una preoc- cupazione non meno perniciosa al progresso nella ri- cerca del vero, la preoccupazione cioè di trovare le leggi eterne dello sviluppo sociale, del processo storico, di trovare sovratutto quel fattore iniziale, primordiale (geo- grafico per gli uni, antropologico per gli altri, psichico per altri ancora, economico e così via), donde per lo- gico sviluppo si sarebbe svolta via via la storia del- l' umanità. È questo infatti il punto di vista come del- l'antica filosofia della storia da Sant'Agostino al Vico all'Hegel, così di tutte le moderne concezioni unilate- rali della storia, dall'antropogeografica del Ratzel ali

88 GENNAHCy MONDAINl

teciiico-economica del Marx, dall' etnologica del Gobi- neau all'ideologica (lei Buckle, concezioni che, se in certi casi hanno contribuito, col lumeggiare l'uno o l'altro dei suoi fattori, ad una più larga conoscenza del fenomeno sociale, sono tutte ben lungi, nonché dallo scoprirne le leggi, dallo sviscerarne l'essenza e dal rap- presentarne la complessa realtà, obbiettivo non raggiunto meglio certamente dall'odierna sociologia, da quella bio- logica dello Spencer del Lilienfeld dello Schaff'le del Worms a quella, che il Barth chiamerebbe classifica- trice{\) (per il concetto, il quale la informa, che la scala gerarchica dei fenomeni sociali coincida con quella ge- netica di essi) del Littré del De Roberty del De Greef del Lacombe, convinti tutti di trovare nella classifica- zione genetico-ricostruttiva dei fenomeni sociali non solo la distribuzione di essi ma lo stesso processo di svolgi- mento, il nascere, cioè, il crescere il divenire, in una parola, della società umana.

Nonché darci tutto questo, la sociologia invece non è riuscita ancora a ben delimitare il campo delle sue indagini, a fissare il punto di vista specifico, da cui studiare i fenomeni sociah, condizione sine qua non d'ogni discipfina, non solo per differenziarsi dalle altre, mediante un fine un metodo un campo d'osservazione suo proprio, ma anche per rendere fruttuose le sue ri- cerche. E la ragione di questa sterilità, di questo ar- resto di sviluppo, sta appunto nella via falsa, per cui la sociologia si è messa sin dall'inizio: essa è andata alla ricerca delle ultime cause e delle leggi eterne dello sviluppo sociale prima studiare, peggio ancora prima di sapere quali fenomeni sociali dovessero rientrare nel suo campo di studio e di osservazione. Ogni progresso

(1) P. Barth, Die Philosophie der Geschichte als Sociologie. Erster Teil : Elnlelfung mici kritische Uebersicht, Leipzig, Reisland, 1897.

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quindi della sociologia è impossibile se prima non si so- stituisce al miraggio, cui essa ha obbedito finora, un fon- damento positivo d' indagini strettamente sociologiche.

Il volume del Waxweiler tende appunto a questa sostituzione feconda. L'Autore non solo abbandona e proclama falso il metodo finora seguito, ma d'accordo col Draghicesco (1), di cui fa sue le conclusioni, nega la possibilità stessa di trovare quelle leggi, alla cui ri- cerca si son rivolte finora e la filosofia della storia e la sociologia. Come Newton e Laplace non avrebbero potuto formulare l'uno la legge della gravitazione l'altro i principi della meccanica celeste, se fossero stati essi testimoni della nebulosa lanciata nello spazio, ne Darwin trovare la chiave del determinismo biologico prima che la trasformazione delle specie avesse al suo attivo una settantina di milioni di anni e piti ; cosi il pensatore non può oggi scoprire le leggi di sviluppo del regno so- ciale per la semplicissima ragione che questo, per po- tere far ciò, dovrebbe essere oramai una realtà completa stabile definitiva. Il determinismo sociale è quindi una pura e semplice velleità, di fronte al mutare incessante della storia per un numero infinito di cause : pretendere di trovarlo significa pretendere di scoprire nella caducità effimera del fenomeno sociale leggi eterne come quelle della natura. Le pretese leggi sociologiche, in cui si ri- flettono le forme e la realtà della vita sociale, non pos- sono quindi avere un valore assoluto diverso da queho delle stesse realtà e forme sociali, che sono l'opera pre- caria di alcune generazioni !

Se non che, devesi per questo, si chiede il Waxweiler, rinunziare a sottometter l'organizzazione sociale all'ana- lisi scientifica, rinunziare ai vantaggi che tale anahsi può

I

(1) Draghicesco, De la possibilité des sciences socìales, in lìevue philosophique, ottobre i9(^.

IX) (lENNARO MONDAINI

offrile, ai principi che essa può metter in luce'^ L'esempio (Iella biologia suggerisce la risposta alla domanda fonda- mentale ed il metodo da seguire. Come i biologi, datisi alla ricerca del determinismo della forma, nella insufficienza della teoria trasformista a spiegare perchè una specie (jualunque sia discesa da un'altra in quella data forma e non in un'altra, non sottoposero già ad esame, per risolvere il problema, tutte le specie viventi, cercando di trovare per via di comparazione e seriazione crono- logica le ragioni delle forme di ciascuna, ma si limi- tarono a rimontare ai numerosi fattori morfogenici primari, peso temperatura pressione osmotica, fattori chimici ecc., di cui la forma è il risultato convergente ; così, egli dice, i sociologi, davanti a quell' organizza- zione sociale che è, come la forma nell'individuo, il prolungamento della reazione vitale iniziale, devono analizzare laboriosamente quel complesso sociale che l'astrazione loro fornisce, scomponendolo nei suoi reali fattori sociogenici primitivi, vale a dire le tendenze indi- viduali naturali dei membri coordinati nei gruppi so- ciali : essi scorgeranno allora in azione una, infinità di processi multipli, obbedienti alla loro volta a certi de- terminismi biologici di cui, tutto al più, attenderanno dalle altre scienze della vita le interpretazioni defi- nitive. In luogo di spiegare la figliazione dei tipi d'or- ganizzazione sociale per mezzo d'un determinismo unico, inadeguato ai fenomeni e quindi inesistente e perciò irreperibile, essi sveleranno una convergenza di deter- minismi particolari : respinta deliberatamente 1' astra- zione della «società», faranno oggetto di studio i gruppi sociali, scindendo anche questi negli elementi di cui constano, cioè gli individui viventi « della vita sociale », prendendoli fin dalla nascita, studiandone l'adattamento sociale sotto l'influenza degli individui che li circondano, isolandone le attività ed al tempo

Pl^BHLlCAZIOM DKLl/ « INSTITUT SOLVAV DK SOCIOLOGIE » ))

stesso i legami semplici o complessi, che li uniscono agli altri individui nelle più diverse sinergie, l fenomeni, ai quali danno luogo le azioni e reazioni reciproche degli individui viventi in società e dei gi'uppi che ne risultano; ecco quindi il campo specifico della socio- logia ed il punto di vista, da cui studiare la società per avere una scienza autonoma di essa; le sinergie sociah, espressione ultima della reazione organica, termine ul- timo della sociologia: al di di esse, la sociologia non può andare; non le riman altro che rimettere l'orga- nizzazione sociale, così smontata nei suoi elementi ed in essi spiegata, alle discipline sociali che la reclamano per le loro pratiche applicazioni alla vita sociale.

CItilitaria nel suo fme, come quella che mira nelle possibili sue applicazioni pratiche al rendimento mas- simo delle attività umane, secondo il concetto generale che informa la scuola produttivistica del Solvay, alla quale l'autore appartiene, la sociologia del Waxweiler, di cui in questo volume sono tracciate col metodo le linee generali (dall'adattazione degli esseri al loro ambiente alla formazione sociale, dalle attitudini e attività sociali alle sinergie sociali, dalle più semplici di queste alla più complessa, la coscienza sociale), riposa su una base essenzialmente biologica, suir osservazione e resperimen- tazione delle manifestazioni particolari della sensibilità fisica dell'essere vivente. Nell'esclusivismo della base sta il pericolo di questa sociologia, come nel punto di vista esclusivamente sociale da essa sistematicamente adot- tato la sua forza e nella deliberata rinuncia alla ricerca fantastica dell'irreperibile la speranza di applicabilità alla vita sociale.

* * *

Il volume del Waxweiler è superato in ardimento da quello del Prins ; che se il primo mira a sovvertire

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un metodo prevalente in un determinato campo di studi, il secondo la rompe addirittura con una concezione non solo teorica e dottrinaria ma anche pratica e po- litica della vita contemporanea. 11 volume, dove l'illu- stre professore e magistrato studia lo spirito del go- verno democratico, è infatti un vero atto d'accusa contro la democrazia, non già però contro l'essenza di essa ma contro la forma ideale e materiale di cui si riveste nella società moderna e di cui si crede general- mente possa in modo esclusivo rivestirsi.

Democrazia e infatti una parola vaga, una parola che nella storia ha servito a denominare le forme po- litiche più disparate dei regimi sociali più diversi, dalla democrazia ateniese riposante sulla schiavitù, a quella rurale dei cantoni svizzeri o delle colonie nord-ameri- cane, a quella parlamentare odierna esprimentesi dal seno di una società industriale. Per quanto varie le forme, essa può tuttavia, secondo il Prins, ridursi a due tipi, quello della democrazia assoluta, cui il genio di Rousseau ha dato l' ultima sagoma nella storia delle dottrine politiche ed il trionfo della Rivoluzione fran- cese il battesimo e la forza di espansione nel mondo, democrazia che vuol essere sovranità illimitata e diretta, inalienabile e imprescrittibile del popolo intero; e quello della democrazia, per dirla col Prins, organizzata, che consiste nella partecipazione effettiva, più larga possi- bile, della più gran massa possibile di cittadini all'ain- ministrazione della cosa pubblica e si fonda sulla strut- tura stessa della società : una democrazia dunque formale, ideologica, di immaginazione, frutto d' un'astra- zione che non trova riscontro nella storia, salvo nei primi stadi dello sviluppo sociale, quando la democra- zia non è un regime politico ma uno stato sociale omo- geneo, non ancora differenziato e complesso; ed una democrazia sostanziale, reale, concreta, incarnantesi in

Pl'BIUJCAZIOM 1)KI-L' « liNSTITl'T SOL\ AV l)K SOCIOI-OGIK » IDJ

più o meno larga misura nei regimi politici delle de- mocrazie storiche.

L'evoluzione politica del secolo XIX, dalla Rivolu- zione francese ai giorni nostri, è la storia, può dirsi, dell'influenza della democrazia assoluta sul regime co- stituzionale dei popoli occidentali: il plebiscito, il refe- rendum, la legislazione diretta, il suffragio universale egalitario, il mandato imperativo, la retribuzione del mandato, la frequenza delle elezioni, l'estensione co- stante della competenza delle Camere legislative, donde si scartano gli specialisti nel momento stesso in cui più necessario si rende il ricorso ai lumi loro, il controllo crescente degli elettori sui mandatari e quello degli eletti sul potere esecutivo, la convinzione che solo gli eletti del suffragio universale siano i veri rappresentanti del po- polo e che ogni altra combinazione sia una cospirazione contro la sovranità popolare ed una falsificazione della volontà popolare ecc., sono conseguenze e manifesta- zioni di quella democrazia assoluta, che nel regime par- lamentare a suffragio universale ha trovato la sua in- carnazione concreta.

Il regime da essa elaborato è però una vera de- mocrazia od un'apparenza soltanto di essa?

Ecco, in sostanza, come l'A. imposta il problema, accingendosi ad un esame critico di questa democrazia classica, nei suoi presupposti logici e nelle sue estrin- secazioni salienti.

Sviluppo logico del principio aprioristico che la to- talità degli individui è la sorgente della verità e del diritto, essa riposa su tre canoni fondamentali: 1) tutti gli individui essendo eguali, tutte le volontà essendo eguali, tutti gli uomini hanno gli stessi diritti; e la tendenza all'eguaglianza delle condizioni è la sola base razionale d'una società democratica; 2) per sapere quel che vuole questa società, basta totalizzare e condensare

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le volontà individuali eguali, e l'espressione democratica della volontà popolare è la maggioranza numerica ; 8) poiché, per trovare questa maggioranza, è impossi- bile di riunire permanentemente la totalità degli indi- vidui od il popolo stesso, bisogna accontentarsi di riunire i suoi delegati, ed il solo procedimento demo- cratico di delegazione è il suffragio egalitario di tutti gli individui.

Il principio egalitario, il principio maggioritario ed il suffragio universale sono sempre le basi indispensa- bili ed esclusive della democrazia, come oggi general- mente si intende: sono però realmente le basi d'una de- mocrazia vera ed attuabile?

La risposta a questa domanda formidabile, che in- veste tutta quanta la vita politica moderna, nei suoi presupposti e nelle sue estrinsecazioni, nei suoi postu- lati e nelle sue conquiste, costituisce la parte predomi- nante del volume del Prins, parte nella quale vengono presi partitamente in esame i tre principi suesposti, ne- gandosi degli ultimi due la corrispondenza ai fini d'una vera democrazia, del primo addirittura la possibilità.

Del principio egalitario infatti l'A. trova, com'è na- turale, l'espressione ideologica più completa e l'efficacia storica più sensibile e tangibile nel collettivismo, contro il quale perciò esclusivamente rivolge le sue armi.

La complessità crescente della vita sociale, la quale con lo sviluppo della civiltà allontana sempre più le collettività da quello stato economico primitivo, rudi- mentale, che solo rende possibile la perfetta eguaglianza di condizioni, e la concomitante differenziazione degli individui, differenziazione che nell' interesse stesso del- l' individuo oltrecchè della società deve procedere e pro- cede infatti sempre più intensa coli' evolversi della vita sociale, colla richiesta di capacità sempre più alte negli individui preposti alla direzione della pubblica azienda,

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sia economica che politica e sociale; sono le argomenta- zioni che nei particolari loro forniscono all'A. le armi mi- gliori per sostenere la tesi della prevalenza crescente della disuguaglianza sull'uguaglianza nello sviluppo deha ci- viltà e, più ancora, della impossibilità di attuazione del principio egalitario; mentre l'inconsistenza di alcune speciali teorie marxiste, il j)rincipio catastrofico del- l'abisso crescente fra la concentrazione capitalistica in- dividuale in alto ed il progressivo immiserimento in basso, ad esempio, il principio del plus-valore, e così via, gli naturalmente buon gioco contro la concezione sociale del marxismo preso nel suo complesso, contro cioè la possibilità d'una collettività di uomini parteci- panti tutti indistintamente al lavoro sociale e tutti in proporzione del loro lavoro ai frutti di esso.

Peccato che l'Autore nella foga antisocialista non si limiti alla critica razionale del marxismo (critica da cui i socialisti pei primi non si sono astenuti ; e baste- rebbe a provarlo il largo movimento revisionista, rap- presentato dagli scritti del Bernstein in Germania, del Millerand in Francia, del Bonomi in Italia ecc.); ma accetti nel suo libro ed in una forma suggestiva dia il prestigio dell'autorità sua ad alcune delle obbiezioni piti volgari e banali mosse in mezzo secolo al socia- lismo, turbando in certi punti la serenità dell'indagine scientifica per scrivere una pagina di sterile polemichetta politica.

Con ciò il Prins non misconosce, tutt'altro, le piaghe sociali dell'odierno regime economico ; le riconosce, le deplora, suggerisce perfino i mezzi onde sanarle; ma nega che la radice di esse stia nel regime economico stesso: per lui tale radice è nella deficienza di senso morale dell'età nostra, che ha rivolto le sue cure alla pro- duzione più che alla distribuzione della ricchezza; nel- l'uomo dunque anziché nel sistema, facendo così di tutto

\H) (.KlNNAlU) MOMtAlM

(della morale sociale, se vuoisi perfino del demagogismo democratico-cristiano), fuorché del positivismo sociale.

Logica conclusione, per quanto riguarda il principio egalitario, è quindi per il Prins che il problema sociale per eccellenza dell'epoca nostra non è la soppressicme del sistema capitalistico (l'A. veramente usa volentieri l'espressione soppressione del capitale, mentre il socia- lismo non si è mai sognato di sopprimere il « capitale »), ma degli antagonismi che in esso (e non per esso, che altrimenti sarebbero insopprimibili) si avvertono : poi- ché l'evoluzione storica, egli dice, ha portato con lo sviluppo del commercio alla creazione d'una borghesia capitalistica, di cui primo e massimo bisogno è la li- bertà individuale, e con lo sviluppo dell'industria alla creazione d'un proletariato, che ha bisogno anzitutto di organizzazione e di giustizia, il problema che si impone è « la riduzione degli antagonismi, la conci- « Razione fra la libertà e la giustizia; giacche noi non « possiamo far a meno ne dell'una ne dell'altra; e la « libertà è pericolosa se non è limitata dalla giustizia « sociale, come la giustizia sociale è pericolosa se non «è allargata e vivificata dalla libertà», conclusione un pò' vaga e vaporosa, se vogliamo, ma logica per chi non veda nel sistema stesso sociale le cause dei mali sociali, conclusione la quale può fare il paio benissimo con quella di coloro, che si affannarono a più riprese nella storia per 'dimostrare la possibilità di remozione dei mali individuali specifici della schiavitù senza bi- sogno di sopprimere il regime economico di essa: di- mostrazioni filantropiche cui la storia nella sua logica spietata ebbe il torto di non voler dare la sua sanzione, aspettando di abolire quei mali colla soppressióne sol- tanto del sistema da cui scaturivano.

Negata così la possibilità della base assolutamente egalitaria della democrazia classica, FA. passa a dimo-

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strare (ed in questa dimostrazione è più fortunato, in- quantochè non si tratta qui di dimostrare rimpossil)ilità d'un ipotetico fenomeno futuro in un campo come quello sociale, dove tutto è possibile, ma V insufficienza d'un sistema politico ad attuare i fini per cui sorse) tutta la vacuità e labilità delle altre due basi di tale democrazia, del principio, cioè, maggioritario e del suf- fragio universale.

Al postulato politico della volontà generale espressa dalla maggioranza si oppone, egli dice, in nome della giustizia e della libertà, il dilemma seguente : o si crede che la maggioranza rappresenti realmente la volontà generale ed allora si cade nell'assolutismo della metà piti uno dei consociati a danno dell'altra metà meno uno; oppure si ritiene che i membri della minoranza siano eguali a quelli della maggioranza e quindi dotati della stessa capacità di diritto e d'azione, ed allora la volontà generale non ha più modo di manifestarsi, il Uberum veto dell'individuo ha pieno diritto di cittadi- nanza, l'anarchia impedisce nella pratica qualsiasi forma di regime politico.

Non è dunque che la minoranza deva obbedire alla legge fatta dalla maggioranza perchè tale legge sia l'espressione della volontà generale, ma perchè vita sociale presuppone la subordinazione della parte al tutto, dell'individuo alla collettività, della minoranza alla maggioranza per un fine superiore agh interessi particolari dell' individuo della minoranza e della stessa maggioranza, cioè per la vita generale dell' insieme, di cui la maggioranza come la minoranza come l'individuo non sono che una parte.

Ripudiato in linea di principio il fondamento mag- gioritario della democrazia, viene, a più forte ragione, oppugnato dall' A. in linea di fatto, nel metodo cioè escogitato per tradurlo in azione, il metodo numerico,

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iiulividualistico e semplicista, di sonniiare insieme i voti individuali per avere il responso della maggioranza. Questo metodo, egli dice, si spiega benissimo nel mo- mento storico in cui sorse : la rappresentazione totale e diretta della volontà popolare era nella mente del Rousseau, nella filosofia politica del Settecento, l'unico modo di reagire ad un tempo ed all' egoismo delle diete stati ordini corporazioni e così via, che non rappre- sentavano ormai più se non abusi monopoli immunità benefìci, cioè interessi particolari, ed all'assolutismo del monarca, che ormai non governava più pel paese ma per se stesso.

Ciò non toglie però che tale metodo, il quale era la negazione completa del principio informatore della rap- presentanza politica in tutta l'età precedente, della rap- presentanza cioè degli interessi sociali costituiti anziché dei singoli individui, non fosse quanto mai empirico, appunto perchè faceva tabula rasa di tutti questi inte- ressi, legittimi o no, per sostituirvi dei semplici numeri, delle unità informi ed incolori, perchè nell'organizzare politicamente la società faceva astrazione completa dalla sua struttura sociale !

Il voto plurimo e la rappresentanza proporzionale si presentano così all'Autore (ed anche qui dal cappuc- cio filosofico fa capolino l'uomo di parte del paese, dove questi problemi elettorali più agitarono gli animi negli ultimi tempi) come gli unici correttivi del sistema, una volta che non si voglia mutarlo di pianta tornando, mutatis mutandis, a quel sistema medievale di rappre- sentanza pel quale il Prins ha troppi rimpianti.

Il suffragio universale infatti, il terzo fondamento dell'odierna democrazia, è, per l'Autore, il maggior re- sponsabile dei mali arrecati dal principio maggioritario, 'il sistema detestabile non pel principio che l'informa, che cioè ogni individuo sia rappresentato nel governo,

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ma per la forma in cui il radicalismo moderno l' lui attuato, forma che ha dato per base politica alla so- cietà moderna un'organizzazione elettorale in luogo di una organizzazione sociale. E qui FA. fa contro il si- stema parlamentare ed il parlamentarismo, che ne è la conseguenza fatale, una carica a fondo, che ha l'unico torto di essere fatta per combattere piti che il sistema par- lamentare il suffragio universale, il quale fra le altre non ha, nonché la virtù ad esso attribuita dal marxismo di poter instaurare la dittatura proletaria (giacche l'al- largamento del suffragio ha dato in realtà il predominio a quella classe media nel senso più largo della parola, che è ferocemente antisocialista ed il cui sviluppo sempre maggiore oppone la diga più formidabile al trionfo del- l' ideale socialista), nemmeno quella di attenuare se non impedire le antinomie sociali, come lo dimostra il duphce processo, cui ha assistito l'epoca contemporanea, dell'allargamento del suffragio e della differenziazione e conseguente disuguaglianza sociale al tempo stesso.

Del resto, a che combattere il sistema rappresenta- tivo fondato sul suffragio universale, quando questo manca perfino del valore rappresentativo che si credette di vedere in esso?

Il valore infatti di una istituzione rappresentativa, conclude l'A., deriva non dalla forma ma dalla sostanza di essa, dalla qualità cioè dei rappresentanti, dalla loro attitudine a rappresentare, dalla situazione infine di essi di fronte ai bisogni dei rappresentati.

Ma la rappresentanza numerica, se può corrispon- dere casualmente (il Prins, a dire il vero, non fa neppure questa ipotesi, che pure si aveva talora nella realtà), non corrisponde necessariamente ai postulati d'una rappresen- tanza reale ed efficace dei bisogni, degh interessi, delle aspirazioni dei consociati. Perchè il principio rappresen- tativo fosse una realtà politica anziché una finzione elet-

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torale, bisognerebbe clie l' interesse di tutti i consociati fosse politicamente rappresentato e rappresentato in proporzione alla sua grandezza ed importanza sociale, in modo che il parlamento fosse la rappresentanza più esatta possibile degli interessi sociali costituiti, dei popolari come degli aristocratici. Allora soltanto sarebbe scar- tato o per lo meno ridotto ai minimi termini il duplice pericolo, che ha minacciato e minaccia la società, il pericolo cioè dell'aristocrazia, che era quello di divenire il regno d'un' oligarchia di incapaci, il pericolo della democrazia, che per l'A. è quello di divenire il regno del numero e della mediocrità non solo, ma di condurre airassolutismo.

La caratteristica infatti del dispotismo non è che il potere scenda dall'alto piuttostochè dal basso, bensì la concentrazione di tutta l'autorità sociale nelle stesse mani e l'assenza di freni moderatori; e la democrazia assoluta, la quale col regime esclusivo del numero si traduce nella volontà assoluta della maggioranza per convertirsi alla sua volta col regime parlamentare in cui s'incarna in quella del potere esecutivo, cioè di uno o di pochi, lungi dall'assicurare la libertà e l'uguaglianza politica conduce diritta diritta al dispotismo !

Alla democrazia d'immaginazione, di cui ha fatto la critica, democrazia classica, che per l'A. mira a fini ormai irraggiungibili e si fonda su basi di nome sol- tanto democratiche, il Prins contrappone la sua demo- crazia organizzata, democrazia positiva, la quale in una società costituita fatalmente di disuguali è la protezione dei piccoli contro i grandi, la garanzia della libertà e degli interessi di ciascuno, la partecipazione infine più larga possibile della più gran massa possibile di con- sociati alla realtà della vita pubblica. Di siffatta demo- crazia, che è (come non mancano esempi a più riprese nella storia, presso i popoli e sotto i climi ed i regimi

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economici più diversi) indipendente dal presupposto egalitario e maggioritario come dal suffragio universale, che è una struttura politica e non una ipotetica strut- tura sociale od una pura e semplice struttura eletto- rale, il Prins trova la chiave di volta nel decentramento amminj^strativo, spinto agli ultimi limiti compatibili con le esigenze generali della società politica, e ne indica come strumenti il governo locale anzitutto, la libera associazione in secondo luogo, ed infine, le potenti in- dividualità.

Discriminata la competenza del governo centrale (cui saranno affidate le relazioni coli' estero, la difesa nazionale, la politica coloniale, la giustizia, i bisogni generali del commercio dell' industria dell' agricoltura del lavoro, l'istruzione media e superiore, le poste, i telegrafi, le ferrovie nazionali, le finanze ecc.) da quella del governo locale (polizia, igiene, distribuzione di acqua e di luce, alimentazione, abitazioni operaie, risanamento, comunicazioni e trasporti regionali e locali, assistenza pubblica, istruzione popol^e ecc., ecc.), FA. illustra questo selfgovernment nelle sue forme storiche salienti, nel township americano, nel country council nel consiglio di distretto e neìVunione di parrocchia inglesi, nelVamts- hezirk prussiano, nel cantone svizzero ecc., e ne mette in luce con entusiasmo gli effetti in rapporto allo spirito di partito da esso scartato od almeno ridotto ai minimi termini, alla correttezza amministrativa da esso favorita, alla capacità amor proprio e responsabilità individuale da esso stimolati, all'educazione politica da esso impartita, al senso di devozione per l'interesse ge- nerale da esso inculcato, agli interessi dei deboli da esso assai più che dal potere politico centrale garantiti e curati, alle finalità positive della vita pubblica per esso conseguite ed affidate al più gran numero possi- bile di consociati in una grande palestra di civismo.

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alle realtà infine del diritto elettorale reso sostanza in luogo di semplice lustra.

Altra potenza decentratrice, altra sorgente demo- cratica per eccellenza è, accanto al governo locale, la libera associazione, la quale realizza la sola forma pos- sibile di eguaglianza in una società di disuguali, non l'eguaglianza, cioè, assoluta di tutti nella società ma l'eguaglianza relativa di ciascuno nel gruppo organico sociale cui appartiene, raggiunge con un minimum di dispendio ed un maximum di utilità i fini per la cui soddisfazione sorge, è destinata infine, come ne fa fede lo sviluppo crescente delle sue funzioni non solo pri- vate, ma anche pubbliche nel diritto contemporaneo, a disimpegnare nell'avvenire molte e molte funzioni oggi di competenza nonché del governo locale dello stesso governo centrale.

Terza potenza democratica infme è Vattività indi- viduale: come l'associazione, dice FA., attingete proprie forze nel concorso degli individui; vi sono individualità abbastanza forti per trovale in se stesse la forza del- l'associazione e per diventare alla loro volta ausiliarie dei poteri pubblici sia centrali sia locali, fondando nel dominio della carità dell'arte della scienza dell' educa- zione dell' istruzione dell' igiene del lavoro opere di pub- blica utilità, contribuendo sovratutto alla protezione ed elevamento delle masse, cioè al governo nel senso più elevato della parola.

L'autorità centrale, le istituzioni locali, le associa- zioni, le individualità, ecco gli addendi del totale so- ciale : esse quindi dovrebbero costituire gh addèndi del totale politico in una vera democrazia. Come la società non è un insieme di individui isolati ed eguali, ma di gruppi di forze di interessi diversi; così la direzione politica di essa non deve emanare dalla maggioranza delle singole volontà individuah rispecchiate di nome

PUBBI-ICAZIONl DKLl' (( JNSTITIIT SOI.VAY DE SOClOLfMJIK » MYA

nel suffragio e rese perfettamente eguali nel secreto dell' urna, ma dalla rappresentanza reale dei gruppi delle forze degli i